Il Barometro CISL, relativo al secondo trimestre 2022, disegna uno scenario positivo, con l’indice sintetico di benessere che torna in prossimità di 95, quasi raggiungendo il livello del 2019, anno precedente la crisi pandemica e gli eventi inattesi e drammatici che ad essa hanno fatto seguito, dall’inflazione alla crisi energetica ed alimentare, alla guerra russo-Ucraina.
L’indagine mette in guardia che si tratta, tuttavia, di un quadro in rapida evoluzione destinato ad un significativo peggioramento che, secondo le previsioni della NADEF di ottobre, porterà il Pil nel 2023 allo 0,6%, nella palude stigia, fra stagnazione e recessione, che ha segnato l’economia italiana nel “ventennio perduto, dal 2000 al 2019.
Il ruolo di potenziale anti ciclico del PNRR diventa, pertanto, determinante.
Nella premessa alla NADEF il Ministro dell’economia Franco prevede che nel 2022 il nostro Paese spenderà circa 21 mld dei 191,5 che il Recovery ci ha assegnato. Restano pertanto, 170,5 mld da investire nei prossimi tre anni e mezzo.
A frenare gli investimenti è stata l’esplosione inflativa (energia, materie prime, semilavorati, catene di fornitura) che si è ribaltata sui costi delle opere pubbliche e la fase di rodaggio delle nuove procedure semplificate.
Il Governo ha aumentato gli stanziamenti destinando al PNRR quote integrative. Il problema del rifinanziamento del PNRR resta, tuttavia, aperto e si può risolvere, a mio parere, solo in due modi: 1) un’integrazione europea ai 191,5 mld del Recovery; 2) una riforma del Patto di stabilità e crescita che preveda lo storno degli investimenti pubblici nazionali dal calcolo del deficit. Meglio ancora la combinazione di entrambi gli strumenti.
Il Ministro dell’economia sostiene che nel 2023 “secondo le nuove valutazioni, si verificherà l’incremento più significativo della spesa finanziaria del PNRR.” Occasione da non perdere per contrastare la stagnazione prevista dalla NADEF.
Il problema resta, pertanto, la capacità di spesa non il raggiungimento degli “obiettivi” richiesti dalla Commissione Europea come precondizione per erogare i finanziamenti ed i sussidi gratuiti.
I 45 obiettivi programmati per il primo semestre 2022, infatti, sono stati raggiunti e la seconda tranche per 21 mld (contributi a fondo perduto + prestiti) è stata erogata. Fra gli obiettivi soddisfatti il Governo ricorda le Riforme qualificanti (Giustizia, PP. AA, Appalti pubblici).
Restano da raggiungere i 55 “obiettivi” del secondo semestre 2022 per ottenere i 19 mld della terza tranche (10,3 mld di prestiti + 8,7 mld di sussidi gratuiti) al netto dell’anticipo erogato nell’estate 2021. Il Ministro dell’economia si dice fiducioso, considerando che il Parlamento uscente ha già approvato le Riforme del contenzioso tributario e delle liti in Cassazione; degli Istituti tecnici professionali e del Fondo per l’Housing sociale.
Il cambiamento di passo del Governo Draghi nel 2022 non è una discontinuità di poco conto nella storia della finanza pubblica italiana degli ultimi 40 anni.
Nel 2021, infatti, la spesa programmata per il PNRR era stata fissata a 13,7 mld. La gran parte degli investimenti era destinata a progetti già previsti dai programmi dei Governi per i quali il Recovery si limitava a sostituire i fondi nazionali. Una parte era dedicata a progetti nuovi, non previsti nei tendenziali, per accelerare la crescita.
La spesa effettiva è stata pari a 5,1 mld, il 37,2% dell’obiettivo, così ripartita: Ferrovie: 2,5 mld; Eco bonus: 1,2 mld; Transizione 4.0: 0,990; Scuola (soprattutto edilizia): 0,395.
È opportuno ricordare che i due cicli 2007-2013 e 2014-2020 dei Fondi di coesione hanno stanziato complessivamente, compresi i contributi nazionali, 206,3 mld dei quali al 31.12.2021 solo il 45,8% era stato speso. Al di là della vulgata che addebita i ritardi soprattutto alle Regioni del Mezzogiorno, le performance peggiori sono state realizzate dalle Amministrazioni Centrali e dai Ministeri titolari dei Programmi Operativi Nazionali (PON). Nel ciclo 2014-2020 gli indici più clamorosi di (non) spesa hanno riguardato il PON Governance (18,4%); PON Metro (19%); PON Ricerca (20,7%); PON Scuola (35,8%); PON Inclusione (41,5%); inferiori a tutti i Programmi a gestione regionale che, sia per il Mezzogiorno (che assorbe il 75% delle risorse), sia per il Centro-Nord, hanno superato il 40% sino all’86% della Puglia, al 69% della Lombardia, al 68% dell’Emilia Romagna, al 61% della Campania.
In questo quadro, la capacità del Governo Draghi di gestire, con rigore ed efficacia, il PNRR rappresenta una svolta rilevante.
Il PNRR, lungi dall’essere un trasferimento automatico di fondi, comporta una riorganizzazione radicale del sistema nazionale delle politiche pubbliche.
NGEU è un Programma di politica industriale di indirizzo e di sostegno ai Paesi membri al fine di una strutturale trasformazione economica, sociale, digitale, ambientale, ovvero di una convergenza non sui parametri di bilancio pubblico ma su un modello di sviluppo competitivo, socialmente ed ambientalmente sostenibile.
La NADEF di ottobre conferma, sostanzialmente, le previsioni del DEF di aprile in merito al Pil 2022 al 3,3% (rispetto al 3,1% del DEF), ma cambia radicalmente la prospettiva per il 2023 riducendo le previsioni dal 2,4% allo 0,6%.
Decisiva sarà, pertanto, la capacità del nuovo Governo di fare del PNRR il principale propulsore anti ciclico mantenendo il ritmo di raggiungimento degli obiettivi concordati con la Commissione Europea ed accelerando la capacità di investimento.
Importanti, altresì, le risorse derivanti “da REACTEU (supplementari ai fondi di coesione per superare gli effetti della crisi sanitaria negli anni 2021-2022 pari a 14,4 mld per l’Italia, di cui 9,45 per il Sud) e dal Fondo nazionale di risparmio energetico, di diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas naturale e di sviluppo delle rinnovabili, che il Governo ha messo a punto in coerenza con il Piano della Commissione REPowerEU.”
Strategia necessaria e possibile alla quale il rapporto con le Parti Sociali ed i Corpi intermedi, promesso dalla Premier in pectore Giorgia Meloni, può offrire sia efficacia operativa, sia l’adozione di politiche sociali essenziali per presidiare la coesione sociale del nostro Paese.