Il 27 maggio 2023 Don Lorenzo Milani avrebbe compiuto 100 anni. Un secolo che ha visto profondi cambiamenti nel Mondo e nella società ma che ancora oggi, a distanza di anni, ha nel pensiero, nell’esempio e nelle idee del priore di Barbiana una contemporaneità che ci sfida rispetto al bisogno di giustizia sociale e libertà.
Come spesso capita nelle grandi organizzazioni, anche nel sindacato dei metalmeccanici, c’è sempre un prima e un dopo rispetto ad alcuni fattori esogeni che non ci aspettavamo ma che cambiano profondamente il nostro modo di guardare il mondo e la realtà. Don Milani è uno di questi fattori esogeni che in questi 100 anni ha cambiato attraverso la sua esperienza profetica il sindacato. C’è un prima e un dopo Don Milani nel sindacato. Con la sua esperienza profetica, il prete di Barbiana ha messo al centro della sua azione gli interessi fondamentali dei lavoratori e degli ultimi. Da quell’esempio, da quegli insegnamenti, Don Milani ha innescato un cambiamento dirompente in una società, che all’epoca era molto borghese e conservativa – la sua “disobbedienza” ha rappresentato un’avanguardia, smuovendo nelle fondamenta la società molto prima dei movimenti sindacali e sociali del ‘68 del ‘69 e dei primi anni 270.
Il suo pensiero ha dato linfa vitale al sindacato, non solo sugli aspetti rivendicativi, ma soprattutto l’aspetto rivoluzionario – che ancora oggi rende attuale il suo pensiero – è stato quello di cambiare profondamente la natura e la prospettiva del lavoro e dei singoli lavoratori. In un mondo che oggi parla e declina le diseguaglianze rispetto agli aspetti materiali, la straordinaria efficacia rivoluzionaria di Don Milani e stata quella di essere stato capace di andare alle radici profonde del rapporto tra giustizia e disuguaglianze individuando nel rapporto tra lavoro e sapere, l’elemento principale dell’ingiustizia sociale e delle disuguaglianze che ancora oggi è drammaticamente attuale.
“Un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”. Oggi come allora, quelle 900 parole fanno ancora la differenza. Il mondo è cambiato, ma le 900 parole che separavano l’operaio dal padrone sono ancora quelle che fanno la differenza tra un lavoro mal pagato e uno migliore.
Conoscere le stesse parole del “tuo padrone” è fondamentale per difendere i tuoi diritti. Questo insegnamento unico e di originale, è ancora oggi attualissimo e strategico per tutti i metalmeccanici per tutti i lavoratori. Aver dato la “parola” ai lavoratori, vale molto di più di un aumento in busta paga. Oggi riprendere e attualizzare questo messaggio per il sindacato è fondamentale. In un modo del lavoro in profonda e veloce trasformazione, solo le competenze, quelle 900 parole in più, che oggi sono capacità e competenze tecniche e trasversali possono essere la leva non solo migliorare le condizioni salariali, ma soprattutto la condizione per ridurre le diseguaglianze e dare il giusto valore e dignità al lavoro e alle persone. Risolvere tra le tante povertà, quella alla base di tutte: la povertà educativa, che prima ancora del reddito, ingabbia le persone e non permette loro di essere cittadini, lavoratori veramente liberi, quì risiede il messaggio universale e attuale di Don Milani.
In questo senso il messaggio di Don Lorenzo Milani è uscito fuori dal conformismo che caratterizzava la sua epoca. Un grande insegnamento valido anche dentro le grandi organizzazioni sociali come sindacato. Forse è il caso di dirci anche a casa nostra, che spesso è la libertà che dobbiamo saperci dare noi, dentro le nostre organizzazioni, senza conformismi, quella che manca, e non quella che gli altri ci tolgono. Essere non conformisti e inquieti nell’epoca della responsabilità è fondamentale.
Il sindacato di oggi deve poter trovare nel messaggio di Don Milani delle prospettive che devono interpretare la modernità e l’attualità lo proviamo a fare tentando, non solo di difendere le persone, ma di promuoverle. Oggi permettere alle persone di promuovere sé stesse con delle regole e con delle condizioni sociali certe e non solamente difendendole credo sia il messaggio e il grande patrimonio che Don Milani ci ha lasciato. Solo così riusciamo a riattivare l’ascensore sociale del Paese che a partire dai ragazzi di Barbiana, deve essere oggi come ieri, la principale ansia positiva a cui Don Lorenzo Milani ancora oggi ci chiama.
Siamo purtroppo un Paese che vive troppo di rendita e in questa dimensione sociale si ha paura di mettere in moto l’ascensore sociale perché ognuno pensa di perdere delle condizioni di partenza. Credo che questa direzione vada invertita, serve ridare slancio non solo al Paese ma quell’idea di giustizia sociale per cui vale la pena ancora lottare dentro al sindacato. La Fim Cisl è stato il sindacato che ha voluto essere educatore come modalità di interpretare in maniera originale un sindacalismo che sia non solo dei bisogni materiali, ma che cerca anche di impostare dei valori. Essere sindacato educatore è stato per lunghe generazioni la grande modalità con cui i metalmeccanici e i Fimmini hanno interpretato il proprio ruolo, dando una grande spinta sociale. Oggi questo “essere sindacato educatore” è più che mai necessario, ma implica uno sforzo in più, siamo nell’epoca della convenienza. In quello che chiamo il supermercato della rappresentanza oggi si trovano molte modalità di poter soddisfare i bisogni dei lavoratori senza essere valoriali o educativi. Dare voce a quell’ I CARE “mi interessa” che è sostanzialmente un messaggio intraducibile nella sua essenza profonda per capire tantissimi significati e la missione che abbiamo davanti è l’anima profonda della nostra azione sindacale. Forse abbiamo bisogno non solo di dirigenti, ma di maestri anche nel modo di interpretare le ragioni del lavoro. Questi 100 anni ci lasciano un grande messaggio di attualità e speranza in una prospettiva costruttiva nella quale il passato si attualizza dentro un sindacato capace di appassionare e di appassionarsi alle battaglie decisive per una società definitivamente più giusta.
* Segretario generale Fim Cisl, Intervento al convegno “Il sindacato dopo lettera a una professoressa ”Centro Studi CISL Firenze 26/05/2023