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Tenere i conti pubblici in ordine non è un piatto caldo gratis

Il governo ha inviato al Parlamento il PSBMT, La sigla sta a indicare il Piano strutturale di bilancio di medio termine, il nuovo documento che sostituisce quelli previsti (DEF, NaDEF) dal vecchio patto.

Lettura interessante, per diversi ordini di motivi. Il primo è la conferma di una avvenuta trasformazione di un governo potenzialmente antieuropeista, in un governo totalmente ubbidiente alle regole imposte dai patti economici europei.

Se ci ricordiamo lo scontro tra il governo Conte1 e la Commissione sul deficit al 2,4% portato come compromesso al 2,04% e lo raffrontiamo con il dialogo odierno tra Giorgetti e la Commissione non si può non notare la differenza. Gli economisti leghisti noeuro tacciono, FdI segue in maniera disciplinata la linea del ministro del Tesoro.

Certo ci sono gli annunci/richieste di provvedimenti fuori linea, vedi estensione della flat tax per gli autonomi, la pensione con 41 di contributi, le minime a 1.000 euro, ma al momento di stringere, le ragioni di bilancio prevalgono e si ubbidisce a Giorgetti e tramite a lui all’Europa.

E anche in questo caso, ha affermato il ministro del Tesoro, il governo ha adottato un percorso «serio, prudente e responsabile, coerente con l’impostazione portata avanti dal governo fin dall’inizio». Trasformazione sorprendente, Gentiloni scavalcato a destra.

Non che Giorgetti sia contento del nuovo Patto. Dice che il compromesso da cui è nato “ha prodotto un insieme di regole assai complesse” e che “Inoltre, non è stata risolta la questione della postura di politica di bilancio a livello UE e area euro”. In pratica afferma che non è stato affrontato e risolto il problema di una Unione con una politica monetaria comune e con 27 diverse politiche fiscali.

Al tempo della crisi Covid il problema fu risolto sospendendo il Patto di stabilità e crescita e varando il NGEU. Oggi, se si accettassero le analisi di Letta e di Draghi, bisognerebbe sospendere il nuovo patto e creare un nuovo fondo delle dimensioni indicate da Draghi. Difficile, infatti, immaginare che con i vincoli introdotti si possano finanziare le priorità europee (la doppia transizione, la difesa, l’energia) e ridurre il crescente gap produttivo con gli USA d la Cina.

Ma queste sono le regole votate dal Parlamento europeo e contenute nel nuovo Patto.

Un secondo motivo di interesse è il “racconto”, contenuto nel documento, della definizione della “traiettoria” della spesa netta. La traiettoria della spesa netta è l’indicatore (unico) con il quale la Commissione controlla che gli stati con deficit e/o rapporto debito/PIL elevati osservino un percorso di aggiustamento dei conti pubblici, attraverso obiettivi di saldo primario netto strutturale ottenuti con un controllo della spesa netta.

In poche parole, l’Italia che in questo momento si trova in PDE, ossia è sotto procedura per deficit eccessivo ed ha un livello elevato di rapporto debito/PIL, deve scendere in breve tempo sotto il 3% di deficit, e deve, secondo le nuove regole, diminuirlo di almeno 1 punto all’anno. Il saldo primario strutturale nei prossimi anni deve assicurare questi obiettivi e la spesa netta deve aumentare solo in misura tale da assicurare questi obiettivi. Se la crescita “spontanea” è maggiore va tagliata.

La spesa netta è la spesa pubblica esclusi i pagamenti per interessi e al netto di effetti ciclici, meno la spesa per programmi dell’Unione interamente finanziati da fondi europei, meno le misure di bilancio temporanee o una tantum e meno le variazioni discrezionali dal lato delle entrate.

A giugno la C.E. invia al MEF la traiettoria della spesa netta per l’Italia. Come la ricava?

Il documento ci dice che “La traiettoria di spesa è identificata utilizzando la seguente formula”:

(SNt/SNt-1-1) = (Y(POT)t/Y(POT)t-1-1) + (Deft/Deft-1-1) – corr SPS/[SP2024 /Y(NOM)2024]

Vi risparmio i dettagli delle singole variabili, a chi interessa li trova nel documento.

Nella tabella seguente la traiettoria di spesa netta ricavata dalla formula. Da quello che capisco la formula dovrebbe essere applicata a tutti i paesi, o comunque formule simili, utilizzando l’analisi di sostenibilità del debito (Debt Sustainability Analysis, DSA).

Traiettoria di spesa netta indicata dalla C.E.

 2025202620272028202920302031Media 25/31
Tasso di crescita annuo1,61,61,51,41,31,31,41,5

A quel punto, secondo quanto indicato nel documento, inizia un dialogo tecnico conclusosi nel mese di settembre.

Tenendo conto del miglioramento dei dati di C.N. apportati dalla revisione operata dall’Istat, del buon andamento delle entrate fiscali, superiori a quanto previsto dal Def, con effetti positivi sul deficit 2024 che scende nelle previsioni dal 4,3 al 3,8%, il PSB disegna, in accordo con la C.E., una traiettoria di spesa netta diversa nei singoli anni da quella della Commissione anche se uguale nella media complessiva (1,5%).

Per i cinque anni del piano (il piano ha durata quinquennale, la traiettoria di rientro scelta dal governo è di 7 anni) il MEF adotta una metodologia diversa da quella usata dalla C.E..

Come afferma il PSB, ”sostituisce alla metodologia DSA (usata dalla C.E.) una vera e propria previsione macroeconomica e di finanza pubblica onde arrivare a un quadro complessivo più realistico”. Per gli ultimi due anni le previsioni sono ricondotte alla metodologia DSA.

Traiettoria di spesa netta elaborata dal governo

 2025202620272028202920302031
Tasso di crescita annuo1,31,61,91,71,51,11,2

Un’osservazione malevola balza subito agli occhi prima ancora di andare a vedere le variabili sottostanti. La traiettoria disegnata dal MEF appare incentrata sul ciclo elettorale. Il punto più alto della spesa netta si ha nel 2027, anno elettorale, i punti più bassi negli anni più lontani. E qui l’Andreotti-pensiero indubbiamente si fa sentire.

Cosa significa quella curva? Significa che negli anni la spesa pubblica netta nominale non può crescere di più dei valori indicati. Questo vuol dire che, dati i tassi di inflazione previsti, dal punto di vista reale nel migliore dei casi resterà costante e probabilmente diminuirà, e che, dato che la crescita “naturale” è (o può essere) maggiore di quegli importi, dovrà essere tagliata.

Ovviamente ci sono alternative: il controllo della spesa è uno strumento per il controllo del saldo primario che può essere migliorato scegliendo le spese da tagliare o aumentando le entrate. Gli spazi di manovra non sono necessariamente solo quelli derivanti dalla crescita “spontanea” di spese e entrate e dalla traiettoria di spesa pubblica indicata.

Cosa comportano quei numeri e cosa programma il governo?

Una spesa pubblica netta che in termini reali non cresce o addirittura diminuisce, prefigura in concreta una manovra restrittiva, quantomeno “correttiva”, orientata al risanamento dei conti pubblici agendo principalmente sul numeratore (deficit e debito) anziché sul denominatore (PIL).

Non è semplice orientarsi nel documento, si passa da una traiettoria calcolata su sette anni a valori di scenario macro tendenziali e programmatici sulla scadenza dei 5 anni del piano. Per trovare i valori di finanza pubblica a legislazione vigente indicati solo a tre anni secondo la vecchia normativa bisogna leggere l’appendice III.

Se partiamo da quest’ultimo dato e lo raffrontiamo con i valori programmatici di crescita del PIL e di finanza pubblica fino al 2027 forniti dal documento in base alla curva della spesa indicata dal governo abbiamo questa situazione.

SCENARIO MACROECONOMICO A LEG.VIGENTE202420252026202720282029
PIL reale10,91,10,70,80,7
CONTO DELLA PA A LEGISLAZIONE VIGENTE2024202520262027
Saldo primario0,111,82,5
Indebitamento netto-3,8-2,9-2,1-1,5
SCENARIO MACROECONOMICO PROGRAMMATICO202420252026202720282029
PIL reale11,21,10,80,80,6
Deflatore del PIL1,92,121,822
PIL nominale2,93,33,12,62,82,6
Deflatore dei consumi privati1,11,81,81,81,92
TAVOLA II.2.4 PROIEZIONI DI BILANCIO202420252026202720282029
Crescita della spesa primaria netta-1,91,31,61,91,71,5
Indebitamento netto-3,8-3,3-2,8-2,6-2,3-1,8
Saldo primario0,10,61,11,51,92,4
Saldo strutturale-4,4-3,8-3,3-3-2,6-2
Saldo primario strutturale-0,500,61,11,62,2
Debito lordo135,8136,9137,8137,5136,4134,9

La prima osservazione è che il deficit a legislazione vigente nel 2024 sceso al 3,8% rispetto al 4,3% previsto dal DEF, resta nel programmatico al 3,8%. Questo significa che il governo rinuncia a usare lo spazio (circa 10 mld) prodotto dal buon andamento delle entrate per coprire misure di fine anno (il bonus Natale costa al massimo 100 milioni).

Osservate i numeri relativi al 2025/27. L’indebitamento netto a legislazione vigente, ossia senza il rifinanziamento del taglio del cuneo e della modifica dell’Irpef e delle altre misure in scadenza nel 2024, scenderebbe progressivamente fino al -1,5 del 2027, in misura cioè decisamente superiore a quanto previsto dal DEF e a quanto richiesto dalle nuove regole. Tutto questo grazie a un andamento delle entrate previste che già nel 2024 ha consentito di arrivare a un saldo primario positivo. Qualche interrogativo peraltro si pone sul fatto che nel 2025 il deficit tendenziale a legislazione vigente scenda di 0,8 punti rispetto a quanto previsto dal DEF, contro la discesa di 0,5 punti nel 2024.

Nel programmatico il governo fissa obiettivi di indebitamento maggiori, rispettivamente di 0,4-0,7-1,1 punti nei tre anni dal 2025 al 2027. La previsione assume che l’incremento di entrate (circa 14 miliardi) del 2024 sia strutturale e si realizzi anche nel 2025 e assume un incremento di entrate ancora più consistente nel 2026 e 2027. Insomma tutto pare basarsi su previsioni alquanto ottimistiche.

in questo modo, comunque, il governo si mette a disposizione rispettivamente 9 mld, 16 mld, 26 mld per misure di politica economica nei tre anni senza porre in discussione gli obiettivi di bilancio indicati.

Qui torna il cattivo pensiero di prima: 26 mld disponibili nelle previsioni per il 2027.

Come intende usare il governo queste risorse?

Su questo Giorgetti è esplicito e smorza i sogni di gloria del CD. Vanno confermate in primo luogo le misure finanziate solo per il 2024 e vanno rese strutturali, a partire dal taglio del cuneo e dall’eliminazione di una aliquota Irpef. Vanno introdotte misure a sostegno della famiglia e della natalità, salvaguardato il livello della spesa sanitaria assicurandone una crescita superiore a quella dell’aggregato di spesa netta, assicurati i fondi per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego, rifinanziate le missioni di pace.

Basta fare due conti per osservare che per finanziare tutto questo bastano forse le risorse rese disponibile nel 2027, non quelle del 2026, tantomeno quelle del 2025. Nelle prossime manovre di bilancio saranno dunque necessarie misure ulteriori in termini di minori spese o di maggiori entrate, ma su questo il documento è del tutto carente e dobbiamo aspettare la legge di bilancio.

Disavanzo, debito e crescita

Nel 2026 l’indebitamento netto scenderà a -2,8%, sotto la soglia del -3, quindi l’Italia uscirà dalla procedura di PDE. Il disavanzo continuerà poi a scendere nel triennio successivo per toccare il -1,8% nel 2029. La correzione del saldo primario strutturale è prevista pari a una media dello 0,53% nel quinquennio del piano, una correzione quindi di circa 12/13 mld ogni anno. Uscita dalla procedura di PDE per l’Italia inizierà l’obbligo, previsto nel nuovo patto, di diminuire il rapporto debito/Pil di almeno un punto all’anno. Nelle previsioni del PSB, dopo la revisione operate dall’Istat dei dati di contabilità nazionale, il rapporto debito/PIL dovrebbe risultare quest’anno pari a 135,8. Poi crescerebbe fino al 137,8 nel 2026 per gli effetti del superbonus che si esaurirebbero in quell’anno. Successivamente il rapporto inizierebbe a diminuire fino a 134,9 nel 2029.

Il rifinanziamento delle misure in scadenza nel 2024 è l’intervento che sostenendo la domanda interna delle famiglie dovrebbe assicurare, secondo il PSB, il raggiungimento di un obiettivo di crescita programmatico dell’1,2%, in luogo dello 0,9% previsto nel tendenziale. Analogo sostegno queste misure dovrebbero apportare nel 2026 accompagnate dalla spinta degli investimenti. Un contributo consistente all’espansione del Pil potenziale nel Piano è, infatti, atteso dagli investimenti, in particolare da quelli previsti dal PNRR.

Su questo punto solleva qualche interrogativo l’UPB nella sua lettera di validazione delle previsioni macroeconomiche del documento. L’UPB le “Valida” ma a parte il richiamo alla difficile situazione internazionale che rende incerte le previsioni specie se prolungate nel tempo (siamo passati da tre a cinque anni), l’UPB rileva che nell’anno finale del PNRR si possono determinare “colli di bottiglia” per il rinvio di molti investimenti fatti negli anni precedenti.

Sulle previsioni del PSB un ulteriore dubbio è sollevato dalla correzione operata dall’Istat sui Conti economici trimestrali. L’Istituto di statistico ha corretto il dato di crescita del PIL del primo semestre portandolo dall0 0,6% precedente allo 0,4%, rendendo così più difficile l’obiettivo di una crescita dell’1% nel 2024 prevista nel PSB, con possibili conseguenze sulla crescita negli anni successivi e sulle poste di bilancio.

Dopo il 2027, Il PIL programmatico praticamente si appiattisce su quello tendenziale. La scelta del governo di adottare un piano di rientro di sette anni comporta un obbligo di riforme/investimenti da concordare con la Commissione. Questo obbligo fino al 2026 è assolto dal PNRR, poi è tutto da tracciare. A queste riforme/investimenti il compito di dare una spinta ulteriore alla crescita del PIL dopo il 2026/27.

L’impressione, leggendo il documento, è che siamo di fronte a un piano credibile di aggiustamento finanziario, ma carente dal punto di vista delle riforme e della crescita del paese.

Molti interrogativi sulla prossima legge di bilancio

Abbiamo appreso dal PSB che il governo intende confermare, e rendere strutturali, il taglio del cuneo e l’Irpef a tre aliquote, e introdurre misure a favore della natalità e della famiglia. Dalle parole di Giorgetti sembrerebbe che si intenda intervenire sulla struttura del taglio del cuneo, presumibilmente sul problema posto dal salto di aliquota a 35.000 euro. Non vi sono indicazioni sulle misure pronatalità e, soprattutto non vi sono indicazioni su come queste misure saranno coperte assieme all’aumento della spesa sanitaria e alle altre spese ricorrenti, dato che gli spazi di bilancio, come detto sono di circa 9 miliardi.

Eventuali contributi una tantum da parte delle banche possono essere utilizzati solo per spese una tantum.

Paiono usciti dall’orizzonte gli aumenti delle pensioni minime, l’uscita pensionistica con 41 anni di anzianità, l’aumento della soglia della flat tax per gli autonomi, la diminuzione dell’Irpef per il ceto medio. Tutte misure per le quali bisognerebbe trovare le risorse.

Incerto è ancora la sorte della perequazione delle pensioni. In base alla legge alla legge di bilancio del 2022 si dovrebbe tornare al sistema di perequazione a scaglioni. Ugualmente da vedere se saranno confermate e in che modalità l’Ape, opzione donna, quota 103.

Tutto da scoprire il fronte delle entrate e quello dei tagli di spesa con l’ultima notizia relativa a un possibile intervento sulle accise del gasolio.

In effetti nel PSB c’è un accenno al problema. Nella parte dedicata all’attuazione della delega fiscale si afferma  di voler “utilizzare il riordino delle spese fiscali (tax expenditures) in determinati ambiti di tassazione, come l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica,
come leva strategica per conseguire simultaneamente gli obiettivi di incremento
dell’efficienza del sistema fiscale italiano e sostegno al pieno raggiungimento della
strategia di transazione energetica e ambientale a livello europeo e nazionale”.

La differenza di accise tra gasolio e benzina è compresa nel Catalogo dei Sussidi ambientalmente dannosi redatto dal Ministero dell’ambiente.

Giorgetti ha sconvolto il CD parlando di sacrifici per tutti. Del resto hanno approvato in CdM un PSB che prevede per il 2025 una manovra con misure per almeno 18 miliardi di spesa solo per finanziare i provvedimenti in scadenza nel 2024. Se si aggiungono a questi le misure annunciate sul fronte della sanità, dei contratti del pubblico impiego, del sostegno alla maternità, si arriva facilmente a 25 mld. A disposizione ci sono 9 mld, gli altri vanno trovati.

O votando il PSB non se ne sono accorti o pensano, a differenza di Giorgetti, che i sacrifici non sono per tutti. Il PSB è solo all’antipasto, il piatto vero sta tutto nella legge di bilancio.

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