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Termovalorizzatore, la polemica Crimi-Del Bono

L’emergenza rifiuti in Campania ha dato seguito ad una scia di polemiche nelle quali Brescia — che ha il termovalorizzatore più grande d’Italia (aperto nel 1998, brucia 726 mila tonnellate l’anno di rifiuti) — viene citata come esempio virtuoso o meno, a seconda delle posizioni politiche. 

L’affondo dei Cinque Stelle

Luigi Di Maio ha parlato dell’incidenza record dei tumori nel Bresciano, mentre il sottosegretario all’Editoria, il 5 Stelle Vito Crimi, attacca: «Non c’è alcun modello Brescia né tanto meno un modello Nord da imitare. Sono anzi da evitare, visto che Brescia è diventata la pattumiera d’Italia, il camino d’Italia. In città dovremmo aver già superato la chiusura della terza linea dell’inceneritore e dovremmo già pensare al suo totale e graduale spegnimento». L’impianto di Brescia scalda l’ 80% delle abitazioni, «Ma anche per produrre di nuovo i materiali post consumo che abbiamo bruciato occorrono energia e materie prime. Entriamo in un circolo vizioso senza fine» aggiunge Crimi per cui l’unica soluzione è la via «rifiuti zero», perché «il riciclo arricchisce tutti, l’incenerimento arricchisce solamente le aziende che lo fanno. Chi incenerisce viene pagato per farlo e se poi rivende l’energia che produce ci guadagna il doppio. Tutto questo è possibile, purtroppo, perché non esiste alcun obbligo di progettare e studiare un piano di riciclo integrale per imballaggi e prodotti fin dalla loro ideazione. Bruciare rifiuti è preistoria. Riduzione, riuso, riciclo, sono la vera soluzione per un futuro sostenibile».

 

 La risposta di Del Bono

Il sindaco Del Bono concorda sul fatto che «in prospettiva si debba superare il modello dei termovalorizzatori. Lì si arriverà quando ci sarà la tecnologia adatta a recuperare tutti i rifiuti che produciamo. Ma ad oggi gli inceneritori servono se non vogliamo che finisca tutto in discarica, come in Sicilia. Questa è preistoria a differenza dei dibattiti surreali che sto sentendo in questi giorni.  Il sindaco ricorda i nuovi impianti di A2A per il recupero dei rifiuti (su tutti quello per l’umido, che diventerà biometano per i bus) ma anche la richiesta alla multiutility di ridurre di un terzo il conferimento di rifiuti nel termovalorizzatore, «visto che il teleriscaldamento sarà alimentato da altre fonti di calore, come i vapori dell’acciaieria Alfa Acciai oltre a quelli (già sfruttati) dell’Ori Martin». E ancora: «Siamo assolutamente contrari, a fronte dell’emergenza rifiuti della Campania, ad accogliere altri rifiuti dal Sud Italia, proprio perché abbiamo scelto di ottimizzare il nostro impianto, che produrrà lo stesso calore bruciando meno scorie. Visto che Lega e 5 Stelle hanno criticato pesantemente lo Sblocca Italia, mi aspetto che lo superino in fretta, evitando l’import dei rifiuti dal Sud al Nord». Insomma, il messaggio è chiaro: «mentre Brescia va verso una graduale dismissione del suo impianto il Sud è indietro di decenni». 

Ultimo appunto, quello riguardante le emissioni nocive ed i rischi per la salute. Del Bono ricorda come l’impianto di Brescia sia iper-controllato, con emissioni di diossine e polveri di un ordine di grandezza inferiori ai limiti di legge. Vero è che nel rapporto Airtum (associazione italiana registro tumori) a Brescia si è riscontrata un’incidenza di tumori superiore alla media del Nord e Centro Italia (+10% per i maschi e +14% per le donne): «Ma è un’incidenza da ricollegare agli impatti cumulativi presenti in una delle province più industrializzate d’Europa — chiude Del Bono— che ora stiamo provvedendo a bonificare. Pesano le emissioni del traffico, delle fabbriche, i siti inquinati e le discariche ereditate dal passato. Non ci sono studi scientifici che legano questa incidenza di malattie alla presenza del termovalorizzatore». 

 

* Corriere della Sera Redazione Brescia 20/ 11/ 2018 

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