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Terre ribelli

“Starai scherzando!”. Invece lui sembrava molto serio e parlava con acume. “Ma com’è possibile una cosa del genere. Chi può avere una idea malsana come questa?”. Il volto del giovane virava verso la sicurezza di chi suppone di sapere. “Come si può pensare di candidare la Locride a capitale della cultura!? In base a quali elementi? Quali valori esprime?”. Se una cosa non riesco a fare, è quella di contraddire chi è troppo sicuro di sé e parla con perizia. “Credo sia una mancanza di consapevolezza, una supervalutazione dei propri limiti, altrimenti neanche pensereste a una cosa simile! Cultura! Sai che cosa significa?”. Più il mio volto esprimeva preoccupazione, più il suo diventava forte e convinto e convincente. Come Matt Damon genio ribelle, mentre distrugge il ricco studente arrogante a colpi di sapere. E, intorno, gli altri giovani ad assistere divertiti al trionfo del giovane sul povero anziano, che credeva di essere saggio, ma è solo un folle visionario. “Dimmi: di una terra così povera e disgraziata, avete pensato a quali elementi mettere sul piatto per una sfida del genere? Ove ce ne fossero di elementi validi, ovviamente…”. Colpo da ko!

E ora? Mi sa che l’ha posta come domanda… Ricordi di sensazioni da esame scolastico. Anche se sai, il professore fa paura. Il tono era di chi prova a ingraziarsi l’avversario: “Senti Matt…”. “E mo’, chi è ‘sto Matt? Io non mi chiamo Matt”. Risatine di compatimento. Il vecchietto è proprio andato. Saranno tutti così in questo lembo trascurabile di mondo?

“Scusami, un lapsus…”. Pensavo alle atmosfere bostoniane e mi pentivo di non aver ascoltato mio padre quando mi spronava a studiare di più. A quest’ora avrei annichilito il mio avversario.

Riproviamo: “Volevo dire, che hai ragione. Hai proprio ragione…”. Volti soddisfatti, alcuni sprezzanti. Avversario molle, neanche prova a lottare. Che schifo. Poi ditemi che non bisogna soppiantare definitivamente i vecchi e dare il pianeta ai giovani d’oggi!

“In effetti, non ci abbiamo pensato. Ovvero, non siamo riusciti a trovare l’elemento sul quale costruire la sfida”. Il giovane gongolava, un trionfo. Gustava il suo aperitivo con fare da uomo di classe. “Sai, ci ha assalito da subito il dubbio su quale potesse essere il pilastro per la candidatura. Non è facile. Io ho pensato alla vicenda del ferro nell’Alta Locride, le fabbriche, le miniere, il villaggio siderurgico del ‘600, un patrimonio storico-ambientale unico al mondo, la testimonianza di un passato industriale che può consentire di riscrivere la storia della Calabria e del Sud. In effetti parliamo di impianti all’avanguardia dal punto di vista tecnico, con le migliori maestranze d’Europa per quell’epoca. E anche sul piano sociale, una realtà così avanzata per gli operai e le loro famiglie, quasi da non credere (asili, belle abitazioni, villaggi gradevoli, veri e propri piccoli centri urbani con spazi di aggregazione, ancora oggi esistenti). Vedessi le monumentali bocche di miniera… E le fabbriche fra i boschi, una Ruhr nel cuore della montagna calabrese, pure integrate in un contesto naturalistico di elevato interesse”.

Disorientamento generale. Il pugile suonato si è rialzato al 10, quando sembrava finito. Ed è riuscito pure ad assestare un colpo niente male, quanto inatteso.

“Invece, qualcun altro vorrebbe puntare sugli insediamenti archeologici. Sai, abbiamo due città greche nella Locride, di cui i resti grandiosi lasciano riconoscere le magnificenze di un tempo, che non avevano eguali; e poi due ville romane: dovresti vedere i mosaici di una e la cisterna ipogeica a tre navate dell’altra… E il mare dei due grandi guerrieri, uno scrigno di chissà quali misteri. E tante altre cose sconosciute, protette dalla natura, che regalano emozioni indescrivibili”.

Sguardi sospettosi di molti. Sta bluffando! I volti verso il giovane, come per spronarlo alla reazione.

“E la difficoltà di scelta è perché c’è pure profumo di oriente. Architetture sacre, antichi riti che sono tornati, monaci ortodossi, icone. Vedessi la bellezza dei muri di cotto e pietre, composti come quadri colorati. Visioni sublimi per gli occhi e per lo spirito. Alcuni di questi edifici sono gemme preziose, unici al mondo, emblema di multiculturalità, la cui sola visita giustifica un viaggio nei luoghi”.

Qualche cedimento sul fronte nemico. Sguardi persi. E ora che si fa? È il momento di insistere.

“La città del sole! Mamma mia, caro Matt, che cosa incredibile, fra sogno e utopia”. “Non mi chiamo Matt!”. Il tono quasi rassegnato, in un impeto residuo di tenere la posizione. “Si, certo. Scusami proprio…”. Devo stare più attento. “Niente ingiustizie, corruzione, contrasti. Una città ideale per una società felice. Lo sai che il nostro monaco la concepì ispirandosi a qualche insediamento della Locride? ‘Alla ricerca della perduta città del sole’, non sarebbe un suggestivo invito?”.

“E se l’amore fosse la chiave?”, una vocina dolce emergeva dal silenzio in cui il gruppo era precipitato. “Che ne dite?”. La ragazza si rivolgeva a me. Che sensazione strana, mai provata. Il ‘voi’ sanciva la conquista del rispetto che si deve ai grandi. Il riconoscimento di un valore generazionale, la volontà di costruire dal punto in cui l’altro ha lasciato. “Nulla è più dolce dell’amore, ogni altra felicità gli è seconda. Con le parole della nostra poetessa antica possiamo conquistare il mondo. E poi se ‘la lontananza è il fascino dell’amore’, è pur vero che la nostra terra è circondata dall’amore di tutti coloro che se ne sono dovuti allontanare. Chi lo sa meglio di colui che è partito dalla realtà pastorale e contadina di San Luca verso la civiltà industriale delle grandi città, mantenendo nel cuore l’incanto dei ricordi? E l’altro di Sant’Agata, che invece visse il conflitto d’amore con la sua terra, con la nostra terra? Lui l’amore sognato lo abbandonò per percorrere altre strade, ma pensate che l’abbia dimenticato?”.

“Sono sicuro che è una bellissima idea. I nostri poeti e scrittori hanno accompagnato le nostre vite e ci hanno mantenuto vicino anche quando siamo stati lontano. E poi, l’amore smuove le montagne…”.

“A me piacciono i paesi. Le case piccole con le tegole al sole e i giardini ricchi di verde, una sopra l’altra…”. Un altro. L’atmosfera si stava rilassando. Molti scoprivano dentro se stessi una voglia di dire quanto sono belli i luoghi in cui vivono. Voglia repressa dal comune sentire che il bello sia altro, stia nel moderno tecnologico, nelle città affollate, nella moda dei ricchi. “I borghi storici, che sembrano nascere spontaneamente dalla terra, dalle rocce. Alcuni opere d’arte, con i palazzi e le corti, difesi da mura possenti, dominati dal castello, costruiti con vestigia antiche, con le chiese monumentali. Altri più popolari, dalle viuzze fresche, con il profumo delle cucine, i muri di pietra, le persone a parlare sedute davanti alle porte delle case. I nostri paesi sono una forza, tutti insieme”.

Matt combatteva contro se stesso. Tenere duro o darsi ad altro piacere? La cultura è quella dei libri di testo o quella stratificata che si costruisce nelle comunità? Alla fine cedette. “Ricordo a tutti che poche cose sono paragonabili al fascino delle feste antiche che si tramanda la nostra gente. Vi ricordate le emozioni, quando la nonna lasciava i vestiti di sempre, odorosi di ragù e con le macchie sovrapposte come in un décollage, per indossare l’abito della festa, in onore del santo, certo, ma pure per condividere con gli altri una gioia?”. Sembrava commosso. Pensai a mio padre. Se avessi studiato di più…! Ma se avessi annichilito il giovane, ora forse non mi commuoverei pure io. “Feste intorno alla chiesa, le processioni nel paese, quelle lungo i sentieri di montagna, partendo all’alba, a piedi nudi, dietro la Madonnina. Poi i giochi in piazza, rompendo i cocci a occhi bendati per ottenere il premio. La musica popolare dei nostri avi, per ballare tutti insieme e gioire per gli occhi divertiti dei più vecchi. E per il loro sorriso”.

Ehi, Matt. Vorrei abbracciarti. Per la miseria! Di nuovo! No, per fortuna stavolta il nome l’ho pronunciato solo nella mia testa. Ci siamo scambiati uno sguardo sincero.

“La mia idea è diversa, un po’ particolare, spero che la riteniate coerente”. Il più piccolo dei presenti, con gli occhi degli irriducibili su di lui, come a dire: pure tu? Bravo a superare l’imbarazzo. “I ragazzi di Locri…” Affiorano ricordi dolorosi. “E adesso ammazzateci tutti, era la frase forte che ricorreva in quei giorni. Ribellione composta. C’è stato in questi anni una posizione così decisa e un movimento spontaneo pari a quello? Perché non ricordarlo all’Italia? Costruiamo su questo una comunità coraggiosa e consapevole e proviamo a riprenderci il futuro”.

Silenzio. Quello giusto per meditare sulle cose belle e su quelle dolorose.

“Possiamo vincere?”. Non so chi avesse parlato. Mi tocca la risposta o forse potrei attendere per vedere se qualcuno ci prova. “Abbiamo già vinto”. Attesa ricompensata… “Abbiamo già vinto. Abbiamo vinto ritrovando la consapevolezza. Abbiamo vinto riscoprendo la nostra storia. Abbiamo vinto vedendo giovani e vecchi scambiarsi idee e pensieri”.

“Ehi, Matt…”. Ops. “Ditemi…”. Nessuna reazione, se non un sorriso aperto e un po’ complice. “Ci rivediamo?”. “Certo. Ci siamo appena incamminati…”.

Istruzioni per l’uso

La vicenda del ferro a Pazzano, Bivongi, Stilo, Mongiana è una pagina straordinaria della storia della Calabria.
Inizia nella notte dei tempi, ha momenti esaltanti, cosparge il territorio di opere d’arte, si conclude mestamente con l’Unità d’Italia.

La vicenda del ferro a Pazzano, Bivongi, Stilo, Mongiana è una pagina triste della storia della Calabria.
Le principali aree archeologiche nella Locride sono il Parco dell’antica Locri, tra Portigliola e Locri, e quello di Kaulon a Monasterace. Poi, la Villa romana di Casignana e il Naniglio di Gioiosa. Le orme dal mare sono dei guerrieri di Riace. Sono tante, alcune vanno lontano…
Il profumo d’oriente sprigiona da molti luoghi, ma ricordiamo la Cattolica di Stilo, S. Giovanni Therestis a Bivongi, le architetture sacre di Gerace.
Il monaco della Città del Sole è Tommaso Campanella. La poetessa antica di Locri è Nosside. Da San Luca è venuto Corrado Alvaro e da Sant’Agata Saverio Strati.
Nei centri storici bisogna immergersi, camminare tra le viuzze e lasciarsi travolgere dalle atmosfere antiche e dal calore umano che sprigiona.

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