Mai pensare di averne viste abbastanza. Ieri il mio beniamino Travaglio ha impegnato sé stesso e l’intera sua testata alla mobilitazione contro l’invasione ucraina della Russia. (Direte: non è possibile. Non replicherò: andate a leggere. Non dirò a nessuno di andare a leggerlo). Nel generoso spazio dedicato all’allarme per la Russia invasa c’era un pezzo dedicato alla condanna dell’invasione ucraina da parte “dei costituzionalisti”, come strillava già la prima pagina. Persone degne, s’intende.
Domenico Gallo, già alto magistrato di Cassazione, dice che “la carta dell’Onu legittima il diritto naturale di resistenza quando venga compiuta un’aggressione armata contro un altro stato, ma non una guerra senza fine e senza limiti”. Dunque trova che l’Ucraina, spingendosi per qualche chilometro in territorio russo mentre ha un quarto del proprio territorio occupato dall’esercito russo, e ne ha sentito il fiato sul collo alle porte di Kyiv, stia muovendo una guerra senza fine e senza limiti.
Raniero La Valle, che ha un ingente curriculum e tuttavia viene impietosamente definito come “candidato alle ultime elezioni europee”, contrappone il compassionevole Putin allo spietato Zelensky: “Mentre Putin raccomanda moderazione all’Iran, Zelensky mostra di essersi investito del ruolo opposto, sacrificando il suo stesso popolo”.
Un terzo, il costituzionalista Gaetano Azzariti, mi ha stupito, perché ne ho un’impressione, profana certo, di ragionevole spirito critico. Gli si attribuiscono frasi amarissime sullo stato del diritto internazionale, delle sue Carte e delle sue istituzioni, ma non esattamente pertinenti al punto, salva la considerazione dell’invio di armi italiane all’Ucraina come “un buco nero”. Che i soldati ucraini a Kursk impieghino qualche pezzo di equipaggiamento italiano, dei cinturoni, forse, è peraltro un argomento cruciale per l’ipocrisia politica. Quella che continua a proclamare il confine invalicabile fra l’uso delle armi difensive, o, a piacere, l’uso difensivo delle armi, e il sacrilegio di un uso offensivo. Con la sottocategoria morale dell’uso di qua e non di là della frontiera. Lo stesso ministro della Difesa deve aver riflettuto sulla denominazione del ministero cui presiede, ricavandone che gli ucraini oltre confine offendono.
Io penso, Azzariti, che un’iniziativa come l’avanzata imprevista dell’esercito ucraino nella provincia russa di Kursk possa essere variamente valutata col criterio dell’utilità e dei rischi. Un paese che si difende e che è largamente (illegalmente) occupato non ha altro principio cui render conto se non il calcolo, l’azzardo perfino, della riduzione della capacità offensiva del nemico.
Il controllo – mutevole nel tempo – dell’ambito entro cui gli ucraini erano autorizzati a difendersi dai loro alleati, dalla Nato e dai singoli stati, aveva e ha ancora quasi solo questo criterio pratico, “realistico”, e non di rado odioso e vile. “Quasi” solo, perché azioni terroristiche contro bersagli civili non si giustificano nemmeno con le frasi fatte, à la guerre comme à la guerre, né in Ucraina né in Russia né in Israele né a Gaza. Il richiamo alla Carta dell’Onu e ai fondamenti del diritto internazionale (non, in questo caso, alla Costituzione italiana, come basta a mostrare la posizione del presidente della Repubblica), smetterà di essere vano quando, se mai avverrà, si giudicherà di ragioni e torti, e di vincitori e vinti. Fino ad allora, la mia simpatia più calorosa va alla Costituzione della Terra sostenuta da Immanuel Kant e Luigi Ferrajoli e tante e tanti, e la mia poverissima solidarietà pratica va a chi si batte per la libertà della terra in cui abita – e anche, quando all’ombra dell’ultimo sole mi succedesse di incontrarlo, con chi scappa dal luogo in cui ci si batte.
*da Il Foglio, 10/08/2024