Due anni fa, quando fu presentato il primo numero del cruscotto della metalmeccanica la fase del ciclo economico del settore era molto diversa da quella attuale: si veniva da due shock formidabili, come la pandemia e la crisi energetica, ma la metalmeccanica italiana aveva attraversato un periodo di crescita, con buoni risultati economici per le aziende e prospettive favorevoli per l’occupazione e i salari.
A due soli anni di distanza il quadro economico del settore è diventato decisamente più incerto, non solo per gli andamenti osservati nei mesi passati, ma anche per le prospettive che si affacciano all’orizzonte.
Le sfide partono da tre versanti: la trasformazione del settore automobilistico, guidata dalla transizione verso l’auto elettrica; gli alti prezzi dell’energia elettrica e il percorso di cambiamento nel mix delle fonti di energia primaria; l’affermarsi di politiche protezionistiche e la riorganizzazione delle catene del valore globali, in corso da alcuni anni, ma che stanno adesso assumendo una versione estrema sulla scorta delle politiche annunciate dagli Stati Uniti.
La metalmeccanica è al centro di questa trasformazione, che sta portando verso cambiamenti sostanziali nei processi produttivi.
I cambiamenti devono essere guidati da decisioni strategiche che coinvolgono anche le scelte del sindacato.
D’altra parte, qualsiasi fase di trasformazione dei processi produttivi richiede innovazioni nei prodotti che comportano mezzi di produzione diversi e nuove competenze.
Nei prossimi anni le imprese della metalmeccanica dovranno cercare di sfruttare le potenzialità di crescita che si aprono, in virtù della trasformazione dei processi di produzione.
Le sfide della transizione ambientale e quelle della digitalizzazione richiedono innovazioni importanti.
Serve una visione, una strategia industriale che metta in campo investimenti reali, risorse concrete e politiche industriali in grado di rilanciare il nostro sistema produttivo, rendendolo competitivo, sostenibile, innovativo e avanzato sul piano sociale.
L’Italia e l’Europa devono aumentare il loro livello di autonomia produttiva, riportando internamente le filiere industriali strategiche. È necessario abbandonare qualsiasi visione neoliberista e superare i vincoli del Patto di Stabilità che soffocano la crescita. È indispensabile aprire la strada a nuovi investimenti pubblici e privati: serve un nuovo Fondo Strategico Europeo, simile al Next Generation EU, che possa garantire risorse stabili e adeguate per tutti i settori dell’industria.
Bisogna fare di più per i settori chiave dell’economia: l’automotive, l’energia, la siderurgia, i trasporti, l’ICT e il comparto degli elettrodomestici. Sono settori dell’economia civile con elevati impatti in termini di occupazione, crescita e sviluppo, innovazione, sostenibilità ambientale, margini e produttività. Allo stesso modo, per molte aziende sarà decisivo cercare di riconvertirsi per cogliere gli spazi di crescita della domanda che si apriranno in tutti i settori, in particolare in quelli strategici e avanzati.
Una fase di grande incertezza, quindi, ma anche di ampie trasformazioni. La base produttiva dovrà essere rafforzata facendo leva sul capitale umano e sulle competenze della forza lavoro.
Il tema dei fabbisogni di capitale umano diviene centrale in questa fase di cambiamenti. Non a caso negli ultimi due anni la domanda di lavoro ha sostanzialmente tenuto, nonostante la fase di frenata dell’economia: le imprese stanno adottando strategie di labour hoarding, per evitare di disperdere il capitale umano di cui dispongono e, allo stesso tempo, la composizione della forza lavoro nei settori della metalmeccanica si sta spostando verso figure con un maggiore livello di istruzione.
La centralità del capitale umano nelle strategie di sviluppo si deve associare ad una crescente attenzione verso le tematiche del welfare, del salario, dell’orario, e della sua riduzione e conciliazione con i tempi di vita. In Italia i livelli salariali stanno perdendo posizioni rispetto agli altri Paesi e le politiche contrattuali devono contrastare questo fenomeno. A ciò corrisponde un arretramento del tenore di vita relativo dei lavoratori italiani e la caduta dei lavoratori più de- boli, anche quando sono occupati, nell’area del disagio economico, soprattutto per le famiglie monoreddito. In questo quadro generale, il settore della metalmeccanica si caratterizza per rapporti di lavoro migliori rispetto alla media nazionale. Lo mostrano i dati del cruscotto che guardano alla stabilità dei posti di lavoro, ai livelli medi delle retribuzioni, ai divari fra le tipologie di lavoratori.
Il contratto nazionale in questo ambito svolge un ruolo fondamentale: negli ultimi anni le retribuzioni contrattuali nella metalmeccanica sono cresciute più della media degli altri settori, anche grazie ai meccanismi di recupero ex-post degli aumenti dell’inflazione, che hanno fornito una relativa protezione ai lavoratori.
Tuttavia, nonostante l’andamento migliore degli altri settori, i salari contrattuali sono ancora inferiori ai livelli dello scorso decennio in termini reali. Un risultato quindi che non può essere ancora considerato soddisfacente sia dal punto di vista dei lavoratori, sia rispetto ad un sistema di imprese che fonda la propria competitività sul capitale umano.
L’azione sindacale nei prossimi nanni giocherà un ruolo importante. Le ombre che si affacciano all’orizzonte pongono l’azione sindacale dinanzi a nuove sfide.
Sul tema dei rinnovi contrattuali è necessario procedere ad una loro conclusione in tempi brevi e positivamente. La questione salariale deve trovare una risposta positiva nella direzione di quanto definito nel CCNL del 5 febbraio 2021, considerando gli aspetti legati all’inflazione e all’innovazione e al miglioramento organizzativo. Il Governo deve introdurre compensazioni al fiscal drag, per proteggere il potere d’acquisto dei salari.
È altrettanto importante portare a compimento le richieste di carattere normativo, che rappresentano elementi di innovazione contrattuale volti a migliorare le condizioni di lavoro, ma anche a gestire il cambiamento nei con- testi di trasformazione dell’industria metalmeccanica. Tali richieste sono quindi necessarie per un ammodernamento dell’organizzazione del lavoro, orientandola al rilancio e allo sviluppo, all’interno di una dimensione occupazionale da tutelare e promuovere.
Diventa sempre più centrale il ruolo e il coinvolgimento dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali, rafforzando gli strumenti partecipativi previsti dal CCNL e dalla contrattazione aziendale.
L’estensione della contrattazione aziendale a tutti i lavoratori metalmeccanici è una priorità: non può più dipendere esclusivamente dalla disponibilità volontaria delle imprese, né è sufficiente prevedere solo forme di incentivazione. I dati elaborati dimostrano quanto la contrattazione aziendale sia fondamentale e determinante per superare le sacche di “lavoro povero” e promuovere una concezione di lavoro giusto: un lavoro che offra opportunità di crescita professionale, adeguatamente retribuito, con un orario più ridotto e compatibile con la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.
Tutto ciò conferma che il ruolo del sindacato continua a essere centrale per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori. In questo contesto, la Fim-Cisl si conferma sempre più come un sindacato protagonista del cambiamento, capace di leggere la realtà ed elaborare proposte utili a costruire concretamente soluzioni efficaci.
*Segretario generale FIM-CISL