1 – Premessa (genesi)
Nei cinque anni della crisi economica da cui (sperabilmente) l’Europa si accinge faticosamente ad uscire, la disoccupazione è cresciuta in quasi tutti gli Stati Membri (con la significativa eccezione della Germania). La situazione si è particolarmente aggravata negli Stati del Mediterraneo più colpiti dalla turbolenza finanziaria (Grecia e Cipro, Spagna, Portogallo e Italia) ed in alcuni Paesi dell’Europa Orientale e Balcanica.
Figura 1 – Tassi di disoccupazione nei Paesi dell’Unione Europea. Medie annue. Anni 2008 e 2013.
Fonte: Eurostat, Labour Force Survey, vari anni.
Ancora più deteriorata la situazione per quanto riguarda i più giovani (fig. 2), penalizzati da un mercato stagnante e da politiche che hanno privilegiato il mantenimento dei posti di lavoro esistenti rispetto al turn-over. Gli ultimi anni hanno visto ampliarsi la forbice tra paesi a bassa disoccupazione giovanile ed altri in cui tale indicatore assume valori critici: la distanza in valore assoluto tra i tassi di disoccupazione giovanile dei paesi agli estremi della graduatoria è passata da 18,3 punti del 2008 a 50,7 del 2013; il rapporto tra gli stessi valori è passato da 3,9 a 7,4.
Figura 2 – Tassi di disoccupazione giovanile nei Paesi dell’Unione Europea. Classe di età 15-24. Medie annue. Anni 2008 e 2013.
Fonte: Eurostat, Labour Force Survey, vari anni.
In alcuni Paesi, inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile è cresciuto sensibilmente più di quello generale, a dimostrazione del fatto che la fascia di età più giovane ha sopportato le maggiori conseguenze della crisi occupazionale.
Allo scopo di fronteggiare questo problema, e riprendendo buone prassi diffuse nei paesi scandinavi, il Consiglio dell’Unione Europea ha emanato, nell’aprile dello scorso anno, una Raccomandazione sull’istituzione di una “Garanzia per i Giovani” nella quale si invitano gli Stati membri a garantire ai giovani con meno di 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio o altra misura di formazione entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema di istruzione formale.
Per dare sostegno a questa raccomandazione, il nuovo quadro finanziario multiannuale dell’Unione Europea ha stabilito una linea di finanziamento ad hoc per l’Iniziativa per l’Occupazione Giovanile (IOG) nell’ambito della quale vengono finanziate le iniziative per l’attuazione della “Garanzia Giovani”. La linea di finanziamento è pari a 3 miliardi di euro (a prezzi 2011, che diventano 3,2 a prezzi correnti ed a questo tipo di grandezza ci si riferirà nel prosieguo del testo), cui si affianca una cifra analoga di Fondo Sociale Europeo (FSE) e l’usuale cofinanziamento nazionale.
Tali fondi sono stati ripartiti tra gli stati membri sulla base del numero di disoccupati, con meno di 25 anni, residenti nelle regioni con un tasso di disoccupazione non inferiore al 25%. Ne risulta che l’Italia è, dopo la Spagna, il Paese europeo cui sono state destinate più risorse: 567 milioni di euro, da impegnare entro il 2015 e da spendere entro i 3 anni successivi.
2 – Garanzia Giovani e Iniziativa Occupazione Giovani (IOG)
Allo scopo di comprendere meglio il senso di alcune soluzioni, è necessario preliminarmente avvertire che le locuzioni “Garanzia Giovani” e “Iniziativa Occupazione Giovani” (IOG) non sono fungibili e rappresentano due processi interconnessi ma non coincidenti.
La “Garanzia Giovani” costituisce infatti una strategia, in relazione alla quale gli Stati Membri sono chiamati ad impegnarsi: la raccomandazione comunitaria, richiede che entro 4 mesi dall’uscita da un percorso di istruzione o formazione o dall’entrata in un periodo di disoccupazione, venga offerto ai giovani un posto di lavoro, il proseguimento degli studi, un periodo di apprendistato o di tirocinio o un’altra misura di formazione.
La raccomandazione, rivolta a tutti gli stati membri a prescindere dal loro tasso di disoccupazione giovanile, tiene conto evidentemente che una parte non irrilevante dei giovani non è attivo: nonostante l’aver finito o abbandonato un ciclo di studi o di formazione, una quota di giovani non cerca attivamente lavoro, perché scoraggiato o per altre ragioni. La raccomandazione prevede pertanto che “il punto di partenza per il rilascio della garanzia per i giovani a un giovane dovrebbe essere la registrazione presso un servizio occupazionale”, ma che per i «NEET» (not in employment, education or training) non registrati presso un servizio occupazionale “gli Stati membri dovrebbero definire un corrispondente punto di partenza per il rilascio della garanzia”.
Come accennato, l’iniziativa occupazione giovani è invece una linea di finanziamento, finalizzata a “dare gambe” alla raccomandazione, e rivolta ai soli territori caratterizzati da un tasso di disoccupazione giovanile particolarmente elevato. La linea di finanziamento è stata quindi ripartita tra gli stati membri, considerando eleggibili le aree regionali (NUTS 2) caratterizzate, nel 2012, da un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25% e ripartendo l’ammontare globale in proporzione al numero di disoccupati under 25 registratisi nelle aree eleggibili. Grazie a tale meccanismo di ripartizione, in Italia sono state considerate eleggibili tutte le regioni con l’eccezione del Veneto, e delle Province autonome di Trento e Bolzano; i fondi complessivamente attribuiti al nostro Paese ammontano a 567milioni di euro. Con riferimento alle aree territoriali ove i fondi possono essere destinati, è tuttavia previsto che “d’intesa con la Commissione, gli Stati membri possono decidere di destinare un importo limitato, non superiore al 10 % dei fondi dell’IOG, ai giovani residenti in sottoregioni con alti livelli di disoccupazione giovanile, che si trovano al di fuori delle regioni ammissibili di livello NUTS 2” .
3 – Il Piano strategico
Sulla base di un serrato confronto con le Regioni, il nostro Paese ha quindi presentato, il 23 dicembre 2013, il proprio “Piano di attuazione della Garanzia per i Giovani”.
Il Piano effettuava una snella analisi della situazione di emergenza in cui il Paese versa ancora adesso sotto il profilo della disoccupazione giovanile e dava conto delle prime iniziative intraprese, sia in termini di interventi finanziari, sia sul piano delle regole e delle riforme.
Il Piano effettuava alcune importanti scelte (su alcune delle quali peraltro il testo denuncia alcune tensioni tra Amministrazione centrale e amministrazioni regionali):
- -la necessità di dare attuazione alla Garanzia Giovani mediante un unico Programma Operativo Nazionale, che abbia le Regioni come soggetti attuatori, a sintesi della opportunità di dare una risposta univoca e coordinata ad un problema che ha dimensioni nazionali, valorizzando al contempo il ruolo di attuazione delle Regioni;
- -la quantificazione della misura del cofinanziamento nazionale al Programma Operativo, fissata al 40% (il doppio della quota minima prevista dal Regolamento), con il risultato di portare l’ammontare delle risorse complessivamente disponibili a 1.513 milioni di euro;
- -la suddivisione della responsabilità gestionale tra Stato e Regioni, attribuendo a queste ultime la quasi totalità delle risorse, e riservando alle amministrazioni centrali 100 milioni di euro per due principali azioni: da una parte una azione di rafforzamento dei servizi per l’impiego pubblici; dall’altra parte un intervento finalizzato a creare un secondo punto di accesso alla garanzia presso il sistema scolastico;
- -la ripartizione delle risorse su base regionale in proporzione al numero di disoccupati nella fascia di età 15-24 anni, presente in ogni regione;
- -l’estensione dell’ambito di applicazione della “Garanzia Giovani” ai giovani con meno di 30 anni, attribuendo tuttavia la priorità ai giovani fino a 24 anni;
- -l’individuazione di alcuni schemi di intervento, di cui il medesimo piano fornisce una descrizione sommaria;
- -la scelta della rendicontazione a costi standard non tanto allo scopo di semplificare gli adempimenti, quanto per rendere più omogeneo e trasparente il comportamento delle diverse regioni e più efficace il monitoraggio;
- -l’individuazione di elementi di remunerazione dei servizi a risultato, come elemento in grado di spingere i servizi ad una maggiore efficacia dell’azione;
- -l’indicazione di un principio di contendibilità tra Regioni, in base al quale il giovane può scegliere da quale regione essere “trattato” e i costi dell’intervento vengono addebitati alla Regione di residenza;
- -la previsione di un sistema di monitoraggio e di indicatori di raggiungimento del risultato, non solo sotto il profilo della spesa, ma soprattutto da quello dell’efficacia dell’azione, e la indicazione che, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, il Ministero del Lavoro e la Regione interessata debbano concordare su azioni di sostegno da parte dell’amministrazione centrale.
- 4 – Il Programma Operativo Nazionale
Facendo seguito al Piano Strategico, è stato pertanto predisposto, per l’utilizzo delle risorse comunitarie dell’Iniziativa Occupazione Giovani, un unico programma operativo nazionale, che faccia da cornice agli interventi sul campo, di prevalente responsabilità regionale. Il programma è stato formalmente approvato l’11 luglio 2014 dalla Commissione Europea e costituisce, al momento in cui si scrive, l’unico programma di questo genere già approvato, insieme con quello francese.
La cornice posta in essere si avvale di numerosi strumenti, già prefigurati, sia pure embrionalmente, dal Piano strategico, e frutto di una intensa attività di approfondimento tra Ministero del Lavoro e Regioni.
Importante notare che, sfruttando la clausola di flessibilità prevista dal Regolamento sul Fondo Sociale Europeo – secondo cui gli Stati membri, in accordo con la Commissione europea, possono includere, nei limiti del 10% delle risorse, ulteriori aree territoriali caratterizzate da alti tassi di disoccupazione giovanile – l’ambito di applicazione del Programma Operativo è stata estesa anche alla Regione Veneto ed alla Provincia autonoma di Trento: entrambi i territori sono infatti caratterizzati da un tasso di disoccupazione superiore al 20%. Il programma, pertanto, si applica a tutto il territorio nazionale, con la sola esclusione della Provincia autonoma di Bolzano.
Quanto ai vincoli, il Regolamento sul Fondo Sociale Europeo fissa alcuni paletti:
- -i fondi possono essere utilizzati esclusivamente per il finanziamento di azioni dirette ai giovani (non sono finanziabili azioni cd. di sistema);
- -l’iniziativa è rivolta ai giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione, residenti in regioni ammissibili, inattivi o disoccupati, compresi i disoccupati di lunga durata, registrati o meno nelle liste dei disoccupati alla ricerca di un’occupazione;
- -le somme vanno impegnate entro il 31 dicembre 2015 e spese nei tre anni successivi all’impegno.
Come già previsto dal Piano strategico, la ripartizione delle risorse avviene in proporzione al numero di disoccupati nella fascia di età 15-24 anni, presente in ogni regione, ivi incluse la regione Veneto e la provincia autonoma di Trento (tavola 1).
Tavola 1 – Programma Nazionale Occupazione Giovani: ripartizione dei fondi.
4.1 – Le schede di descrizione delle misure
Il primo elemento della cornice è rappresentato dalla identificazione delle modalità di funzionamento di ciascuna delle 9 misure individuate:
- •Accoglienza, presa in carico, orientamento
- •Formazione specialistica (ivi compresa premialità per successiva occupazione)
- •Accompagnamento al lavoro o ad una esperienza di lavoro
- •Apprendistato
- •Tirocini
- •Servizio civile
- •Autoimprenditorialità e autoimpiego
- •Mobilità territoriale e transnazionale
- •Bonus occupazione
Si tratta di misure diverse per tipologia e finalità, come si può desumere dalla rappresentazione contenuta nella figura 3: in alcuni casi – come nell’accoglienza, presa in carico e orientamento – ci si riferisce infatti a servizi preliminari; in altri casi – il servizio civile, l’apprendistato, il tirocinio e l’autoimpiego – ad un esito che rappresenta il risultato positivo dell’intervento. Per favorire tale successo sono inoltre previsti alcuni specifici servizi, che vengono remunerati “a risultato” o “a processo”: così, per il tirocinio, ad esempio, si prevede l’erogazione di una “borsa” al tirocinante, ma anche la remunerazione a risultato per l’ente promotore, che svolgerà inoltre le attività di verifica e tutoraggio; per l’apprendistato o per gli altri contratti di lavoro si prevede la remunerazione dell’attività di intermediazione, sia essa svolta da un soggetto pubblico o da un intermediario privato; per l’autoimpiego si prevede la remunerazione dei soggetti che svolgono attività di formazione e di tutoraggio nello start-up di una impresa, ma è possibile anche finanziare un piccolo credito al giovane che intende avviare una attività di lavoro autonomo o una impresa.
Il metodo appare decisamente innovativo, per il fatto di prevedere “regole d’ingaggio” comuni, che pur lasciando margini di flessibilità alle Regioni, tuttavia le orientano verso un preciso schema di intervento.
Da notare, inoltre, che si è cercato, anche nella definizione del compenso, spesso a risultato, di privilegiare le attività più efficaci, mantenendo come residuali quelle meramente propedeutiche (orientamento e, per certi versi, formazione).
Di particolare rilevanza sembra, in particolare, lo strumento dell’accompagnamento al lavoro, mediante il quale si prevede la remunerazione a risultato dell’attività di intermediazione, declinata a seconda del tipo di contratto ottenuto. Tale modalità di remunerazione permette infatti di mettere sullo stesso piano gli operatori pubblici con quelli privati: permette di rafforzare i primi compensando per le attività svolte e di incentivare l’ingresso dei secondi ampliandone il mercato di riferimento. Riguardo ai privati, tuttavia, occorre notare che l’estensione non avviene in via automatica, ma deve passare per la regolazione regionale: sono le Regioni, infatti, a definire le regole per l’accreditamento.
4.2 – La rendicontazione a costi standard e orientata al risultato
La rendicontazione a costi standard è un altro degli aspetti salienti della strumentazione predisposta.
Si tratta, lo si diceva in un passaggio precedente, di una scelta finalizzata non solo e non tanto alla semplificazione degli adempimenti da parte degli enti gestori, ma soprattutto volta a rendere intellegibili e trasparenti gli interventi, a privilegiare quelli orientati al risultato, ed a permettere un attento monitoraggio della spesa e degli interventi.
Infatti la rendicontazione a costi standard rende necessario rendicontare la spesa a livello di singolo intervento individuale, consentendo la predisposizione di una banca dati tale da permettere un monitoraggio puntuale e successivi esercizi di valutazione.
4.3 – La metodologia di profilazione degli utenti
La metodologia di remunerazione a risultato consente, come detto, di orientare gli operatori ad una azione efficiente, che ricerchi l’esito positivo per il giovane utente. La stessa metodologia, tuttavia, si presta, se non adeguatamente disegnata, a stimolare comportamenti opportunistici da parte degli intermediari, per i quali diventa conveniente trattare gli utenti con competenze più elevate e maggiori probabilità di trovare occupazione anche da soli, piuttosto che quelli più distanti dal mercato del lavoro. Per questo motivo diventa determinante compensare tali incentivi prevedendo remunerazioni diverse in funzione della teorica difficoltà di raggiungere il risultato stimato.
Per questo motivo, nell’ambito della strumentazione sviluppata, diventa di fondamentale importanza la “profilazione” degli utenti della Garanzia Giovani.
La metodologia si basa ovviamente su due momenti: nella fase preliminare (e poi ogni anno) si provvederà alla stima del modello statistico, ossia delle diverse probabilità di essere occupato in funzione del valore assunto da diverse caratteristiche osservabili; sulla base di questi valori, si passerà concretamente, al momento del colloquio individuale, alla ricognizione delle caratteristiche del singolo giovane ed alla conseguente attribuzione dello stesso ad una delle 4 fasce di svantaggio individuate.
La metodologia è basata sulle seguenti variabili:
- •Età,
- •Genere,
- •Titolo di studio,
- •Condizione occupazionale un anno prima,
- •Regione e Provincia ove ha sede il servizio competente che preso in carico il giovane;
- •Competenze linguistiche (per i soli stranieri che non abbiano conseguito il titolo di studio in Italia), per la valutazione delle quali si utilizzerà la metodologia già sviluppata per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo.
- 4.4 – Programmazione regionale, contendibilità
A fronte del quadro generale, il Programma Operativo si basa sulla autonomia gestionale delle Regioni, che decidono in quale misura indirizzare i fondi ricevuti tra le varie misure sopra descritte.
Secondo quanto stabilito dalle convenzioni, tale ripartizione delle risorse potrà essere modificata in corsa, una o più volte, entro il 30 settembre 2015.
Allo scopo di garantire una rapida partenza del programma è previsto che, su fondi nazionali, sia anticipato alle regioni il 7% della dotazione ad esse attribuita. Tale importo (complessivamente circa 100 milioni di euro), consentirà di effettuare i primi pagamenti sino alla rendicontazione e, una volta avviata quest’ultima, costituirà un supporto continuo per consentire agli enti erogatori una certa liquidità.
Come già anticipato dal Piano strategico, anche il programma operativo prevede che i giovani possano scegliere la Regione responsabile di dare loro una chance di lavoro e che per qualsiasi servizio erogato i costi vengano addebitati alla regione di residenza.
Nei fatti, pertanto, la ripartizione delle risorse (già riportata in tavola 1) non coincide con le risorse che verranno effettivamente gestite da ogni regione: tali risorse potranno quindi aumentare o diminuire in funzione del saldo (positivo o negativo) tra le azioni erogate dalla stessa regione a giovani provenienti da altre e quelle erogate da altre regioni ai giovani provenienti dalla regione medesima.
4.5 – Monitoraggio e sussidiarietà
Il Piano viene monitorato periodicamente attraverso la quantificazione di indicatori che devono rispondere sia alle richieste del regolamento europeo sul Fondo Sociale Europeo sia ad esigenze conoscitive più strettamente legate alle strategie messe in atto dal Piano italiano.
Con riferimento alla natura degli indicatori presentati si distinguono indicatori di output (realizzazioni fisiche e finanziarie), di copertura e di risultato. Un’ultima categoria di indicatori presentati sono di natura più gestionale volti a misurare la performance di utilizzo delle risorse finanziarie e dei tempi di erogazione del servizio. Questi ultimi derivano principalmente da un utilizzo combinato di indicatori di realizzazione fisica e finanziaria.
L’esercizio è ovviamente finalizzato a verificare lo stadio di avanzamento del programma, per trarne elementi conoscitivi, ma soprattutto per consentirne una correzione in corsa: la convenzione tra Ministero del Lavoro e Regioni prevede infatti che “qualora le risultanze del monitoraggio evidenzino disallineamenti nell’implementazione del Piano di Attuazione Regionale della Garanzia per i Giovani, la Regione e il Ministero concordano di porre in essere interventi mirati di rafforzamento, ivi inclusa la possibilità di un affiancamento da parte del Ministero del Lavoro e delle sue agenzie strumentali e di eventuali condivisi interventi in sussidiarietà”.
Si tratta di una scelta importante, finalizzata a trovare modalità per l’attuazione che stimolino le Regioni, senza peraltro prevedere la possibilità di una distrazione dei fondi verso altre regioni (come sarebbe accaduto se si fosse adottata la logica della premialità verso le regioni più efficienti).
5 – I primi risultati
5.1 – Partecipanti alla Garanzia Giovani (dati aggiornati al 26 novembre 2014)
Il numero degli utenti registrati presso i punti di accesso della Garanzia Giovani ha raggiunto le 315 mila unità. A livello nazionale il bacino degli aderenti alla Garanzia Giovani ha raggiunto il 18,3 % del target potenziale, costituito dal milione e 723 mila giovani NEET in età 15-29 disponibili a lavorare anni stimata dalla Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (media 2013). Il quadro regionale evidenzia una notevole eterogeneità, con regioni dove oltre il 50 % del target potenziale ha aderito al programma e regioni dove il tasso di adesione è di poco al di sopra del 10 % (Figura 4).
Figura 4. Partecipanti registrati per regione di residenza sul totale dei Neet * (disponibili a lavorare)
Dei 315 mila registrati, 103 mila sono stati “presi in carico”, ossia hanno avuto un primo contatto con le strutture dei cd. “servizi competenti” (i centri per l’impiego o le altre strutture accreditate dalla regione).
In ragione dei flussi osservati, che vedono il numero delle prese in carico avvicinarsi a quello delle registrazioni, il rapporto tra presi in carico e utenti registrati continua a crescere e si attesta al 33,1 %.
La percentuale rappresenta tuttavia una sottostima della percentuale di utenti già contattati: nel denominatore, costituito dal numero dei registrati, sono infatti ancora computati anche i giovani che non si sono presentati al colloquio sebbene convocati e quelli che non hanno ancora scelto la struttura presso cui effettuare l’intervista.
Tavola 2. Partecipanti registrati alla Garanzia Giovani e partecipanti presi in carico da parte dei servizi per il lavoro
* L’indice di copertura rappresenta il rapporto tra lo stock dei giovani presi in carico e lo stock dei registrati.
Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – BDPAPL.
Figura 5. Flussi mensili dei registrati e dei presi in carico* (asse delle ordinate a sinistra) e indice di copertura** (asse delle ordinate a destra)
* Al netto della Regione Liguria
**L’indice di copertura rappresenta il rapporto tra lo stock dei presi in carico e dei registrati al tempo t.
Venendo alla composizione dei giovani “presi in carico”, si osserva un effetto di selezione che privilegia quelli maggiormente istruiti: la quota di giovani con scolarizzazione medio-alta supera il 78 % del totale dei sottoscrittori di un Patto di Servizio (56,7 % con diploma, 21,6 % con titolo universitario). Il 20,6 % possiede una licenza media, mentre l’1,1 % ha completato il solo percorso primario.
L’alta scolarizzazione e la presenza di una forte componente di ragazzi residenti nelle regioni del Nord Italia fa sì che il bacino dei soggetti sinora presi in carico si caratterizzi per un livello di profilazione (ovvero un indice di difficoltà di collocamento) mediamente basso: il 71 % dei soggetti è stato classificato nella fascia a basso o medio-basso livello di rischio, mentre solamente il 7,5 % dei ragazzi presenta caratteristiche tali da essere collocato nella fascia ad alta criticità.
Questa situazione rappresenta sicuramente una criticità per il programma, sotto un duplice punto di vista. In primo luogo essa evidenzia un effetto di selezione che, forse più di quanto non ci si sarebbe attesi, lascia fuori dal programma i giovani con maggiori difficoltà di adattamento e di ingresso nel mercato del lavoro, chiamando quindi le amministrazioni ad uno sforzo di coinvolgimento delle fasce di utenza più svantaggiate. Dall’altro lato la distribuzione osservata finisce per incidere sulla convenienza degli operatori (pubblici e privati) a collocare i giovani, nonché su quella dei datori di lavoro ad assumerli. È pertanto indispensabile che nei prossimi mesi si provveda ad una correzione della metodologia.
5.2 – Attuazione delle misure
L’attuazione del programma sta procedendo, come era prevedibile, con velocità differenti nelle diverse regioni. In tutti i casi, però, va sottolineato che tutte le misure finalizzate a dare uno sbocco effettivo ai giovani necessitavano di una fase di attuazione amministrativa da effettuare a livello regionale o nazionale.
Ha avuto attuazione a livello nazionale sia la misura del Bonus occupazionale, sia quella del servizio civile nazionale. Nel primo caso la misura è stata resa operativa con la pubblicazione da parte dell’INPS della circolare attuativa del 03/10/2014 e con la conseguente disponibilità del modulo telematico. Nel secondo caso (che riguarda le regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria), si è conclusa la valutazione degli interventi proposti per un totale di progetti positivamente valutati pari a 1.057, ed è stato emanato (con scadenza 15/12/2014) un bando per la selezione di 5.504 volontari da impiegare in progetti di Servizio Civile Nazionale nelle Regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria.
Le altre misure necessitano invece di una attuazione regionale.
Per i servizi di accoglienza, presa in carico e orientamento, in molte regioni si è trattato di decidere se effettuare tale attività con i soli centri per l’impiego o con le strutture già accreditate, ovvero se attivare una fase di accreditamento ad hoc delle strutture private, coinvolgendole nella strategia sin dal primo contatto con l’utenza. Molte sono le regioni che hanno pubblicato avvisi finalizzati ad identificare ed accreditare le strutture che svolgano le attività di orientamento specialistico di II livello. È il caso delle regioni Lazio, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania e della Provincia autonoma di Trento.
Analoga la situazione per i servizi di accompagnamento al lavoro, ossia l’attività di vero e proprio job matching, che viene remunerata unicamente al raggiungimento del risultato ovvero al collocamento del giovane con diverse tipologie contrattuali. Gran parte delle Regioni si sono attivate nell’emanazione di avvisi aperti a soggetti pubblici e privati per sostenere il giovane nelle fase di avvio ed ingresso alle esperienze di lavoro. È il caso delle regioni Umbria, Lombardia, Veneto, Liguria, Lazio, Puglia, Campania, Sardegna, nonché della Provincia autonoma di Trento.
Con riferimento alla formazione, diverse Regioni hanno attivato la misura finalizzandola al reinserimento dei giovani drop-out 15-18 anni in percorsi di istruzione e formazione professionale allo scopo di consolidare le conoscenze di base e favorire il successivo inserimento nel mondo del lavoro (Toscana, Umbria, Marche, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria). Altre regioni hanno privilegiato la formazione dei giovani 19-29 anni mirata all’inserimento lavorativo sulla base della analisi degli obiettivi di crescita professionale e delle potenzialità del giovane rilevate nell’ambito della azioni di orientamento (Umbria, Veneto, Liguria, Puglia, Lombardia, PA Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Sardegna).
Per l’attivazione dei percorsi di apprendistato sono stati pubblicati avvisi da parte della PA di Trento, e delle Regioni Marche, Lombardia ed Emilia Romagna, mentre altre regioni (come Abruzzo e Piemonte) hanno attivato la misura attraverso l’utilizzo di altre risorse, esterne al Programma Nazionale, ma pur sempre nell’ambito della strategia complessiva (Piano di Azione e Coesione e Programmi Operativi FSE).
Molto rilevante, dal punto di vista della strategia, è l’attività relativa ai tirocini, per la quale la quasi totalità delle Regioni ha già pubblicato avvisi finalizzati alla selezione dei datori di lavoro ospitanti e degli enti promotori. In questo caso l’attuazione è resa più agevole da una convenzione (stipulata da tutte le Regioni, con la sola eccezione della regione Lombardia), per affidare il pagamento delle indennità all’INPS.
Per il servizio civile regionale (che riguarda le regioni Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento, nonché Campania e Puglia, che pure sfruttano la partecipazione al servizio civile nazionale) le regioni più avanti nell’attuazione sono l’Emilia Romagna (che ha concluso l’iter di selezione dei progetti) e le Regioni Marche e Lombardia (che hanno pubblicato l’avviso per la presentazione dei progetti).
Sul fronte del sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità, Emilia Romagna, Liguria e Campania hanno già emanato avvisi per l’accesso agli incentivi non a fondo perduto finalizzato alla creazione d’impresa. Al contempo è in fase di definizione la creazione di un fondo rotativo nazionale presso il Ministero del Lavoro.
Più a rilento le attività sul fronte degli incentivi alla Mobilità territoriale, per la quale solo Veneto, Liguria e Puglia hanno emanato avvisi.
6 – Conclusioni
Pur con le molte difficoltà legate al complesso e faticosissimo processo decisionale, il Piano per l’attuazione della Garanzia Giovani ed il connesso Programma Operativo Nazionale costituiscono un rilevante sforzo teorico, finalizzato a rendere possibile l’attuazione delle raccomandazioni comunitarie.
Si tratta di elementi fortemente innovativi, forse non sufficienti a fare in modo che la Garanzia Giovani sia immediatamente realtà anche nel nostro Paese, ma probabilmente in grado di imprimere una formidabile spinta alla sinergia tra servizi pubblici ed operatori privati (molte sono le regioni che sulla scia di questo processo stanno regolando la materia dell’accreditamento degli operatori privati o emettendo bandi di selezione ad hoc), una pressione sulla efficienza delle strutture e sull’orientamento al servizio, un incremento della capacità dell’amministrazione centrale di guidare, monitorare ed eventualmente correggere i processi.
Si tratta, in altri termini, non solo di un processo a sé stante, ma soprattutto della possibilità di dare nuovo impulso al settore dei servizi per l’impiego e delle politiche attive in generale, proprio alla vigilia di possibili importanti cambiamenti organizzativi: il ddl per la riforma del mercato del lavoro presentato dal Governo (AS 1428) prevede infatti, per la gestione integrata delle politiche attive e passive del lavoro, la creazione di una agenzia nazionale per l’occupazione, che assorba i centri per l’impiego e quella parte dell’Inps che gestisce l’ASpI. La Garanzia Giovani diventa, in quest’ottica, una premessa per sperimentare un nuovo approccio coordinato a livello nazionale, che può diventare la prova generale della futura Agenzia Nazionale.
Quanto ai primi risultati del programma, si evidenzia in primo luogo un rinnovato interesse e un incremento di fiducia nella capacità delle istituzioni pubbliche di fornire servizi di politica attiva del lavoro e di dare un contributo alla ricerca di una occupazione o almeno di una esperienza di lavoro ed in secondo luogo l’assoluta novità di un monitoraggio continuo e di una trasparenza senza precedenti nella diffusione dei dati. Quanto alla effettiva capacità di fornire tali servizi, non ci si può attendere che una rivoluzione avvenga nello spazio di pochi mesi: la effettiva attuazione della strategia necessitava di atti di attuazione che stanno per arrivare a compimento per tutte le misure programmate; ma soprattutto ci si aspetta che questa inneschi un vero cambio di prospettiva per la quale servono tempi più lunghi, impiego di risorse più continuo, un costante monitoraggio e una continua attenzione ai risultati.