Dice Renzi che i sindacati hanno pensato solo alle battaglie ideologiche, non alle persone. Cosa ne pensa?
“Forse è un po’ esagerato, però… Effettivamente, negli ultimi vent’anni, il sindacalismo si è monumentalizzato. C’è molta retorica. Essendo in crisi, ha accentuato i discorsi sui grandi valori e sui princìpi, senza guardare agli effetti pratici della tutela”.
Dice Renzi che con questo atteggiamento ha contribuito ad aumentare il precariato. Ha ragione?
“Secondo me no. Il precariato è un problema straordinariamente diffuso in tutto il pianeta. Ha altre origini. Il sindacato non ha aumentato i precari, ma li ha abbandonati al loro destino. Non se ne è mai occupato. Questo è sicuro”.
Qual è lo scenario?
“Ci sono due mercati del lavoro. Di cui il secondo, quello flessibile, è molto presente ovunque, tranne che nei paesi scandinavi. Il secondo mondo è senza tutele. Ma la specialità italiana è di avere, accanto al lavoro flessibile, un grande fenomeno di lavoro nero. Il terzo mondo. Ma questo non è un problema che si può attribuire al sindacato”.
Quella sull’articolo 18 è una battaglia ideologica o concreta?
“Del tutto ideologica. Da entrambi i punti di vista, secondo me. Perché il problema del reintegro dei licenziati è veramente residuale. Perché sostenere che togliere l’articolo 18 aumenti l’occupazione è un azzardo”.
Quindi?
“Tanto vale superare l’articolo 18 in una logica di semplificazione, ma con un patto: impegnarci a misurare i risultati concreti dopo tre anni. Togliamolo e andiamo a vedere”.
Cosa produrrà lo scontro in atto?
“Una grande perdita di tempo. Ma credo che sia largamente attribuibile ai nostalgici. A chi fa della proclamazione dei valori una propria rendita”.
Solo l’enunciazione rende?
“Eh certo: siamo in un grande agorà in cui si parla, non si agisce. C’è un ceto politico in declino che teme di perdere il proprio target”
(*) da “La Stampa” del 20.09.2014