I dati Istat sull’immigrazione non comunitaria in Italia pubblicati ieri potrebbero aiutarci a superare ansie e strumentalizzazioni che da tempo intossicano parte dell’opinione pubblica del nostro Paese. La prima notizia rasserenante è che non c’è alcuna «invasione» in atto. Lo scriviamo e documentiamo da tempo.
Ora c’è la conferma: gli extracomunitari regolari in Italia sono 3,7 milioni, cifra tutto sommato stabile da tempo. I permessi di soggiorno sono in calo del 5% (in tutto sono stati 227 mila nel 2016), quelli per lavoro sono crollati del 41% mentre sono in rapida crescita quelli umanitari, anche se restano sotto quota 80 mila. Ma il dato che ovviamente fa discutere è quello sulla cittadinanza, visto l’infuocato dibattito preelettorale che ha bloccato al Senato la legge che vorrebbe riformare una normativa ferma al 1992 introducendo lo ius soli temperato e lo ius culturae.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, infatti, sono diventati italiani oltre mezzo milione di non comunitari tra il 2012 e il 2016. Le domande accolte sono in forte aumento, i neocittadini nel 2016 erano 185 mila contro i nemmeno 50.000 del 2011. Secondo Eurostat, oggi il Paese europeo che concede annualmente il più alto numero di cittadinanze agli immigrati è il nostro. Dietro, a distanza, troviamo nell’ordine il Regno Unito (118 mila) la Francia (113 mila) e la Germania (110 mila). Facile concludere che la riforma sia inutile. Ovviamente ciascuno pensa ciò che vuole, ma due elementi fanno riflettere.
Primo, le due etnie principali cui appartengono i nuovi italiani sono albanesi e marocchini che insieme coprono oltre il 39%. Secondo, l’incremento ha riguardato soprattutto gli under 20, il 40%. Cosa vuol dire? Che stiamo assistendo a una profonda stabilizzazione dell’ondata migratoria per motivi di lavoro che portò nel nostro Paese decine di migliaia di albanesi e maghrebini a seguito anche di accordi internazionali reciproci. Assistiamo cioè alla scelta di integrazione definitiva dei figli dei migranti nati qui negli anni 90, proprio gli anni in cui venne votata la legge in vigore che risale, ripetiamolo, al 1992. Ma probabilmente questa ondata è destinata a calare.
L’Istat stessa registra infatti una flessione dell’incidenza dei minori sul totale delle presenze in Italia: dal 24,2% del primo gennaio 2016 al 21,9% del primo gennaio 2017 ed è una diminuzione da seguire. I dati poi non tengono conto di quante domande siano state respinte o giacciano da anni in attesa di risposta a causa di impacci, lentezze e disguidi burocratici non così rari quando si ha a che fare con uffici anagrafe di altri emisferi.
La legge attuale ha funzionato per molti, non per tutti. Lo abbiamo raccontato questa estate con decine di storie di italiani senza cittadinanza bene integrati e che nessuno censisce. Vi sono famiglie dove la cittadinanza è distribuita a macchia di leopardo. Eppure questi italiani ‘sospesi’ sono un patrimonio che resta nel limbo anziché venire valorizzato nell’interesse collettivo. Le cifre europee aprono una finestra interessante sul futuro, su quanto accadrà se passasse la riforma. Non arriverà nessuna ‘orda’ di immigrati come prevedono certi accaniti profeti di sventura. E confermano che la proposta di riforma italiana cammina nella direzione giusta.
Tutti e tre i Paesi nostri partner hanno infatti da tempo una legge sulla cittadinanza orientata allo ius soli o che comprenda anche il diritto di sangue così da bilanciarne i princìpi. Nel caso della legge all’esame del Parlamento italiano l’equilibrio è rafforzato saggiamente dallo ius culturae, ovvero gli anni passati sui banchi di scuola con gli insegnanti e i compagni italiani. Infine una nota che non viene dall’Istat, ma dalla Fondazione Ismu e dovrebbe tranquillizzare chi percepisce una maggioranza di immigrati islamici in Italia (e in Europa). I dati diffusi ieri dicono che sugli oltre 5 milioni di stranieri residenti in Italia a inizio 2017, i cristiani risultano in maggioranza. Sono il 56% del totale degli immigrati stranieri residenti in Italia, mentre i musulmani sono poco più del 29%. I numeri possono servire a scacciare la paura. Sempre che si voglia leggerli senza paraocchi o pregiudizi.
*pubblicato su Avvenire 11 ottobre 2017