Gentili senatori, scrivo per chiedervi, nella vostra qualità di membri rappresentativi dei partiti di centro sinistra in Commissione Giustizia del Senato, di prestare ascolto alle ragioni che portano me, femminista e da una vita nelle fila della sinistra, e con me molte altre donne, a temere l’approvazione della legge Zan nella sua forma attuale.
Come è ovvio, condivido i principi e le preoccupazioni che hanno spinto a estendere le tutele previste dalla legge Mancino alle persone omosessuali e transessuali per difenderne, contro ogni discriminazione e violenza, la libertà e dignità; il mio sostegno a tali finalità è totale.
Ma la sua presente formulazione è fonte di confusione, di conflitti e di rischi perché mescola in un elenco improprio soggetti e istanze molto diversi: dagli orientamenti sessuali alla disabilità, dal sesso (ovvero le donne, cioè la metà dell’umanità ridotta a minoranza), all’identità di genere (ovvero la legittimazione della sola volontà soggettiva a fondamento dell’identità sessuale).
Questi due ultimi aspetti in particolare hanno bisogno di essere discussi, approfonditi e chiariti nelle loro implicazioni, cosa che viene accuratamente evitata. Nel dibattito pubblico si tende a una semplificazione inaccettabile: da una parte ci sarebbe la cultura del progresso civile e dei diritti, dall’altra la sua negazione; da una parte, la sinistra e dall’altra la destra omofobica e bigotta. Non è così, anche una posizione come la mia (che vi assicuro non è numericamente trascurabile) deve avere ascolto nell’ area del centro sinistra che ambisce a governare l’Italia.
Per venire ai punti critici, le donne ci hanno messo decine e decine di anni, impegnandosi in lotte molto dure, per essere riconosciute come la metà dell’umanità e non considerate un’appendice inferiore dell’Uomo.
Nel testo della legge Zan, con un balzo all’indietro, vengono di nuovo ricondotte a uno dei tanti gruppi e sottogruppi che costellano la variamente svantaggiata umanità. Non solo, ma con l’uso del termine “identità di genere” si dà alle donne un altro colpo e non da poco. Con questa espressione si intende affermare e legittimare che l’attribuzione dell’identità sessuale di una persona (uomo/donna) si fonda sulla semplice manifestazione della sua volontà soggettiva, indipendentemente dal suo sesso. Per essere chiara: un uomo, con il suo integro apparato genitale, basta che dichiari la sua volontà di essere donna per ottenere tale riconoscimento e viceversa.
Le conseguenze sono davvero paradossali. Uomini transgender possono esigere di usufruire delle pari opportunità, di partecipare alle competizioni femminili, di accedere a luoghi e spazi riservati alle donne. Inoltre, in base al dettato della legge Zan, chiunque rivendicasse la differenza tra una donna di sesso femminile e una donna di gender femminile potrebbe essere accusato di omotransfobia, come accade già nei paesi in cui sono in vigore norme simili. Le cronache ne sono piene.
Da parte dei sostenitori della legge si dice che già nel nostro ordinamento è presente la dicitura “identità di genere”. Non è così. Nelle leggi (1982 e 1985) e nelle sentenze della Corte (2015 e 2017) il transessualismo nelle sue diverse manifestazioni è sempre in rapporto al concetto di identità sessuale e di diritto all’identità sessuale. C’è la possibilità di ottenere la modifica dei documenti senza un intervento chirurgico purché “ilpassaggio sia serio e univoco, si esprima in una «oggettiva transizione dell’identità di genere» (sent. 180/2017, ma già 221/2015). Secondo la nostra cultura costituzionale, la nozione di identità di genere presuppone quella di sesso e di identità sessuale.
Quanto alla Convenzione di Istanbul, evocata a sostegno delle formulazioni del ddl, basterebbe rileggere l’art. 3 con le sue precise definizioni per rendersi conto che non c’entra nulla con la materia trattata nel disegno di legge.
Sono state avanzate da varie parti proposte di modifiche alla legge che, lasciando intatto il disegno di tutelare persone omosessuali e transessuali da discriminazioni e violenze, ne eliminino gli aspetti più controversi e conflittuali. Vi prego di volerle prendere in considerazione, appena la legge tornerà a essere discussa in commissione.
I miei più cordiali saluti, Francesca Izzo
*Lettera aperta ai senatori Mirabelli (Pd), Cucca(Iv) e Grasso(LeU), pubblicata sull’Huffington Post il 15 aprile 2021
**docente universitaria, già parlamentare italiana