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Una partita aperta, a rischio di perderla in casa

Il PNRR è la ciambella di salvataggio per non correre il rischio di un nuovo ciclo recessivo. Non ci facciamo abbacinare dai dati della produzione e dell’occupazione. Sono buoni, ma fragili. Guardano al passato, più che al futuro. La domanda interna non dà le stesse soddisfazioni di quella estera. Ciò è dovuto soprattutto per i bassi salari che caratterizzano vecchia e nuova occupazione. Ma anche la congiuntura mondiale – sulla quale dominano la guerra in Ucraina e l’inflazione che non pare domabile facilmente – è carica di incertezze. In questo contesto, l’Italia deve fronteggiare contemporaneamente tre questioni: il giudizio delle agenzie di rating sempre in agguato, la lente d’ingrandimento della Commissione Europea sui conti pubblici, le decisioni della BCE, per ora orientate a tenere alti i tassi d’interesse. 

Senza entrare nel merito di ciascuna di esse, è più che evidente che l’Italia è una osservata speciale, non tanto per il tipo di maggioranza parlamentare e di Governo che è in carica, quanto per i comportamenti che si adottano, specie ora che la pandemia è data per superata e con essa le parole d’ordine economico e sociale che   governarono la fase acuta della sua diffusione. 

Tutti ricordiamo la frase di Draghi Presidente della BCE, “whatever it takes” con la quale inaugurò gli acquisti di debito degli Stati dell’Unione e dell’Italia in particolare, all’inizio del Covid e quella che coniò successivamente da Presidente del Consiglio dei Ministri italiano: “in questo momento i soldi si danno, non si prendono”. Quella fase non è finita con l’uscita di scena di Draghi. La Meloni l’ha proseguita, ma prosciugando le disponibilità residue della precedente gestione e incominciando a fare “scostamenti di bilancio”, incominciando a intaccare, al ribasso, il welfare. Anche per questo Governo è giunta l’ora di fare scelte più strategiche. 

Può uscirne indenne se gli investimenti previsti dal PNRR sono realizzati nei tempi concordati con Bruxelles e soprattutto nel rispetto degli obiettivi che tutta l’Europa si è data con il Next Generation EU di cui è figlio legittimo. Avendo natura aggiuntiva al bilancio dello Stato, può diventare non solo un supporto all’innovazione ecologica e digitale del sistema produttivo, ma un sostegno alla domanda interna, se quella estera non dovesse viaggiare alla velocità che ha avuto in questi due ultimi anni.

La scommessa quindi è grossa. Non si capisce perché c’è chi, anche nel Governo, sostiene che è meglio rinunciare subito ad una quota del prestito assegnatoci, se la tabella di marcia di alcuni progetti non assicura che si sta nei tempi stabiliti. Dicono: risparmiamoci di pagare interessi su quattrini che non utilizzeremo. Una assurdità, da ragionieri senza voglia di pensare in grande.

Altri, soprattutto nel Governo, sono per una modulazione dei progetti, puntando il dito contro i Comuni. Sono indiziati di perdere o prendere tempo, oltre che di avere spesso riesumato vecchie proposte. L’accusa è accompagnata da una unica e chiara intenzione: accentrare risorse e destinarle ad altri obiettivi. Un cambiamento di impostazione rispetto al Governo Draghi, che non solo aveva favorito un giusto equilibrio tra grandi opere nazionali e interventi locali, ma aveva avviato la costituzione di una squadra di esperti per aiutare gli enti locali  qualora fossero stati sprovvisti di adeguate competenze professionali. 

Il Governo Meloni ha considerato superata l’assistenza tecnica e punta su un più accentuato dirigismo. Un vero e proprio esproprio di responsabilità, un impoverimento di partecipazione, senza indicare in quale direzione andrebbero le risorse così recuperate. Si parla genericamente di coinvolgimento dei grandi gruppi produttivi pubblici e privati, considerati attori più affidabili. Questi non sono rimasti assenti nella ripartizione delle risorse e quasi sempre in sintonia con le linee guida che l’Europa ha indicato e che sono state fatte proprie dal PNRR.

Rispetto a questa svolta, due sono le considerazioni che emergono. La prima è che l’ANCI ha reagito duramente, con cifre e titoli che in parte contestano l’attacco governativo. La Corte dei Conti ha confermato che la situazione non è così disastrosa, come l’ha fatto credere il Ministro Fitto.  Anzi, l’ANCI rimarca che non tutti i comuni sono in grado di anticipare i costi delle iniziative e che lo Stato non ha ancora accolto la loro proposta di costituire un Fondo rotativo per sostenere chi è in difficoltà. Si stanno affilando le armi, per uno scontro istituzionale evitabile e che non conviene a nessuno.

Un Governo senza pregiudizi dovrebbe scegliere di dare un tempo massimo per l’inizio dei lavori, compatibile con gli impegni presi con Bruxelles, per poi ritirare l’assegnazione delle risorse. Oppure dovrebbe assicurare un sostegno operativo per accelerare gli iter progettuali e burocratici. Ovvero dovrebbe richiedere una diversa destinazione delle risorse, sempre nello stesso territorio e nei settori prioritari del PNRR, come più asili nido o comunità energetiche o presidi territoriali sanitari. Investimenti vitali, poco costosi e coerenti.

L’atteggiamento allarmistico sui tempi attuativi fa pensare, invece, a un disegno alternativo da privilegiare. Forse per favorire progetti rimasti fuori elenco o accontentare quei gruppi produttivi che sono rimasti a bocca asciutta o insoddisfatti per la razione finora avuta e che, anche con qualche forzatura, possono rientrare nelle linee guida. Ebbene, se risorse ci saranno da riusare, ricorrendo al coinvolgimento di aziende private o pubbliche, invalicabile dovrebbero essere la loro destinazione a investimenti compatibili con gli obiettivi del PNRR e il necessario consenso dei territori coinvolti.

La partita non è ancora incominciata. Ma essa è decisiva per il futuro ruolo italiano negli assetti mondiali che si stanno delineando. Prima ancora di chiamare l’opposizione a discutere di riforme istituzionali, di cui si sa di certo quando si parte ma non quando e come si arriva, forse il Governo dovrebbe sentire e far sentire a tutti la responsabilità di un impegno per una piena, rigorosa e condivisa attuazione del PNRR. In ogni caso, un monitoraggio trasparente e puntuale dell’evolversi di questa opportunità irripetibile dovrebbe essere esercitato dalle forze sociali e dai partiti di opposizione, allo scopo di offrire agli italiani elementi di valutazione, circa il loro destino.  

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