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Una piaga difficile da curare ma non impossibile

La sede di Nuovi lavori è in una traversa di via Veneto a Roma. Pochi passi e si raggiunge la targa dedicata al grande Fellini che rese famosa nel mondo questa via con “La dolce vita”.  Oggi è una desolazione. Sia di giorno che di notte. Interi stabili chiusi, caffè famosi sbarrati. Motivo: corruzione e malavita organizzata. Il turismo godereccio e sbracato ha preso a frequentare altre strade e luoghi, l’affarismo piccolo e grande si tiene alla larga sia perché sono andate via o sono scomparse grosse istituzioni come l’IRI e la BNL, sia perchè, più banalmente, a Roma di affari se ne fanno sempre meno.

La corruzione in Italia produce cambiamenti ben più consistenti che il destino di una strada. Allontana investimenti sia nostrani che esteri, rovina famiglie, comunità e territori, complica le cose semplici (provate a pagare in contanti le tasse in una banca dove non siete correntista: sarete obbligati a rifare tutte le procedure antiriciclaggio), tiene in costante scacco la politica, quella con la P maiuscola. Dai tempi di “mani pulite”, si sono sommati tanti interventi legislativi e giudiziari nell’intento di scoraggiare se non sconfiggere l’agire truffaldino, ma la questione è rimasta sempre aperta.

Corruttori e corrotti si sono riprodotti senza soluzione di continuità. E in questi giorni, Raffaele Cantone – primo Presidente dell’ANAC, agenzia voluta dal Governo Renzi – lascia l’incarico soddisfatto del lavoro compiuto in questi pochi anni, ma con il rammarico esplicito di vedere lo “sbocca cantieri” approvato dal Parlamento contro le sue raccomandazioni, gli allarmi degli imprenditori del settore edilizio e uno sciopero compatto dei lavoratori edili organizzato da CGIL, CISL e UIL.

Le ragioni della ferrea resistenza all’offensiva della legalità sono tante e sempre più complesse.  Ma almeno tre trovano in fattori strutturali il loro brodo di coltura. E fino a quando non verranno rimossi con tenacia e serietà, saranno alimento permanente della riproduzione del fenomeno. La legalità, infatti, non è un valore in sé, offerto ad una comunità in modo gratuito, scontato, indiscusso. E’ piuttosto una continua conquista da ottenere su più fronti.

Il primo è squisitamente culturale. La nostra è una democrazia ancora fragile, piegabile alla logica del più forte. La corruzione, prima ancora di essere “fisica”(i soldi, il potere, l’immobile, il posto di lavoro) è “mentale”, si accomoda nella testa delle persone. Se no, non si spiega che un questore fa togliere un manifesto appeso ad un balcone con scritto sopra “Siamo umani” perché “disturba il decoro pubblico”, cioè Salvini che fa un comizio. Il servilismo è una forma di corruzione dell’anima e del cervello che si può moltiplicare a dismisura se la democrazia non è piantata su radici culturali solide. Tutti dovrebbero impegnarsi perché, a partire dalla scuola, si sviluppi una forte identità democratica, il rispetto verso il prossimo, la difesa della propria dignità.

Il secondo motivo va individuato nell’assenza di opportunità di lavoro per tutti. Se fossimo in una situazione di piena occupazione, sarebbe meno pressante il ricorso alla raccomandazione, all’imbroglio nei concorsi pubblici, all’accaparramento degli appalti, all’evasione fiscale, alla ricerca della protezione malavitosa. Soprattutto verso i giovani, darsi come obiettivo quello di metterli nelle condizioni di faticare piuttosto che assisterli, significa alimentare la loro voglia di far prevalere il merito, la competenza, il sapere e il saper fare. Tutte qualità che di questi tempi sono svilite dalla scarsità delle occasioni – finanche in “nero” – a loro offerte. E chi non si piega ai percorsi illeciti, preferisce andarsene all’estero. Come fare a svoltare e chi deve darsi da fare per svoltare è un altro discorso. Ma la consapevolezza di questa esigenza già sarebbe un passo in avanti verso il risultato finale. 

Il terzo motivo è quello più duro ma decisivo. Sconfiggere la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, la sacra corona e tutte le forme di criminalità organizzata che mettono radici nella nostra società. Non illudiamoci, se non si fa terra bruciata a questi “stati” nello Stato, non si allenta la pressione della corruzione sul sistema economico, sulla politica e sulle   persone. È impressionante come la questione “Mafia” sparisca sistematicamente dall’agenda di governo, dall’attenzione della stampa, dalla stessa sensibilità dell’opinione pubblica. In assenza di fatti di sangue o di produzioni televisive di grido, il dossier è derubricato a questione tecnica, priva di attenzione culturale, politica, mediatica. Invece, l’azione repressiva avrebbe bisogno di un’Europa più compatta, di una giustizia più efficiente, di norme più aggiornate, di burocrazia più moderna, di personale specializzato, ben remunerato e motivato. Ciascuno di questi temi necessita di tempo per produrre i risultati attesi. Dovrebbe ricadere tra i cosidetti “investimenti pazienti” il cui dividendo lo si stacca nel medio periodo.   Infine, ha anche bisogno di un’azione coordinata e che proceda con lo stesso passo.

Sarebbe sbagliato sostenere che non si è fatto niente, ma non come la gravità del problema imporrebbe. E soprattutto non si è avuto la stessa andatura nei   comportamenti concreti. Una piaga è difficile da curare, ma non impossibile. Specie se ci si impegna a rimuovere gli ostacoli sistemici che le consentono di riprodursi nel tempo. Anche le coscienze individuali se ne gioverebbero, perché non va dimenticato, per usare le parole di Papa Francesco, che “La corruzione è vivere per sé stessi. Ma è così brutta che finisce per non lasciarti vivere per te stesso, ma per farti vivere “per le tasche”: ti attacca ai soldi. È una cosa brutta. La corruzione del cuore, la corruzione taglia tutti gli ideali” (incontro con i giovani delle Missioni Don Bosco del 19/9/2018).

 

 

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