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Una proposta alternativa all’irricevibilita’

La questione dell’abrogazione dell’art. 18 tiene banco; spacca il Pd, contrappone la sua segreteria alla CGIL, mette in bilico il Governo Renzi. 

Nella contrapposizione si parla dell’atto in sé e non del suo vero valore e del modo migliore di rispettarlo, nel senso che tutto si concentra sulla sanzione che quell’articolo prevede, in caso di licenziamento individuale senza giusta causa, acclarato come tale da un giudice, della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro da cui è stato illegalmente espulso.

Poco conta che i verdetti di reintegrazione siano statisticamente irrilevanti, conta ancora meno che, una volta pronunciati, normalmente siano seguiti da transazioni che implementano il risarcimento economico. Vero è che a un’azione considerata illecita in giudizio deve seguire una sanzione esemplare. E’ qui che sta il valore e dovremmo porci qualche domanda. L’esemplarità è unicamente riconducibile all’obbligo di rimettere il lavoratore espulso nella posizione perduta o se ne può immaginare una diversa? La perdita di un posto di lavoro può essere barattata con un risarcimento economico?

All’ultima domanda si deve rispondere di no, perché un assegno, per altro mai particolarmente consistente, non è mai tale da consentire a una persona di risolvere i suoi problemi esistenziali per lungo tempo. Inoltre, mettersi alla ricerca di una nuova occupazione, caso mai avendo già sulle spalle il peso degli anni, non è mai facile e ancora più lo è di questi tempi.

Alla prima domanda la risposta è, invece, più articolata. E’ evidente che il reintegro sia la soluzione più lineare, ma non è affattoscontato che sia la più tranquilla, perché l’illecito licenziamento si verifica sempre e comunque per il venir meno del rapporto di collaborazione e fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, talché il primo resisterà all’esecuzione della sentenza anche a costo di dover sostenere costi elevati; d’altro canto, se la rispetterà, troverà mille modi per rendere la vita difficile al lavoratore reintegrato, dando seguito ad altri contenziosi giudiziari.

A fronte di una situazione, che crea in ogni caso disagi alle due parti in causa, non si capisce perché mai non si possa prevedere un risarcimento economico significativo e contemporaneamente l’accollo al datore di lavoro condannato dei costi di un’attività, affidata ad un Operatore qualificato, di orientamento, riqualificazione e alla fine ricollocazione del lavoratore interessato, sulla base di un percorso strutturato nei tempi, nei modi, nelle responsabilità.

L’abrogazione di un articolo del vecchio e nobile Statuto dei lavoratori sarebbe di sicuro un indebolimento delle tutele che il nostro sistema giuslavoristico ha assicurato ai lavoratori, se si risolvesse con il ristoro di quello che un tempo si chiamava il piatto di lenticchie. Se, invece, a un comportamento illecito si rispondesse prendendo atto dell’incompatibilità tra i contendenti, ma penalizzando il più forte dei due, che è indiscutibilmente il datore di lavoro, con la sanzione dell’addebito dei costi del riavviamento al lavoro del più debole, quest’ultimo avrebbe il vantaggio di non dover subire un’azione ingiusta, con effetti rilevanti sulle sue condizioni di vita, e sarebbe concretamente sostenuto nella riorganizzazione della sua esistenza.

La novità della delega sul lavoro, il cosiddetto Jobs act, consiste nell’inserire l’abrogazione del fatidico art. 18 nel contesto di una riforma effettiva del welfare, in cui l’asse portante è la sua universalità, tutta centrata su un mix di sostegni economici e politiche attive di riqualificazione, responsabilizzazione e accompagnamento alla ricollocazione. In questa scelta strategica si colloca anche un auspicabile nuovo schema di risarcimento del lavoratore che ha subito un torto; una soluzione che riprende l’ispirazione del Libro bianco di Marco Biagi, rimasta inapplicata nel Decreto legislativo del 2003 e nelle ben cinque riforme del mercato del lavoro che si sono susseguite. Un nuovo schema tutto da costruire, ma che non si può liquidare con l’etichetta dell’irricevibilità.

 

 (*) Presidente Quanta

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