Da molti anni sosteniamo l’assoluta necessità di varare un piano nazionale per la prevenzione degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, supportato da risorse adeguate e non ci sono ricette segrete: informazione, formazione e controlli sono i capisaldi della sicurezza e ce lo insegnano le modalità degli infortuni che sono sempre le stesse.
Certamente occorrono investimenti per la ricerca e il rinnovamento delle macchine e degli ambienti di lavoro, ma tutto deve partire dalla ferma convinzione anche da parte di imprenditori, artigiani e lavoratori e solo un’azione sinergica può portare dei risultati in termini di arresto del fenomeno.
Dall’incontro avuto alcuni giorni fa con il Ministro Orlando siamo usciti fiduciosi della sua volontà a guardare ai problemi piuttosto che pensare a metodi palliativi che nascono sull’onda emotiva: quando ci fu l’incidente alla Tyssenkrupp nel 2007, per alcuni mesi l’attenzione generale sembrava aver dato la spinta giusta per segnare una svolta. E invece, lo stesso decreto 81/2008 la cui firma arrivò proprio per la spinta emotiva sociale generata da quella tragedia, vede ancora oggi, a distanza di oltre 13 anni, la sua attuazione incompleta poiché circa una ventina di decreti attuativi non hanno mai visto la luce.
Anche allora si mossero raccolte fondi per le famiglie dei lavoratori deceduti nel rogo, ma la verità è che sul lavoro si muore ogni giorno e tutti i familiari delle vittime meritano analogo rispetto e sensibilità, ed avrebbero diritto a risarcimenti più adeguati perché quelli normati, quando previsti, sono davvero inadeguati.
Il ruolo dei sindacanti nelle aziende è fondamentale perché gli infortuni sono sempre prevedibili ed evitabili, anzi il loro impegno dovrebbe essere valorizzato nell’interesse di tutti, anche della stessa impresa che, in caso di infortuni, ci rimette direttamente.
Ma all’indomani di queste tragedie quotidiane nulla riprende come prima per le vittime e per le famiglie che si ritrovano sole, senza un sostegno psicologico neppure per i figli minori, che alla maggiore età vedono addirittura perdere il diritto a qualunque risarcimento, per non parlare di quei genitori che, per il solo fatto di non risultare a carico di figli che vivevano con loro, in base alla normativa che regola la tutela delle vittime del lavoro e risale al 1965, non vedono riconoscersi la titolarità di alcun diritto, come se da quelle morti non ne avessero avuto alcun danno morale.
Per questo chiediamo con forza, a governo e parlamento, che si metta mano con urgenza all’intero impianto del testo unico infortuni e noi siamo pronti a fare la nostra parte offrendo un supporto concreto.
*Presidente ANMIL