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Uno sguardo sul rapporto tra cinema e immigrazione

Prima di occuparci di cinema conviene richiamare brevemente la situazione dei fenomeni migratori nel nostro paese.

Dall’unità italiana, sono emigrate più di 28 milioni di persone verso moltissimi paesi del mondo. All’inizio del ‘900 emigravano 600.000 persone l’anno, scese a 300.000 dopo la seconda guerra mondiale. A partire dal 1970 gli espatri scendono a 50.000 l’anno, mentre salgono gli stranieri che sono circa 300.000, di cui un terzo cittadini dell’allora Comunità Europea. Gli stranieri in Italia diventano mezzo milione alla fine degli anni ’80.

La crescita degli immigrati porta anche la politica nostrana, con anni di ritardo sull’Europa e sull’ILO, ad occuparsi progressivamente del tema.

E’infatti solo del 1986 la legge 30.12.86 n.943 “Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro la immigrazione clandestina”. Dal mezzo milione di fine ’80 ad oggi, in poco più di venti anni, i cittadini stranieri regolari sono diventati circa 5 milioni;  quelli irregolari sarebbero circa mezzo milione, un 10% dei regolari.

Ancora un dato che non va mai dimenticato: all’Inps ci sono circa 2.700.000 posizioni di lavoratori stranieri, i quali sono pensionati nel numero di 110.000 unità. Questo significa che i lavoratori stranieri stanno pagando, e lo faranno per molti anni, le pensioni degli italiani. 

Anche gran parte del cinema italiano – salvo pochissime significative eccezioni tra cui Pummarò di Michele Placido (1990) e Lamerica di Gianni Amelio (1994) – negli ultimi anni del novecento, non è attenta alle grandi trasformazioni che si vivono nel paese sui temi dell’immigrazione, dell’accoglienza e dell’integrazione di milioni di lavoratori stranieri.

Solo a metà del primo decennio del 2000 si comincerà a considerare l’immigrato come soggetto di storie e di cinema. Nel 2011 si ha un anno straordinario, con quasi 20 pellicole italiane sul tema, di cui due avranno premi speciali alla Mostra del Cinema di Venezia.

Infatti, nelle sale cominciano ad essere proiettate: “storie di arrivi e di speranza, di accoglienza e di rifiuto, di emarginazione e di integrazione, ispirate a vicende reali e all’atteggiamento contraddittorio della società: capace di solidarizzare con lo straniero mentre lo criminalizza con leggi speciali, di inserirlo a pieno titolo nei processi produttivi, mentre lo tiene ai margini della comunità, di restare affascinata dalle diversità di cultura e costumi, mentre li considera pericolosi per la propria conservazione.

Tutto questo si specchia, ovviamente, nei racconti cinematografici, che nella maggior parte dei casi portano alla ribalta gli altri per svelare debolezze, sogni, paure, ipocrisie e anche orrori.

Raro, ma sempre più frequente negli ultimi anni, è invece l’uso della macchina da presa per documentare semplicemente esistenze diverse dalle nostre, che con le nostre hanno a che fare, senza puntare a dimostrare nulla, con il solo sforzo di guardare per conoscere”. (Andrea Corrado e Igor Mariottini)

Negli ultimi anni, l’immigrazione è diventata un tema così rilevante nel cinema italiano, da rappresentarne quasi un capitolo a parte. La maggior parte dei film sull’immigrazione sono realizzati da registi italiani, perché solo nell’ultimo periodo nasce una generazione di cineasti di seconda generazione. E’ il caso dell’esempio di cui parleremo in questa sede, quello di Haider Rashid.

Cominciamo ad esaminare una serie di film di registi italiani che raccontano di immigrazione  e di immigrati in Italia:  

Pummarò    

It. 1990    con la regia di Michele Placido  e con gli attori Thywill A.K. Amenya, Pamela Villoresi, Franco Interlenghi, Jacqueline Williams.

Una storia realistica, che parte da alcuni episodi razzistici avvenuti in Italia alla fine degli anni ’80, racconta l’amore impossibile tra Kwaku, proveniente dal Ghana, ed Eleonora, una maestra di Verona; la ricerca da parte di Kwaku del fratello Giobbe detto Pummarò, raccoglitore di pomodori; la difficoltà di trovare un lavoro dignitoso per un africano. Il protagonista ha preso da poco la laurea in medicina e vorrebbe andare in Canada per specializzarsi. Scoprirà che suo fratello è stato ucciso.

Esordio di Michele Placido nella regia; Placido è stato uno dei primi in Italia ad affrontare il tema dell’immigrazione. Film attento anche ad elencare tutte le varie forme del razzismo quotidiano. Musiche di Lucio Dalla e Mauro Malvasi.

 

Lamerica  

 It.-Fr. 1994     con la regia di Gianni Amelio e con gli attori Enrico Lo Verso, Carmelo Di Mazzarelli, Michele Placido, Piro Milkani, Elida Janushi, Esmeralda Ara.

Un giovane va in Albania con un losco affarista che vuole aprire una fabbrica di calzature con sole finalità speculative. 

Trovano un vecchio albanese come prestanome, che però fugge inseguito dal giovane. Questi, oltre a essere dimenticato dal “socio”, scopre che il vecchio è in realtà un italiano. Intorno a loro un paese allo sbando che campa di stenti e guarda la televisione italiana. Prenderanno infine una nave che li riporterà in Italia.

“In bilico tra epica e intimismo, realismo e metafora, è un film di viaggio a 2 strati: il 1° è sugli albanesi che nel ’91, usciti dagli orrori del comunismo reale e attratti dalla merda televisiva, si precipitano verso l’Italia, illusoria America del paradiso capitalista; il 2°, quello “vero”, è sull’emigrazione italiana del primo dopoguerra. Di solito si raccontano storie di ieri per parlare dell’oggi. Amelio ribalta genialmente lo schema”. (Morandini) 


Quando sei nato non puoi più nasconderti

It.-Fr.-Germ.-GB 2005   regia di Marco Tullio Giordana  con gli attori  Matteo Gadola, Alessio Boni, Michela Cescon, Rodolfo Corsato, Ester Hazan, Vlad Alexandru Toma, Andrea Tidona, Adriana Asti.

Sandro è il figlio dodicenne di un industriale bresciano. La sua esperienza lo mette a contatto con persone provenienti da diversi paesi extracomunitari, ma la sorte gli farà sperimentare direttamente le loro profonde sofferenze. Infatti, durante una vacanza in barca verrà sbalzato in mare, creduto morto dai genitori ma salvato e issato a bordo di una carretta del mare che trasporta clandestini. Qui diventerà amico di due giovani romeni. Ma qualcosa in lui è cambiato.

E’ un film triste sulla immigrazione ma anche sulla solitudine.

Bianco e nero 

It. 2008   con la regia di Cristina Comencini  e con gli attori Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aïssa Maïga, Eriq Ebouaney, Anna Bonaiuto, Franco Branciaroli, Katia Ricciarelli, Maria Teresa Saponangelo.

E’ la storia di due coppie di sposi: il marito della coppia bianca s’innamora ricambiato della moglie della coppia nera. Peccato che la moglie dell’adultero faccia dell’integrazione razziale un lavoro ed una ragione di vita. Gli adulteri sono cacciati dai rispettivi consorti. La Comencini ha fatto un buon film sul razzismo, sull’immigrazione e sull’integrazione da una parte e sul conflitto tra passione e amore coniugale dall’altra. 


Cose dell’altro mondo 

It. 2011    con la regia di Francesco Patierno  e con gli attori  Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea, Valentina Lodovini, Laura Efrikian, Vitaliano Trevisan.

E’ un lavoro ispirato dal film “Un giorno senza messicani”, 2004 di Sergio Arau;  si immagina che in una cittadina veneta scompaiano una notte e d’incanto gli immigrati.  Tutti vanno nel panico: l’industriale legista xenofobo senza operai, gli anziani senza il badante, il prete senza fedeli, la maestra senza l’amante africano, da cui aspetta un figlio.


Il villaggio di cartone

It. 2011  con la regia di Ermanno Olmi  e con gli attori  Michael Lonsdale, Rutger Hauer, Alessandro Haber, Massimo De Francovich.

La chiesa non serve più e viene svuotata di tutti gli arredi sacri, compreso il grande crocifisso sopra l’altare. Restano solo le panche. Il vecchio parroco sembra non sapersi rassegnare. Ma un gruppo di clandestini in cerca di rifugio entra nella chiesa e, con panche e cartoni, vi installa un piccolo villaggio. Il sacerdote vede la sua chiesa riprendere vita e li accoglie e li sfama; mentre dall’esterno gli uomini della Legge vogliono cacciare i clandestini.

Così il parroco dà “un nuovo senso alla sua chiesa vuota e svuotata, una sacralità perduta. Non i riti e le cerimonie fanno la chiesa, ma le opere di bene per i miseri, i derelitti, gli sfortunati”. (Morandini) Si leggono queste parole dalla sceneggiatura: “Stiamo vivendo in un mondo di cartone, e di cartone è fatto il potere, e gli uomini di potere… E il cartone si scioglie come si sta sciogliendo in questi ultimi tempi tutto ciò che sembrava indistruttibile: la finta giustizia, la ricchezza, l’economia”. 

 

Terraferma

It.-Fr. 2011    con la regia di Emanuele Crialese  e con gli attori  Donatella Finocchiaro, Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio, Giuseppe Fiorello, Timnit T.

In un’isola del Mare di Sicilia,  Filippo, un ventenne orfano di padre, vive con la madre e il

nonno, un vecchio e irriducibile pescatore che pratica la legge del mare. Durante una battuta di pesca, salvano dall’annegamento una donna immigrata incinta, in fuga dalla guerra col suo bambino. Sfidando burocrazia, legge e Guardia di Finanza, che li accusano di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, decidono di prendersi cura di loro, almeno fino a quando non avranno la forza di provvedere da soli al loro destino.

Premio speciale della giuria a Venezia 2011. 


Zora la vampira

It. 2000   con la regia di Marco Manetti e Antonio Manetti  e con gli attori Toni Bertorelli, Micaela Ramazzotti, Chef Ragoo, Raffaele Vannoli, G. Max, Ivo Garrani, Carlo Verdone.

In Transilvania, il conte Dracula, stanco del sangue rumeno che odora di aglio, e colpito da un episodio Tv di “Carramba che Sorpresa” parte per l’Italia su una nave di clandestini. Ma qui verrà trattato come un qualunque immigrato, costretto a vivere in un centro sociale e a lottare per un permesso di soggiorno. E’ un film entrato negli annali del trash. 


Terra di mezzo

It. 1997   con la regia di Matteo Garrone  e con gli attori  Ahmed Mahgoub, Euglen, Gertian, Pascal, Barbara, Tina, Mario Colasanti, Paolo Sassanelli, Guglielmo Sassajola

Tre episodi, ambientati nella periferia di Roma, con immigrati (prostitute nigeriane, giovani albanesi in caccia di lavoro, un egiziano benzinaio abusivo notturno) condannati alla sopravvivenza.


La nave dolce

It.-Alb. 2012   con la regia di Daniele Vicari

Il film racconta l’approdo della nave Vlora (dolce perché con un carico di zucchero a bordo) nel

porto di Bari, nell’agosto 1991, con a bordo ventimila albanesi, saliti con la forza a bordo a Durazzo; avevano la speranza di sfuggire dalla miseria del proprio paese, attratti dal miraggio di una vita migliore in Italia. Segue lo sbarco a Bari, la cattura nel porto e nelle strade adiacenti e la prigionia nello Stadio, le rivolte; il rimpatrio (con l’inganno: i migranti salirono sugli aerei convinti di essere portati a Roma) di quasi tutti gli esuli, tranne circa duemila che riescono a fuggire. 

 

Sta per piovere   

It. Iraq 2013    con la regia di Haider Rashid  e con gli attori Lorenzo Baglioni, Mohamed Hanifi, Giulia Rupi, Amir Ati, Michael Alexanian.

“Dove e’ casa mia? In Italia, dove vivo da quando sono nato, o in quel Paese lontano che non conosco da dove vengono mamma e papà?”. Queste le parole di Said, ragazzo di 26 anni che parla toscano ed è nato a Firenze da genitori algerini.

Quando suo padre perde il lavoro, Said si vedrà negato il permesso di soggiorno e sarà costretto insieme al padre e al fratello a “tornare in patria”, in Algeria, un posto che lui non ha mai neanche visto. La sua natura combattente lo spingerà ad appellarsi agli avvocati e alla stampa, nel tentativo di attirare l’attenzione sul problema degli immigrati di seconda generazione, intrappolati nei meandri dall’assurda e anacronistica legislazione italiana.
Il regista Haider Rashid invece, nato a Firenze da padre iracheno e madre italiana, prende spunto da un problema urgente e personalmente sentito, per raccontare l’evidente disconnessione tra la realtà italiana e l’obsoleto scenario legislativo. 

Passando all’immigrazione nel mondo, esaminiamo tre film, tra i migliori e più significativi, apparsi all’estero in questi anni:  

 

In questo mondo libero…

GB-Germ.-It.-Sp. 2007   con la regia di Ken Loach  e con gli attori Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Joe Siffleet, Colin Caughlin, Maggie Russell.

Angie è una giovane donna divorziata, con un figlio undicenne che vive con i nonni. Licenziata in

tronco da un’agenzia per cui procurava manodopera proveniente dai paesi dell’Est, Angie decide di

mettersi in proprio. Insieme all’amica Rose crea un’agenzia di reclutamento. Il confronto con la realtà dell’immigrazione, clandestina e non, le imporrà delle scelte che provocheranno reazioni contrastanti. Un film in cui Ken Loach ci ricorda che questo mondo, il nostro mondo occidentale, non è il paradiso che noi spesso crediamo.

Dice il Morandini: “Coerente con sé stesso, il 70enne Loach non ha fatto soltanto un altro film sull’immigrazione. Il suo tema centrale è il lavoro saltuario a termine, le nuove forme invisibili dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo nel mondo della globalizzazione”.

 

Almanya – La mia famiglia va in Germania

Germ. 2011     con la regia di Yasemin Samdereli  e con gli attori Vedat Erincin, Lilay Huser, Aylin Tezel, Rafael Koussouris, Denis Moschitto.

Dopo aver lavorato in Germania per 45 anni come operaio Hüseyin, annuncia alla sua famiglia di aver deciso di acquistare una casetta da ristrutturare in Turchia. Vuole che tutti partano con lui per aiutarlo a sistemarla. Le reazioni però non sono delle più entusiaste. La nipote Canan poi è incinta, anche se non lo ha ancora detto, e ha altri problemi per la testa. Sarà però lei a raccontare al più piccolo della famiglia, Cenk, come il nonno e la nonna si conobbero e poi decisero di emigrare in Germania dall’Anatolia.

 

Miracolo a Le Havre

Fin.-Fr.-Germ. 2011    con la regia di  Aki Kaurismäki  e con gli attori  André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Jean-Pierre Léaud, Pierre Étaix, Roberto Piazza.

Il lustrascarpe Marcel vive a Le Havre tra la casa che divide con la moglie Arletty, il bar del quartiere e la stazione dei treni, dove esercita il proprio lavoro. 

Il caso lo mette di fronte a due novità di segno opposto: la scoperta che la moglie è malata gravemente e l’incontro con Idrissa, un ragazzino immigrato dall’Africa, approdato in Francia in un container e sfuggito alla polizia. Con l’aiuto dei vicini di casa e la pazienza di un detective sospettoso ma non inflessibile, Marcel si prodiga per aiutare Idrissa a passare la Manica e raggiungere la madre in Inghilterra.

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