Donbass e Est Ucraina sono ricche di materie prime, gas (il più grande giacimento dopo quello norvegese), terre rare, grano, etc. Inoltre credo ci sia un interesse geopolitico di Putin nel creare una continuità con la Crimea, chiudendo lo sbocco a mare all’Ucraina. Non sono esperto di geopolitica ma credo che Putin voglia disporre di quest’area non solo per fini espansionistici. Le grandi potenze si muovono per interessi concreti e credo che dietro questa invasione ci sia “molto di più”, non credo come occupazione di altri Stati, ma un nuovo ordine mondiale basato su una nuova competizione monetaria.
Gli Stati Uniti fecero guerra all’Iraq non per le armi batteriologiche di Saddam (che proprio gli Usa gli avevano dato contro i curdi ma che erano finite) ma per disporre del petrolio di cui avevano una assoluta necessità in quegli anni, come ebbe a dire Alan Greenspan (L’età della turbolenza, 2007, pag.520), chairman della Federal Reserve dal 1987 al 2006 e principale consigliere economico della Casa Bianca dal 1974 al 1977 e dal 1977 al 1987 membro del CdA della Mobil (una delle maggiori corporation petrolifere al mondo): “Nonostante abbiano sbandierato ai quattro venti la paura delle “armi di distruzione di massa” (irachene), le autorità statunitensi (…) erano mosse soprattutto dal timore di veder precipitare nella violenza una regione nella quale si trova una ragione indispensabile al funzionamento dell’economia mondiale. Mi rincresce che sia così politicamente scorretto affermare una verità che tutti conoscono: la guerra in Iraq è stata soprattutto una guerra per il petrolio”.
Anche oggi c’è forse qualcosa di analogo in ballo con un’aggiunta: l’idea di creare un nuovo sistema monetario mondiale imperniato sullo Yuan cinese.
Prima della guerra il cambio dollaro/rublo era 1:80, poi il rublo con l’invasione si è svalutato fino a 1:160 rubli, ma ora (5 aprile) è ritornato ai livelli pre-guerra (1 dollaro: 83 rubli), la borsa di Mosca è salita del 6%, il titolo Gazprom del 12% ed è salito pure il prezzo del gas (127 euro per MegaWattora). Secondo gli analisti l’Europa continuerebbe a pagare in euro Gazprom che con la sua banca acquista con euro rubli per conto del cliente europeo e li trasferisce su un secondo conto in rubli. Un’operazione che consentirebbe di rivalutare il rublo…il quale però, senza che tutto ciò sia avvenuto, si è già rivalutato del 100%.
Significa dunque che ci sono aspettative negli operatori mondiali che vanno al di là del pagamento in rubli del gas. Un primo indizio è che dal 28 marzo la banca centrale russa ha dichiarato che il rublo è stato agganciato all’oro (5mila rubli per un grammo fino al 30 giugno). E ciò ha indebolito il dollaro perché oggi conviene acquistare l’oro in rubli anziché in dollari (che è la causa della sua rivalutazione). Ma c’è molto altro. In ottobre 2020 Russia, Armenia, Kazikistan, Kirghizistan hanno stipulato un accordo con la Cina al fine di creare non solo una zona di libero scambio (EAEU), ma un abbozzo di potenziale nuovo sistema monetario euroasiatico, il cui valore fosse fondato su un paniere di monete (le loro) e di materie prime (di cui Cina e Russia sono leader a livello mondiale). Una vecchia idea di Keynes a Bretton Woods (affossata poi dagli Usa) che voleva ancorare la moneta internazionale al valore di alcune monete e soprattutto a quello delle materie prime (il Bancor). E nel 2009 il governatore della Banca popolare cinese Zhou Xiaochuan elogiò questa idea di Keynes ed auspicò la sua creazione con una de-dollarizzazione. Ebbe l’appoggio della Russia, dell’India e del Brasile (i famosi BRICs). Anche Tommaso Padoa Schioppa, ministro del governo Prodi nel 2010 parlò con interesse del Bancor e disse “l’orientazione monetaria globale era fissata o fortemente influenzata dalla Federal Reserve Usa, esclusivamente in base a considerazioni nazionali”. Come si vede ci sono anche altri sovranismi, oltre a quelli turchi o ungheresi…
Può essere che finita un’epoca in cui forse era possibile una collaborazione dell’Europa con la Russia, Putin abbia deciso di invadere l’Ucraina e di accelerare questo progetto, guidato dalla Cina. Non mi stupirei se diventasse reale tra qualche mese. Lo pensa anche Barry Eichengreen (univ. di Berkeley) che ha scritto sul Financial Times che “la guerra in Ucraina sta erodendo le basi dell’egemonia monetaria Usa”. Inoltre il Wall Street Journalconferma le trattative tra Cina ed Arabia Saudita per pagare in yuan il petrolio, che sarebbe un duro colpo all’egemonia monetaria Usa. Lavrov si è recato in India recentemente.
Chi ha seguito la vicenda dei petrodollari degli anni ’70 sa bene quanto essi siano stati alla base dell’addio del Gold Standard (1944) e del fatto che nel 1971 venne sospesa unilateralmente la convertibilità del dollaro all’oro da parte di Nixon. Con due guerre non vinte (Vietnam e Corea) e la minaccia di molti paesi di chiedere oro in cambio di dollari, del quale si stavano esaurendo le scorte, gli Usa decidono la fine della convertibilità. Del resto il contro valore di una moneta, con lo sviluppo dei commerci e delle tecnologie diventa sempre meno una materia prima rara come l’oro. Il vero contro valore di una moneta passa sempre più dall’oro a qualcosa di invisibile che è la forza economica di una nazione (il suo potenziale di crescita), il suo potere (militare) di farsi rispettare nel mondo e soprattutto (a partire dagli anni ’90) la liquidità enorme della finanza che crescerà in un rapporto di 3 a 1 rispetto al Pil.
Si spiega in questo modo perché Clinton nel 1999, su pressione dei senatori repubblicani, abolisce lo Steagall Act che aveva introdotto il suo amico di partito democratico Roosvelt per dividere le banche d’affari (che speculano) da quelle tradizionali che fanno il buon mestiere di prestare denaro a imprese e famiglie. Quando questa misura viene presa pochi si rendono conto che siamo in presenza di un gigantesco cambiamento che avrà il maggior effetto sull’economia nel mondo, in quanto sarà sempre più la finanza e non la manifattura a trainare l’economia e a dare un fortissima accentuazione alle disuguaglianze. In quegli anni il valore del dollaro sarebbe caduto se non ci fosse stato l’accordo di Nixon e Kissinger coi paesi arabi e l’OPEC che avrebbero sempre venduto il petrolio in dollari (da cui l’espressione petrodollari). Era un modo perché dietro il dollaro ci fosse come contro valore, oltre all’economia Usa, una materia prima allora fondamentale per tutti i paesi: il petrolio. In cambio gli Usa avrebbero difeso militarmente i Paesi Opec.
William Engdahl sostiene che negli accordi ci sarebbe stato un forte aumento del prezzo del petrolio (da cui nacque la crisi degli anni ’70) e in effetti il prezzo quadruplicò in presenza di una guerra Mediorientale nel 1974. Questo accordo rimase in vigore fino al 2000 quando Saddam Hussein lo infranse vendendo il petrolio iracheno in euro, seguito da Gheddafi. Non dobbiamo dimenticare che l’euro ha avuto un mercato obbligazionario dei bond, grazie alla forza della sua economia analogo a quello americano nei primi 7 anni della sua creazione[1], ma dopo la crisi del 2009 (che si origina dai subprime Usa ma che determina una crisi del debito sovrano in Europa) non esiste più l’euro come mercato mondiale: esiste il bond tedesco, quello italiano…proprio con prezzi diversi per timore del fallimento dei singoli Stati e dell’Europa. Una grande occasione mancata per l’Europa. Quali sono i vantaggi di una moneta forte? Contrarre prestiti più a buon mercato.
Non c’è dubbio che l’euro abbia fatto paura al dollaro nei primi 7 anni e può essere un caso, ma è significativo, che entrambi questi presidenti (Gheddafi e Saddam) furono assassinati e i loro paesi distrutti dalla guerra. Molti studi confermano questa ipotesi e il ricercatore americano-canadese Matthew Erhet osserva: “non dobbiamo dimenticare che l’alleanza Sudan-Libia-Egitto sotto la leadership combinata di Mubarak, Gheddafi, Bashir, si era mossa per stabilire un nuovo sistema finanziario sostenuto dall’oro e al di fuori del FMI/Banca mondiale per finanziare lo sviluppo in Africa. Programma che è stato condotto al fallimento dalla distruzione della Libia nel 2011, guidata dalla Nato (ma di fatto dagli Usa col sostegno militare di UK e Francia) e con la base logistica dell’Italia che ha usato la base Nato di Poggiorenatico (Fe) per guidare l’ultimo assalto a Gheddafi tramite un complesso sistema di sorveglianza satellitare. La Libia era un paese, guidato da un dittatore come Gheddafi, ma che aveva garantito si suoi cittadini una forte prosperità e pace tra tutte le tribù, usando anche i forti proventi del petrolio (dava 10mila euro all’anno ad ogni famiglia) e tutti gli indicatori della Libia mostravano una crescita costante negli ultimi 30 anni. La Libia era a capo di un progetto di federazione del Nord Africa, siile a quello dell’Europa e la Libia era considerata una sorta di Svizzera” africana.
Tutti possiamo valutare quale sia lo stato attuale della Libia dopo 11 anni di “esportazione della democrazia” e quali giganteschi danni ne siano venuti in particolare all’Italia con la perdita di petrolio, di scambi commerciali e di immigrazione illegale, per non dire delle indicibili sofferenze in cui è stato gettato un paese di 20 milioni di abitanti. E’ probabile che senza la guerra assurda contro Gheddafi sarebbe sorto in Nord Africa un’area regionale che avrebbe potuto commerciare con l’Europa, al di fuori dell’influenza degli Usa e della sua finanza.
Il ruolo che avrebbe assunto l’Europa e l’Italia in particolare col Nord Africa è stato assunto così dalla Cina (e in parte dalla Russia e Turchia) che, a mio avviso, si guarderanno bene dal sottostare alla finanza anglosassone. L’idea di costruire un nuovo sistema finanziario guidato dalla Cina, ma che vede coinvolti altri paesi (a cominciare dalla Russia) credo si sia avviato in quegli anni e in particolare dopo la crisi dei subprime del 2008, quando la Cina ha capito che non sarebbe stata sufficiente la sua potenza economica in ascesa, ma che essa andava supportata anche da un sistema monetario, del quale, a mio avviso, vedremo presto la nascita. Il cinese QjaoLIang nel 2015 ha scritto “L’arco dell’Impero con la Cina e gli Stati Uniti alle estremità” (ed. LEG), dove analizza il processo di distacco del dollaro dall’oro per agganciarsi ad altri contro valori. Un libro profetico, ma che altri avevano già previsto.
Della svolta del “Dollar Standard”, non più agganciato al dollaro, gli Usa erano consapevoli come disse brutalmente il segretario del Tesoro John Connally: “il dollaro è la nostra valuta, ma un vostro problema”, inaugurando l’era del Dollar Standard nel 1978 sganciato dall’oro. Oggi la fiducia al dollaro sui mercati è ancora forte e non si basa sull’oro, ma sulla forza dell’economia Usa, del suo potere militare e della ampiezza e liquidità dei mercati finanziari. Krugman dice che si basa anche sul livello di democrazia (da cui la stabilità), ma sarei un po’ cauto su questa affermazione del premio Nobel. Credo che una moneta concorrente, fondata anche sulla solidità delle materie prime (che oggi servono non solo per cibo ed energia ma per tutte le tecnologie avanzate) avrebbe probabilmente un vantaggio competitivo sul dollaro, soprattutto in un contesto dove il potere economico americano declina mentre quello cinese cresce e al posto della liquidità finanziaria anglosassone, ci sono materie prime alimentari ed energetiche di Cina/Russia e dei loro potenziali alleati (Africa, Medio Oriente, Asia dei paesi amici della Russia).
Non sarei così sicuro come Krugman che cittadini (specie di Paesi poveri come per esempio il Pakistan) siano disposti a dare più credito ad una moneta come il dollaro, cioè di una democrazia che riduce le condizioni di vita dei propri abitanti e che non è in grado di vendere materie prime a basso costo ai Paesi poveri, rispetto ad una moneta come lo yuan cinese che garantisce il gas e materie prime a basso costo di cui hanno bisogno per mangiare e scaldarsi d’inverno i Paesi poveri (anche se non è una democrazia)…Difficile amare le rose se non c’è il pane. Del resto che non sia una democrazia la Cina non interessa a nessuno a cominciare dagli Usa, visto che era un requisito per far parte del WTO, ma per i ricchi “business asusual” è più forte della democrazia e perché non dovrebbe esserlo anche per i poveri?
La Cina è un prestatore verso oltre 70 paesi nel mondo per circa 850 miliardi (tra cui la Russia con 125 miliardi di dollari, pari al 15%). Anche l’Ucraina ha ricevuto 7 miliardi. La Cina non dà informazioni né al FMI né alla Banca mondiale e persegue una propria rete di relazione almeno da 10 anni. Quando un paese è in difficoltà in genere fa sconti in cambio di contratti e acquisti delle loro materie prime nel lungo periodo. Pechino è da tempo un “esattore globale” e lo ha fatto anche con la Russia chiedendo a Rosneft consegne di petrolio a lungo termine attraverso l’oleodotto Russia-Cina. La Cina ha con la Russia molti contenziosi specie nella Siberia e persegue il proverbio che “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio” (anche con la Russia). I debiti bancari sull’estero della Cina si sono deteriorati ma non bisogna dimenticare che la Cina detiene anche 1.110 miliardi del debito Usa (che ammonta a 22mila miliardi, cioè il 5,5%).
La Cina persegue questo “sganciamento” dal dollaro da almeno 12 anni. E’ dunque possibile che si creerà una moneta rivale al dollaro che avrà ben più dell’8% di circolazione che hanno oggi yuan-rublo. Ciò avrà rilevantissime conseguenze in termini di potere e arricchimento di quei paesi che la emettono (in opposizione agli Usa) e a cui guardano con interesse immensi paesi come India, Pakistan, Africa, Brasile, Medio Oriente…quella “minoranza” che si è astenuta all’Onu sulla condanna alla Russia e che rappresenta il 55% degli abitanti nel mondo.
Chi rimarrebbe più spiazzato se dovesse decollare un tale disegno bi-polare è l’Europa che aveva avuto con la nascita dell’Euro nel 2001 un’immensa “prateria” potendo diventare nei primi 7 anni in cui era in ascesa ( e non a caso alcuni Paesi arabi si facevano pagare in euro) un polo mondiale (amico degli Usa) ma dialogante con la Russia, sviluppando la pace nel mondo e armonizzando le unilateralità di Usa e Cina.
Ancora una volta tornano in mente le parole del “maestro” Alan Greenspan che aveva tuonato contro la malsana idea di Clinton di abolire nel 1999 lo Steagall Act, dando libera uscita alla speculazione mondiale di tutte le banche e dimenticando la lezione di Roosvelt che solo una sana finanzapoteva rilanciare l’economia reale e non quella virtuale dei ricchi.
Nel nuovo ordine monetario l’Italia sarebbe (con l’Europa) la più penalizzata avendo puntato (negli ultimi 30 anni) le sue carte sul solo “amico” americano, senza accorgersi che un altro mondo stava nascendo e dal quale (senza rompere con gli Usa, a cui siamo legati da una storia secolare) avremmo potuto trarre enormi benefici anche se non ne condividevamocerto lo stile dispotico di governo. Gli interessi dell’Europa (e dell’Italia) infatti non coincidono sempre con quelli degli Stati Uniti e su molte cose l’Europa dovrà avere una sua autonomia al fine di difendere non solo e tanto gli “interessi” materiali dei propri cittadini ma di creare un altro tipo di società, più tipicamente europea, con una forte connotazione sociale, di uguaglianza, libertà e fratellanza (e anche spirituale, in base alle nostre radici e valori) che promana non solo dalla rivoluzione francese, ma dal Rinascimento, dalla democrazia dei comuni italiani e da quella (non meno importante) delle tribù germaniche e che non è nel solco né del consumismo americano né dell’orda (gruppale) cinese.
Di seguito presentiamo uno schema semplificato dell’evoluzione del denaro e delle principali caratteristiche delle società dal passato fino ad oggi.
[1]Il cambio euro-dollaro era nel 1999 1 a 1, l’euro si svalutò fino a 1 euro per 0,83 dollari nel 2002, quando cominciò ad esser detenuto dagli europei. Ma poi fino alla crisi finanziaria del 2008 fu sempre in ascesa fino a 1 euro per 1,60 dollari. Poi ebbe un declino fino a 1,30 dollari nel 2015 e oggi (2022) è sceso ai livelli iniziali (1 euro per 1,1 dollari).