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Trovare una soluzione a ” zero complessità”

Siamo alle solite. La vicenda dei voucher ripropone la sindrome italica della ‘tela di Penelope’, la consuetudine di fare e disfare le leggi senza pensare alle conseguenze.

Cancellare i voucher con una decisione affrettata, assunta sull’onda emotiva di un referendum, è stato un errore. Perché non regge la motivazione di qualificare come abuso la crescita del loro utilizzo che peraltro ha raggiunto, al suo massimo, lo 0,23% delle ore lavorate e che, con l’introduzione della tracciabilità nel 2016, era stata comunque frenata.

Proprio la tracciabilità, che obbliga gli utilizzatori ad una comunicazione preventiva, consentiva di effettuare controlli ed evitare possibili usi fraudolenti. Quindi, prima di decretarne la ‘morte’ repentina, sarebbe stato opportuno attendere i risultati di un attento monitoraggio dell’uso dei buoni lavoro. Soltanto così avremmo avuto l’esatta cognizione di quanto e come sono stati utilizzati e se davvero ne è stato fatto un uso illegittimo.

Eliminarli tout court è stato, lo ripeto, un errore perché, grazie ai voucher, le imprese avevano a disposizione l’unico strumento per remunerare prestazioni saltuarie ed occasionali, far emergere occasioni di lavoro, offrire opportunità di guadagno legale, regolamentato e tracciato.

I voucher erano uno strumento semplice, che consentiva di cogliere occasioni di lavoro altrimenti non utilizzabili, che finalmente restituiva dignità di occupazione  alla luce del sole a tutte quelle attività finora nascoste nelle pieghe del sommerso, del ‘grigio’, dell’irregolarità. Fenomeni che tutti dicono di voler combattere, ma poi, quando arriva la soluzione giusta, la si elimina!

Cancellare i voucher ha significato, quindi, negare la realtà del nostro mercato del lavoro e la necessità di prestazioni saltuarie e occasionali. E’ stato commesso un errore direi quasi infantile, perché chiudere gli occhi non fa sparire la realtà!

Il risultato è che ora bisogna ricominciare da capo e, nel frattempo, le imprese non dispongono di alcuno strumento in materia di lavoro accessorio.

Occorre trovarne un altro che abbia la stessa capacità di non complicare la vita di chi lo utilizza, sia il committente che il beneficiario. Che non riproponga la miriade di costosi adempimenti amministrativi e defatiganti obblighi burocratici che imbrigliano i rapporti di lavoro e dai quali i voucher erano immuni.

Ma riprodurre questi pregi è difficile. E se devono rinascere con le stesse caratteristiche, tanto valeva tenersi gli originali.

Le ipotesi alternative fanno riferimento a restyling del lavoro a chiamata da adattare alle diverse dimensioni d’impresa. Nell’attesa, mi auguro che la cura non sia peggiore del presunto male e che si riesca ad adottare rapidamente una soluzione a ‘zero complessità’, attraverso uno strumento snello come snelle, semplici e certe sono state le norme sul lavoro a tempo determinato dopo l’abolizione dell’assurdo vincolo delle causali.

 (*) Segretario Generale di Confartigianato

 

 

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