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Uomo e AI, Conoscenza Tecnica e Coscienza Critica

Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno. (Albert Einstein)

Le cose stanno così, in quanto il mondo reale non è altro che la totalità di ciò che accade nella realtà. (M.J. Cresswell)

La frequenza vigorosa della trasformazione digitale ha riaperto il dibattito sulla centralità dell’uomo, spostando l’attenzione su un nuovo ecosistema in cui la tecnologia necessita di uniformarsi sui valori e sulle esigenze degli individui e della società.

L’essere umano e l’intelligenza artificiale nel sistema digitale

E’grazie alla consapevolezza del contesto che gli uomini possono dare un significato a ciò che sperimentano, mentre l’ecosistema digitale e le macchine trattano i dati come semplici simboli. Ogni dato per il computer è come un sistema grafico (alfabetico, sillabico), cioè senza significato. Mettere i vari simboli in relazione alla rete di significati che si accendono in una mente umana è tra le sfide più coinvolgenti dell’intelligenza artificiale. Comprendere il significato è fondamentale per poter assegnare un grado di importanza a ciò che si vede e poter trovare le interrelazioni che intercorrono tra i vari fenomeni. 

Se mancano le relazioni, gli esseri umani sono resi oggetti ridotti a un minimo comune denominatore, organismi tra gli organismi. Non ci sono considerazioni di quel che pensiamo, sentiamo o facciamo, basta che una moltitudine di occhi e orecchie ascoltanti e attivanti possano osservare, renderizzare, trasformare in dati e strumentalizzare le grandi fonti di sproporzione comportamentale generati nel marasma cosmico di connessioni e comunicazioni.

AI (acronimo di Artificial Intelligence), volendo facilitare, è un’evoluzione dell’informatica in grado di imitare l’intelligenza umana. Sulla Enciclopedia Treccani, la parola intelligenza ha il significato di: “Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti”, mentre l’espressione Intelligenza Artificiale è spiegata come “disciplina che studia se e in che modo si possano riprodurre i processi mentali più complessi mediante l’uso di un computer. Tale analisi si sviluppa secondo due percorsi complementari: da un lato l’Intelligenza Artificiale cerca di avvicinare il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana, dall’altro usa le simulazioni informatiche per fare ipotesi sui meccanismi utilizzati dalla mente umana”. Perciò essa cerca di mettere vicino il funzionamento dei computer alle capacità dell’intelligenza umana, e impiega le simulazioni informatiche per fare ipotesi sulle mappe utilizzate dalla mente umana.

Però l’effettiva intelligenza richiede comprensione. Tutte le macchine che costruiamo, computer inclusi, sono realizzate montando un certo numero di parti separate. Quindi possiamo, perlomeno in linea di principio, smontare una macchina in tutti i suoi costituenti separati e rimontarla, e la macchina funzionerà di nuovo, invece difficilmente possiamo spezzare una cellula vivente nei suoi componenti nucleari e poi ricombinare “le parti” sperando che l’unità biologica funzioni di nuovo.Quando studiamo la stessa unità biologica in modo riduttivo e separata dal suo ambiente, riduciamo un sistema olistico alla somma delle sue presunte parti, abbandonando ciò che è più della somma delle parti. Forse è proprio lì che si nasconde la coscienza. La coscienza esiste solo nella dinamicità aperta della vita, all’interno dei campi quantici delle particelle elementari.La vita e la coscienza non sono riducibili alla fisica fondamentale, mentre i computer lo sono. Gli androidi sono soltanto dispositivi che imitano un essere vivente, copiando solo l’aspetto simbolico esterno di un sé cosciente. Invece l’unità biologica è anche un ecosistema aperto, perché scambia costantemente energia, informazione e materia con l’ambiente in cui esiste. La struttura fisica dell’unità biologica è quindi dinamica, perché viene ricreata continuamente con parti che fluiscono costantemente dentro e fuori di essa, anche se ci appare essere la stessa. Una unità biologica non può essere separata dall’ambiente con cui è in sintonia senza perdere qualcosa d’essenziale. Un computer invece, per tutto il tempo in cui funziona, ha le stesse particelle e molecole che aveva quando fu costruito. Nulla sposta nel suo hardware e in questo senso resta un sistema immobile.

La sola Intelligenza non ha nulla a che fare con coscienza

Per l’uomo, il mondo non è fatto solo di puri fatti (quelli che oggi potremmo chiamare dati), piuttosto questi fatti sono uniti da una intricata rete di relazioni causa-effetto. Interpretazioni causali, non puri fatti, costituiscono la maggior parte delle nostre conoscenze.L’apprendimento meccanico oggi è dominato dagli statistici e dalla convinzione di poter imparare tutto dai dati. Questa filosofia incentrata sui dati è molto limitata. I dati possono aiutarci a prevedere cosa accadrà, ma anche l’apprendimento meccanico più sofisticato non può dirci perché.Nella circolazione dei dati, si parla solo in termini di quantità e non di qualità.La sovrabbondanza dell’informazione non favorisce sempre la conoscenza, spesso la ostacola soprattutto quando non è filtrata da solide basi selettive capaci di valutare ed esaminare con coscienza critica dati e certezze assiomaticamente divulgate.Nel frattempo, la macchina non decide quali attività eseguire e soprattutto non sa spiegare perché ha scelto di farlo in un certo modo: siamo noi che decidiamo di far svolgere alla macchina un certo lavoro.L’elaborazione consapevole ci distingue dalle macchine e la consapevolezza è proprio ciò che dà significato alla vita. Quindi, nel caso delle macchine, non resta che far apprendere loro modelli di comportamento.Perciò non si può dire che un computer comprenda una lingua per il solo fatto che sia in grado di “utilizzarla”. Nel nostro ragionamento, la comprensione non può essere modificazione di simboli formali. Il computer non può comprendere il linguaggio umano, ma può solo essere in grado di analizzare formalmente le strutture sintattiche, ha la competenza sintattica, sa leggere e scrivere una frase grammaticalmente corretta, ma non è in grado di ricavare il significato dalla stessa.

La macchina intelligente non decide quali attività eseguire e non può stabilire perché ha scelto di farlo e in un certo modo. E’ l’essere umano che decide di far sviluppare alla stessa quel lavoro.

Per la mente umana, la capacità di essere aperta contemporaneamente su più fronti, la rende reattiva e capace di cogliere la complessità della realtà, ma poco precisa: non è raro che un individuo, posto due volte davanti alla stessa domanda, possa dare risposte diverse e questo perché non tutte le risposte sono date avvalendosi del solo ragionamento logico.

Due cose però appaiono evidenti: l’intelligenza artificiale ad oggi non può esistere senza intelligenza umana e l’intelligenza umana può trarre grandi vantaggi dal sostegno del sistema digitale.

La tecnologia continua a essere sviluppata da strumenti gestiti dall’uomo e non viceversa. Gli algoritmi di apprendimento sono costruiti su variabili di tipo statistico e matematico capaci di svolgere calcoli complessissimi in pochissimo tempo, ma non di porsi domande o fare ipotesi su ciò che è stato calcolato. L’uomo invece può fare argomentazioni di tipo induttivo e deduttivo: è in grado,stabilite alcune premesse non certe, di muovere conclusioni del tutto convincenti.

La coscienza critica è uno stato dell’essere costituito dal pensiero razionale e riflessivo caratterizzato dalla scelta di decidere cosa pensare o fare. Il potere del pensiero critico risiede nel porre domande, riconoscere che non ci sono certezze dimostrabili e analizzare le possibilità. 

L’elaborazione di prospettive multidisciplinari e interdisciplinari rafforza gradualmente le abilità metacognitive (“conoscenza della conoscenza”), il pensiero critico e la costruzione di una epistemologia legata all’uomo.La conoscenza si offriva un tempo soltanto a pezzi. Così la realtà andava in frantumi. Evitare che la realtà avanzi per parti è anche lo scopo per riflettere sulla complessità del pensiero umano, incoraggiando a cercare sempre le relazioni tra ogni fenomeno e il suo contesto (“la testa ben fatta“). Significa tenere insieme comunità e immaginazione, la sfida per ribaltare la visione classica, dove i dati sono la piattaforma sulla quale si scaricano e/o si verificano gli “impatti” sociali.

Però l’intelligenza artificiale non può esserci nemica, restare pura conoscenza tecnica: dobbiamo imparare a lavorarci insieme (cfr.“Il manifesto dell’IA” pubblicato di recente dal quotidiano Il Sole 24 ore).

Occorre una civiltà che conduca a capitale sociale le scoperte delle varie scienze e governi i loro effetti “con coscienza”, sviluppando un pensiero critico che le connetta alla storia sociale e allo stesso ambiente naturale, attivando una riflessione etico-politica che ci impone di “riformare la vita”, di sviluppare “convivialità” e “spirito di solidarietà”, costituendo saldi “legami sociali” e di apprezzamento di tutte le civiltà (oggi più che mai è proprio necessario).

Se in passato gli algoritmi eseguivano solo una serie di istruzioni predeterminate dal programmatore con risultati sempre spiegabili, interpretabili e riproducibili, oggi esistono algoritmi che imparano dai dati che vengono loro sottoposti. Gli algoritmi più avanzati, basati su procedimenti algebrici, usano una sorta di apprendimento automatico ispirato a quello umano: “Con l’intelligenza artificiale non possiamo fare proprio tutto, perché: i dati valgono più degli oggetti che li creano; le informazioni estratte valgono più dei dati; la conoscenza vale più delle informazioni; la saggezza derivante dalla conoscenza, che è solo umana, è inestimabile”.

L’intelligenza è generalmente accettata come qualcosa di innato, sebbene vada alimentata costantemente per crescere. La saggezza invece non lo è, ma necessità di tempo, esperienza, osservazione e contemplazione per svilupparsi.

La macchina non ha un fine: siamo noi che glielo diamo. La macchina è solo l’insieme delle sue parti (computer, algoritmi e dati); noi invece siamo più dell’insieme delle nostre parti in quanto coscienti e intelligenti.

Per Alvin Toffler (1928–2016):“Gli analfabeti del XXI secolo non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere, ma quelli che non possono imparare, disimparare e reimparare. Nessuno di noi può permettersi di non imparare, perché il ri-apprendimento non è più un lusso: è una necessità, perché le macchine sono necessariamente analfabete e le persone non possono più esserlo”.

I grandi cambiamenti, quelli che ci hanno fatto fare balzi avanti, non sono venuti da una idea di impresa o da un desiderio di guadagno, ma dalle menti che hanno esplorato il sapere in lungo e in largo per il desiderio di rendere libero il potenziale umano ancora latente.Questo continuo processo consentirà migliori condizioni di lavoro, di vita, e benessere diffuso.

L’IA può essere uniformata su tre piani differenziati: a) IA debole, che corrisponde alla percezione allargata ed è al servizio dell’essere umano; b) IA forte, che corrisponde alla nozione allungata ed è appena paragonabile all’essere umano; c) IA generale, che corrisponde a un essere umano aumentato, si tratta di ridurre una distanza che l’evoluzione naturale ha coperto in milioni di anni(replicando artificialmente la complessità evolutiva via hardware e software).

 

L’uomo, non solo è intelligente, è anche cosciente: ovvero tenderà sempre a unire quello che sa fare o può imparare, con la sua esperienza emotiva. L’unicità potrebbe stare proprio nell’assenza di coscienza e in parte anche di struttura nell’Intelligenza Artificiale; quando prendiamo i dati e li assembliamo, l’IA elabora milioni di risposte, a volte lontanissime dalla realtà, mentre altre volte, non avendo vincoli ma pura capacità elaborativa, legge tendenze, evidenzia scenari e dà risposte che l’uomo, con la sua esperienza pregressa, non riuscirebbe nemmeno a pensare o a comprendere. La nostra modernità ha privilegiato la separazione a scapito dell’interconnessione, l’analisi a scapito della sintesi. Interconnessione e sintesi rimangono povere. Lo sviluppo dell’attitudine a contestualizzare tende a produrre l’emergenza di un pensiero “ecologico“, nel senso che esso situa ogni evento, informazione o conoscenza in una relazione di inseparabilità con il suo ambiente culturale, sociale, economico, politico e anche naturale. L’assimilazione di prospettive multidisciplinari e interdisciplinari rafforza progressivamente le abilità cognitive e la coscienza critica.

L’intelligenza artificiale si distingue dall’intelligenza umana per velocità di esecuzione, accuratezza decisionale e abilità operativa, ma manca completamente della capacità di applicare significati pratici o concettuali ai vari momenti dell’esperienza. Perciò i computer sono molto bravi a maneggiare informazioni che vengono loro fornite sempre allo stesso modo, mentre gli esseri umani sono bravi ad adattarsi a molteplici situazioni e ad avere cognizione del contesto di un problema.

Le argomentazioni di confronto, fin qui esposte, dell’intelligenza umana con quella artificiale restano di fondamentale attualità e applicazione, anche nel concetto di trasformazione e visioni future del territorio e della città, dove professionisti stanno ripensando “le relazioni tra città e natura, tra spazi pieni e vuoti, lavorando su serviziretimobilità, e cambiamento attraverso un’idea dei luoghi e una molteplicità di dati che alla fine dovrebbero essere profondamente etici”. IL 2020 (che ricordiamo tutti sicuramente per il Covid) è stato l’anno di un altro evento epocale, quello in cui la massa dei materiali prodotti dall’uomo ha superato la biomassa vivente, rappresentata dal mondo animale e vegetale. Che conseguenze dovrebbe avere questo fatto sul lavoro di un costruttore di algoritmi e/o inventore dei luoghi? L’operare dell’uomo è ingombrante e devastante perché realizza tantissime cose demolitrici per il pianeta. Per questo serve un contesto che invece va destrutturato, decostruito e nel quale va ponderata la materia artificiale per restituire al sistema materia naturale, connessioni e intelligenza. Esiste un problema di senso e di funzionamento del mondo che noi stessi abbiamo costruito. Servono figure e algoritmi che ricucino l’infranto ecapiscano che bisogna restituire logica, funzionamentoe riconnessioni tra gli spazi abitativi e natura. La vera sfida consiste quindi nel comprendere come l’attenzione vada posta in chi oggi sta scrivendo gli algoritmi dei computer di domani, e nel come tali algoritmi saranno scritti perché sulla base di questi algoritmi sarà regolata una parte sempre più importante dell’esistenza umana. Protagonista di tali dinamiche è la coscienza critica, processo sociale di condivisione della conoscenza (potere etico) in grado di incidere sulle asimmetrie sociali e sull’attuale sistema digitale.

E’ necessario osservare, provare a comprendere senza far ricorso allo strumento del riduzionismo e delle spiegazioni deterministiche, per mettere l’umanità al centro. Il processo sociale del conoscere e di condivisione della stessa conoscenza è legato all’opportunità di connessione e di trasmissione dei dati. La tecnologia, i social networks e più in generale la rivoluzione digitale devono creare un cambio di modelli, cercando le condizioni strutturali per l’interdipendenza e l’efficienza dei sistemi e delle organizzazioni con l’intensificazione dei flussi immateriali tra gli attori sociali. 

La condizione del sapere, in una società evoluta, non può prescindere dalla partecipazione e dalla riproducibilità formativa legata all’insieme delle conoscenze e delle tecnologie digitali partendo dalla complessità, dal pensiero critico e dalla visione sistemica.

 

*Studioso di filosofia dei sistemi, già docente alle Università Sapienza di Roma e Mediterranea di Reggio Calabria

 

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