Nello sviluppo delle comunicazioni digitali l’Italia è al 25° posto fra i 28 Paesi dell’Unione Europa e l’inchiesta che pubblichiamo oggi descrive tale ritardo con la forza dei numeri, a cominciare dal fatto che la velocità media di connessione è di 5,4 mega rispetto ai 17,4 della Svezia, leader europeo, ed ai 20,5 della Corea del Sud, leader mondiale. L’indagine svolta dai nostri redattori, attraverso la Penisola, descrive ciò che la maggioranza degli italiani verifica più volte nel corso della giornata, in una miriade di situazioni.
Spostarsi in macchina o in treno significa trovarsi in luoghi o situazioni nei quali la linea cade, interrompendo lo scambio di informazioni. Uscire dall’aeroporto di Malpensa diretti verso Torino significa percorrere un’autostrada con dei sottopassaggi nei quali la linea è del tutto assente così come avviene sotto i tunnel che collegano la Liguria al Piemonte, o Firenze a Bologna, dove i black out sono asfissianti. I treni offrono accessi online che funzionano in realtà saltuariamente – nel migliore dei casi – mentre nelle strade e nei parchi di grandi città come Roma il wi-fi quasi sempre non c’è.
A volte le compagnie telefoniche garantiscono l’accesso al 3G ma non c’è mai la sicurezza di connessioni Internet stabili per periodi medio-lunghi mentre il 4G è inesistente. Così come a bordo degli aerei di linea sulle rotte interne manca la possibilità di accesso al web durante il volo che è invece garantita da diversi anni – a pagamento – sui cieli di Paesi come gli Stati Uniti e la Germania. La difficoltà di accesso al web ha conseguenze a pioggia come il ritardo nell’accesso alla documentazione, la scarsità di opportunità di lavorare e studiare quando si è in movimento a causa della lentezza nel flusso di contenuti. La conseguenza è che uno studente di Wichita, Kansas, o di Glasgow, Scozia, può studiare sull’iPad viaggiando sui mezzi pubblici mentre i coetanei di Foggia e Salerno non hanno tale opzione.
La condizione di carenza di connettività rende ogni italiano meno competitivo sul mercato globale. Professionisti e ricercatori, imprenditori e studiosi oggi siamo tutti in corsa per acquisire conoscenza. Le comunicazioni digitali sono il terreno sul quale questa sfida si svolge. Per avere un’idea del nostro ritardo bisogna entrare in uno dei più importanti – e costosi – hotel di Napoli dove un gruppo di ospiti stranieri si è sentito dire che Internet non funzionava «perché l’antenna è girata dall’altra parte» e quando hanno vivacemente protestato il concierge si è detto sorpreso da tale reazione visto che «altri ospiti in genere aspettano con pazienza che giriamo l’antenna». In un elegante chalet umbro la rete Internet funziona solo all’apparenza proprio come avviene in un analogo hotel di Gorizia.
Ovvero, la linea appare sul laptop o sul cellulare ma connettersi non è possibile. Senza che il personale sappia risolvere il problema. E ancora: non è infrequente trovarsi in ristoranti – da Roma a Firenze – con sale interne dove non c’è accesso né a Internet né alla rete cellulare. In questo caso si tratta di aziende famigliari che non investono per installare ripetitori dentro i ristoranti, così come sotto i tunnel e lungo le autostrade sono le compagnie telefoniche a non garantire tali servizi e nelle piazze cittadine sono i sindaci a non pianificare – tranne poche eccezioni – il wireless gratuito. E l’impegno del governo Renzi per rimediare a questo «digital divide» ancora non dà risultati tangibili per la maggioranza dei cittadini. Il risultato è che l’Italia, pur ospitando un numero record di patrimoni artistici protetti dall’Unesco, perde ricchezza su più fronti.
Basti pensare che non offre a milioni di turisti l’accesso gratuito a servizi online che potrebbero creare posti di lavoro e ricchezza. Per non parlare dei giovani che crescono con uno svantaggio tecnologico rispetto ai coetanei sudcoreani, svedesi o canadesi destinato a pesare sulla loro formazione e dunque sulle opportunità future. Nulla da sorprendersi dunque se il giudizio di una turista americana sulla piazzetta di Capri, alle prese con l’impossibilità di parlare in videochiamata con i nipoti Oltreoceano, è stato «siete un Paese bellissimo ma per certi versi ancora primitivo».
(*) da “La Stampa“ del 3 aprile 2016