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Il rapporto sano tra magistrati e imprese

Caro direttore, il rapporto tra decisioni dei giudici e vita delle imprese nonché il conflitto tra la tutela della salute e dell’ambiente, da un lato, e l’iniziativa economica e i livelli di occupazione, dall’altro, sono tornati in forte evidenza negli ultimi giorni a seguito dei provvedimenti di sequestro preventivo presso l’Ilva e la Fincantieri. L’adozione di un decreto legge da parte del Governo per affrontare le emergenze produttive ed occupazionali ravviva ancor di più un dibattito, pregevolmente alimentato anche da Dario Di Vico con due interessanti articoli su questo quotidiano, che investe temi a lungo discussi, anche in occasione di precedenti interventi legislativi d’urgenza che hanno interessato la stessa Ilva.

Il contenuto del decreto legge varato dal governo, che sembra orientato a porre rimedio ad un incompleto e difettoso quadro normativo, offre lo spunto per ritenere che non siamo di fronte all’ennesimo capitolo del conflitto tra giudici e imprese o tra politica e magistratura.

Al contrario, proprio tali vicende suggeriscono di superare l’antica polemica sul presunto ruolo di supplenza della magistratura di cui, spesso, si è parlato alludendo all’invasione del campo riservato ad altri poteri dello Stato. Se è vero che in passato certe iniziative e decisioni della magistratura hanno dato l’impressione di un’indebita ingerenza, oggi l’esercizio quotidiano della giurisdizione merita di essere valutato al cospetto di uno scenario radicalmente nuovo. Non è il giudice che sceglie linee interpretative evolutive per dare sfogo a personali convincimenti o peggio alle sirene della visibilità mediatica; è, invece, il complessivo indebolimento dell’ordinamento statuale nell’offrire risposte normative adeguate, che si aggiunge alla velocità dei cambiamenti degli scenari economico-sociali ed al crescente peso della giurisprudenza europea, ad aprire nuovi spazi che spesso l’intervento giudiziale è chiamato a coprire. Ne discende il rischio che deflagrino equivoci e cortocircuiti e i casi Ilva e Fincantieri ne costituiscono una dimostrazione. 

Nella prospettiva del sistema, cosa è opportuno faccia il legislatore, a fronte di tale crescente mutamento del rapporto tra legislazione e giurisdizione, non spetta a me dirlo, tale è il rispetto che custodisco per la vita parlamentare alla quale mi sono dedicato con passione per un decennio. Ciò che è certo è che la qualità e la tempestività della legislazione sono andate declinando ed occorre porvi rimedio se si vuole assicurare certezza del diritto e tutelare i diritti costituzionali dei cittadini. Ma ad essere chiamati in causa sono l’evoluzione e l’ampliamento del ruolo della giurisdizione alla quale non può che corrispondere una crescente responsabilità nell’emanazione delle decisioni.

Se sulla magistratura si riversano maggiori aspettative e domande, occorre che essa orienti sempre più le sue decisioni a ponderazione, specializzazione e piena consapevolezza della forte incidenza della giurisprudenza sul caso concreto e sul sistema in generale. Così, cogliere e prevedere le conseguenze delle decisioni giudiziarie, il loro impatto sull’economia e sulla società non può più essere considerato un tabù. È necessario prendere atto che al giudice – lo ha mirabilmente chiarito uno dei nostri massimi giuristi, Natalino Irti – non spetta più solo di «fare comunicare norma e fatto». Dunque, se le sue decisioni producono conseguenze sistemiche, egli non può mai prescindere dalla previsione degli effetti del proprio rendere giustizia. Occorre, pertanto, farsi carico, con l’istituto della motivazione, di dar conto delle ragioni che inducono a scegliere una soluzione concreta a discapito delle altre. Nella vicenda Fincantieri, ad esempio, è certo che il diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre fosse effettivamente a repentaglio e comunque risultasse prevalente sul diritto al lavoro e alla libertà di impresa? Era da escludere ogni altra misura diversa dal sequestro preventivo? Si è correttamente declinato quel principio che la Corte Costituzionale, pronunciandosi nel 2013 proprio sui vecchi decreti Ilva, affermò circa il rapporto di integrazione reciproca di tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione?

Per far fronte a simili interrogativi e sviluppare una cultura della giurisdizione sempre più moderna occorre superare antiche e recenti polemiche, chiusure e una certa incomunicabilità, per far sì che ciascuno dei poteri, quindi anche quello giudiziario, possa concorrere, con il necessario rigore costituzionale, alla ripresa del Paese e al rafforzamento del nostro sistema democratico.

Il Consiglio superiore della magistratura intende muoversi in tale direzione avviando un cammino riformatore sui percorsi di carriera, incarichi direttivi, valutazioni di professionalità, organizzazione e comunicazione dell’attività giudiziaria, formazione e specializzazione dei magistrati. Il fine ultimo consiste nel formare un nuovo profilo di giudice autonomo e indipendente, dotato di una sensibilità capace di porlo in sintonia con le aspettative del Paese e dei cittadini. Ne va della legittimazione dell’operato dei giudici, tra i beni più preziosi di cui disponga una Repubblica democratica.

 

                                                                                Giovanni Legnini 

 

(*) Vice Presidente del CSM, lettera al Corriere della sera del 9 luglio 2015

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