La combinazione del Covid 19, degli impatti geopolitici prodotti dall’ invasione russa dell’ Ucraina e dalle rinnovate tensioni nella regione indo-pacifica, ha causato una crescente polarizzazione delle relazioni internazionali, con un impatto negativo a lungo termine sulla situazione politica, economica e sulla dimensione sociale della UE.
A ciò si aggiunge l’urgenza di arginare il cambiamento climatico e la crescente vulnerabilità delle catene del valore,che coinvolgono già oggi, una larga parte di prodotti,dai semplici giocattoli, fino ai robot industriali.
Nel corso degli ultimi trenta anni, le catene del valore sono aumentate drasticamente e hanno contribuito, da un lato alla creazione di posti di lavoro, trasformando milioni di lavori informali in lavori formali ma, come sottolineato dall’ILO, queste modalità di produzionehanno contribuito fortemente anchead un peggioramento delle condizioni di lavoro, della salute e sicurezza, degli orari, dei salari, con un aumento del lavoro minorile e forzato e, hanno prodotto soprattutto, la limitazione o sospensione dei diritti fondamentali del lavoro, a partire dalla libertà di associazione e contrattazione collettiva, con aumento delle forme di discriminazione e la assenza di tutele legali. A ciò si aggiungono pesanti impatti ambientali, non solo nelle zone industriali e nelle EPZ (Export Processing Zones), dove si riscontra la presenza prevalente di milioni di lavoratrici, ma soprattutto nel settore estrattivo.
Complessivamente sono oltre 450 milioni di lavoratori, di cui 190 milioni sono le lavoratrici,coinvolti nelle Catene di fornitura globali. Un numero che ha subito pesanti contraccolpi a causa del covid, non solo nel settoredell’abbigliamento, ma anche in quello minerario e dell’auto.
Questo perché,“lavoratori, aziendee paesisono in competizione tra loro per proporre il prezzo più basso, a discapitodei lavoratori e delle loro famiglieper una corsa al ribasso in cui partecipano lavoratori, aziendee i paesi erano in competizione tra loro per proporre il prezzo più basso, a discapitodei lavoratori e delle loro famiglie.”
E, come sottolineato da un recente interessante studio“il più importante meccanismo di governance del lavoro e i regimi nazionali di relazioni sindacali, sono stati progettati per datori di lavoro e lavoratori nazionali.Lavoratori migrantie lavoratori a domicilio sono soggetti a discriminazione e privi di protezione legale. Le donnerappresentano un’ampia quota della forza lavoro nelle catene di approvvigionamento globali, in misura sproporzionatamente alta in posti di lavoro con bassi salari e nei livelli piassi delle catene di approvvigionamento.
Sul complesso di tali problemi la UE ha iniziato da lungo tempo a riflettere e a definire politiche e azioni regolamentari. In via generale anche l’ILO ha approvato nel 2016 una Risoluzione,mirata a definire una strategia di promozione del lavoro dignitoso nelle catene di fornitura globali, mettendo in luce la necessità di sistemi di governance e misure che dovrebbero essere adottate dai governi e dalle parti sociali, per realizzare una coerenza tra risultati economici, lavoro dignitoso e tutela dell’ambiente nelle filiere di produzione globali.
Se da sempre l’ILO, ha messo in evidenza le contraddizioni tra produzioni nelle catene del lavoro e diritti fondamentali, lavorando per il loro superamento attraverso nuove norme e nuove azioni tripartite , meno sino ad oggi si è lavorato per affrontare la contraddizione crescente tra catene del valore globali e impatti sia sul cambiamento climatico che sull’obiettivo del lavoro dignitoso.
Sulla questione ambientale, anche Banca Mondiale ha evidenziato la necessità di una azione sinergica che affronti il cambiamento climatico attraverso nuove politiche di produzione, a partire dai minerali strategici.
Secondo i dati della Commissione Europea, L’Europa risulta fortemente dipendente dai paesi terzi per la estrazione e lavorazione di materie prime critiche.Il 63% del cobalto utilizzato nelle batterie è estratto nella Repubblica Democratica del Congo, il 97% delle forniture di magnesio provengono dalla Cina, mentre il 100% delle terre rare utilizzate a livello globale sono raffinate in Cina, ma estratte in Myanmar. Il Sudafrica fornisce il 71% dei metalli del gruppo del platino (rutenio, rodio, palladio, osmio, iridio e platino) e la Turchia fornisce il 98% delle forniture europee di borato.
Il rapporto Minerals for Climate Action: “The MineralIntensity of the Clean Energy Transition“, rileva che la produzione di minerali, come grafite, litio e cobalto, potrebbe aumentare di quasi il 500% entro il 2050, per soddisfare la crescente domanda di tecnologie energetiche pulite, mettendo in evidenza che saranno necessari oltre 3 miliardi di tonnellate di minerali e metalli per la distribuzione di energia eolica, solare e geotermica, nonché lo stoccaggio di energia, per raggiungere un futuro al di sotto dei 2°C.
Il rapporto sottolinea inoltre, che sarà anche fondamentale avviare una robusta azione di riciclo e riuso dei minerali rari, sapendo che ciò giocherà un ruolo importante nel mitigare l’aumento della domanda, anche se la percentuale di riciclo ad oggi, varia enormemente a causa dei costi e delle barriere tecnologiche.
Mentre il rapporto affronta le tematiche connesse al cambiamento climatico, non affronta, se non in via molto generico, gli impatti occupazionali esociali sulle comunità locali, pur evidenziando come,tali impatti sociali ed ambientali, a partire dalla estrazione delle materie prime siano spesso devastanti.
Un esempio per tutti riguarda le strategie cinesidegli ultimi dieci anni. Con l’aumento delle preoccupazioni per il costo ambientale dell’estrazione di materie prime in quel paese, un numero sempre maggiore di miniere cinesiè stato chiuso, nonostante la Cina rimanga il più grande produttore di tecnologie innovativeal mondo.
Secondo il Dipartimento del Commercio USA, la Cina controlla attualmente, il 60% delle operazioni di estrazione di terre rare, oltre l’85% della capacità di trasformazione e oltre il 90% della produzione di magneti permanenti.Il processo di estrazione, separazione e purificazione degli elementi delle terre rare non è solo molto laborioso, ma può anche, se non gestito bene, avere effetti estremamente negativi sulla salute e causare un degrado persistente dell’ambiente naturale. Gli attuali metodi di produzione richiedono molto minerale e generano una grande quantità di rifiuti nocivi, anche solo per estrarre piccole quantità di metalli. I rifiuti derivanti dai metodi di lavorazione includono acqua radioattiva, fluoro tossico e acidi.
La soluzione a basso costo adottata dalla Cina per evitare di contribuire direttamente all’inquinamento è caratterizzata dalla esternalizzazione di gran parte della sua industria mineraria di terre rare in paesi in via di sviluppo, i cui lavoratori che sono vittime di una profonda violazione dei diritti umani fondamentali e ambientali. Lavoro minorile, lavoro forzato, lavoro forzato dei minori, assenza di misure di salute e sicurezza, assenza della libertà di associazione e contrattazione sono una costante registrata purtroppo dall’ILO.
Un esempio concreto è dato dalla vicina Birmania/Myanmar. A partire dal 2016, nello Stato Kachin,una regione semi-autonomanel nord del Myanmar, gestita da milizie affiliate al brutale regime militare del Myanmar, su un’area delle dimensioni di Singapore, sono proliferate più di 2.700 miniere di terre rare pesanti.
Come evidenziato dal rapporto di Global Witness del 9.8.2022,l’esternalizzazione di questosettore altamente tossico in Birmania/Myanmar, ha fatto si che questa area oggi sia la più grande fonte di approvvigionamento al mondo, soprattutto per i minerali di disprosio e terbio, i duemetalli pesanti tra più preziosi tra le terre rare.
“C’è una significativa dipendenza dalle terre rare provenienti dalla Cina e dal Myanmar”, afferma DavidMerriman, direttore della ricerca per i metalli e l’estrazione mineraria, presso Wood Mackenzie a Londra. “Nel 2022 la Cina e il Myanmar rappresentano circa il 70% della produzione mondiale di minerali e l’87% della produzione raffinata.
La Cina è anche il principale centro di riciclaggio di materiali magnetici di terre rare, e rappresenta oltre il 95% del riciclaggio di rottami di magneti a livello globale”. Il ruolo delle imprese statali cinesi nell’industria delle terre rare significa che l’industria è “fortemente politicizzata, in particolare sul mercato internazionale”, ha aggiunto David Merriman.
Secondo l’istituto di ricerca sulle materie prime Roskill, tra il 2016 e il 2019, circa 16.000 persone si sono trasferite dalla provincia cinese del Ganzhou,versola Birmania/Myanmar, per estrarre terre rare.Il colpo di stato militare del 1° febbraio 2021 ha poi di fatto prodotto un aumento vertiginoso di questo tipo di miniereal confine con la Cinain aree controllate da milizie legate alla giunta militare, che ha cancellato ogni libertà fondamentale compresoil diritto di associazione sindacale e contrattazione collettiva, introdotto la legge marziale in oltre 55 townshipse continua a bombardare e distruggere migliaia di villaggi e ad arrestare, torturare e uccidere decine di migliaia di civili inermi.
I danni ambientali e sociali evidenziati dal rapporto Global Witness, sono estremamente preoccupanti e dovrebbero essere presi in seria considerazione nella definizione delle regole sulle fonti di approvvigionamento delle materie prime e nella produzione di prodotti che le contengono.Sulla base di alternative teoriche attualmente disponibili, gli USA hanno già vietato, a partire dal 2025,le importazioni di minerali critici dalla Cina, per la produzione di batterie.
Un altro esempio chiave riguarda le condizioni di lavoro nelle miniere di materie prime strategiche della Repubblica Democratica del Congo dove, a causa degli storici conflitti,le condizioni dilavoro sono paragonabili alla schiavitù. Le imprese congolesi, piccole e medie e quelle artigiane, che impiegano centinaia di migliaia di lavoratori, rappresentano oltre il 10% della produzione mondiale di cobalto, il che rende questo settore il secondo più grande fornitore di cobalto al mondo, seguito dalla Russia al 6% e Australia al 5%.
La Cina riceve dalla Repubblica Democratica del Congo rame raffinato per 4.15 miliardi di €, cobalto 2,17 miliardi e ossidi e diossidi di cobalto per 1,09 miliardi di $.Dal 15 al 30 % del cobalto viene estratto da minatori artigiani e piccole imprese, ma in quasi tutto il territorio della RDC, le riserve di cobalto sono date in concessione a grandi imprese. Ciò nonostante, il cobalto estratto nei siti artigianali entra nella catena di approvvigionamento generale e si va ad aggiungere al cobalto estratto industrialmente nella RDC e in Cina.
La distruzione ambientale, la confisca delle terre,il reclutamento di milizie brutali, legate al potere, l’aumento della domanda di terre rare insieme all’energia verde, hanno fatto lievitare pesantementegli abusi a livello locale.
Questi dati hanno messo in evidenza il crescente contrasto tra le politiche, le decisioni e le azioni delle autocrazie che non rispettano i fondamentali principi democratici, a partire dalle condizioni di lavoro che violano i diritti umani fondamentali sanciti dall’ ONU e dalle norme ILO, oltre che dalle norme ambientali.
Nel 2020 la Commissione Europea ha lanciato la EuropeanRawMaterials Alliance (ERMA), con l’obiettivo di “identificare e affrontare i colli di bottiglia normativi e le relative opportunitàche sosterrebbe la crescita di filiere alternative europee e globali di terre rare – per realizzare ecosistemi industriali dell’UE più resilienti”.
Ne consegue la necessità chel’UE adotti una strategia di ripensamento e riorientamento delle catene di approvvigionamento globali, riducendo così il loro impatto ambientale, ma anche sociale, nella fase iniziale di estrazione come pure nella logistica, distribuzione, nei servizi finali e nel riciclo.
Il nuovo approccio UE, in tutti i settori produttivi, non solo dovrebbe superare l’approvvigionamentoda paesi che sistematicamente violano i diritti umani fondamentali, e i diritti ambientali,ma dovrebbe anche contribuire contribuire alla prevenzione e all’insorgere di conflitti interni.
Da alcuni anni la Commissione Europea ha iniziato a sviluppare una attività di ricerca e riflessione in particolare per quanto riguarda l’approvvigionamento di materie prime necessarie a produrre un cambiamento strategico nella produzione di tecnologie sostenibili.
Il Joint Research Centre di Ispra, ad esempio, studia tali problematiche dal 2010, ma gli scenari che ha offerto non sono stati mai tradotti in termini di politica industriale se non in tempi recentissimi.
Uno studio interessante del 2019 riguarda la metodologia del Social Life cycle assesment come strumento per un approvvigionamento responsabile delle materie prime in Europa
Come sottolineato da una ricerca del 2022 effettuata da AP, le terre rare non erano state prese in considerazione dal Regolamento UE, che si applica a partire dal 2021 sui minerali estratti nelle zone di conflitto. Il regolamento ha lo scopo di prevenire o ridurre l’approvvigionamento di minerali da regioni in cui i profitti finanziano i conflitti armati e riguarda unicamente un numero limitato di minerali: stagno, tantalio, tungsteno e oro (3TG) provenienti da aree di conflitto come la Repubblica Democratica del Congo (RDC), dai paesi limitrofi, o da altre aree ad alto rischio. Una dichiarazione della Commissione europea aveva sottolineato infatti lacune nella supervisione della catena di approvvigionamento che si estende fino all’Europa affermando che “non è ancora chiaro come” funzionerà una spinta cinese per regolamentare le terre rare.
La Mineral Security partnership, sottoscritta nel 2019 da Stati Uniti, Canada e Australia, è stata integrata da Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Corea, Svezia, Regno Unito, Stati e Unione Europea con l’obiettivo di promuovere produzioni responsabili e la fornitura sicura di minerali, fondamentali per l’economia globale e la sicurezza nazionale.
Questa strategia ha inteso rispondere alle crescenti preoccupazioni relative alla dipendenza dalle importazioni di minerali critici, come terre rare, litio, cobalto e grafite, minerali, essenziali per la realizzazione di prodotti ad alta tecnologia, come smartphone, veicoli elettrici, tecnologie per l’energia rinnovabile.
Nel 2020 la UE ha lanciato l’Alleanza europea per le materie prime con l’obiettivo di creare resilienza e autonomia strategica per le catene del valore dei magneti e delle terre rare in Europa allo scopo di “identificare barriere, opportunità e possibilità di investimento nella catena del valore delle materie prime, e per rendere l’Europa economicamente più resiliente diversificando le sue catene di approvvigionamento, creare posti di lavoro, attrarre investimenti nella filiera delle materie prime, favorire l’innovazione, formare giovani talenti, contribuendo al miglior quadro abilitante per le materie prime e l’economia circolare in tutto il mondo”. La Presidente Ue Ursula Von der Leyen nel suo discorso sullo Stato dell’Unione del14 settembre 2022 aveva sottolineato la necessità di: “evitare di diventare nuovamente dipendenti, come è successo per il petrolio e gas. Individueremo progetti strategici lungo tutta la filiera, dall’estrazione alla raffinazione, dalla lavorazione al riciclo. Accumuleremo riserve strategiche laddove l’offerta è a rischio”.
Il primo febbraio 2023, la UE lancia cosìil Green deal industrial plan (Gdip), un piano che si fonda su quattro pilastri: (i) un contesto normativo prevedibile e semplificato; (ii) accesso più rapido ai finanziamenti; (iii) miglioramento delle competenze e (iv) aprire il commercio per catene di approvvigionamento resilienti.
Per la sua attuazione, la Commissione UE ha adottato due strumenti: il Net -Zero Industry Act e il Critical RawMaterials Act, con cui intende promuovere un piano globale per il rafforzamento della competitività dell’industria europea con zero emissioni, attraverso il sostegno ad una rapida transizione verso la neutralità climatica.
Il Critical Rawmaterials Act, ha l’obiettivo di far si che “entro il 2030, il consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica, in qualsiasi fase rilevante della lavorazione, possa basarsi sulle importazioni da diversi paesi terzi, nessuno dei quali dovrebbefornire più del 65% del consumo annuo dell’Unione” e di promuovere una nuova strategia organica verso i paesi Asean e della regione indo-pacifica, collegando strettamente, gli interessi economici e commerciali dell’Ue, con i diritti umanie la dimensione socio-ambientale.
Questi strumenti di carattere strategico non si focalizzano solo sulle materie prime strategiche, ma individuano obiettivi di lungo periodo, per garantire una maggiore autonomia europea a livello globale, evidenziando anche alla necessità di misure appropriate per garantire il rispetto degli obblighi in materia di diritti sociali e del lavoro previsti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, dai contratti collettivi o dalla normativa ambientale internazionale”.
Ma su questo terreno, sarà fondamentale far riferimento alParere del Comitato Economico e Sociale sulle catene di fornitura sostenibili e lavoro dignitoso nel commercio internazionale.
Affinché le questioni dei diritti umani e del lavoro dignitoso non rimangano temi residuali nelle politiche commerciali e nella governance delle imprese, il parere del CESE fornisce indicazioni strategiche, a partire dal nodo della due diligence (su cui la Commissione UE sta mettendo a punto una proposta direttiva),procedura importante ma fortemente disattesa e che invece dovrebbe essere rafforzata in modo trasversale lungo tutta la catena del valore come pure andrebbe avviata una revisione “ambiziosa” della direttiva sulla rendicontazione non finanziaria. Ma soprattutto mette in evidenza la necessità che si superi la volontarietà degli strumenti a tutela dei diritti umani e del lavoro e la necessità di una “sinergia con l’agenda del commercio internazionale e degli investimenti. Gli investitori stranieri dovrebbero essere tenuti a rispettare la due diligence, prima di poter beneficiare della copertura di un accordo di investimento internazionale” Lo stesso dicasi per gli accordi di libero scambio”.
Altro tema chiave a cui è dedicato uno specifico capitolo, riguarda la formazione e valorizzazione delle competenze per la creazione di posti di lavoro di qualità. Questione fondamentale se si vuole realmente costruire un futuro industriale che trasformi profondamente e produca nuova buona occupazione, con l’inclusione di donne e giovani oggi non inseriti, né nei processi formativi, né nel lavoro. L’obiettivo è quello di garantire una transizione professionale, sostenuta da percorsi di formazione di alto livello decisi in modo partecipato “tra governi, industria, parti sociali e istituti di istruzione e formazione. per progettare e diffondere l’istruzione e corsi di formazione per riqualificare e migliorare le competenze dei lavoratori necessari per le industrie tecnologiche a zero emissioni”.
Nonostante il grande impegno della Commissione Europea, ad oggi i paesi europei, sono in grande ritardo e sono anche divisi al loro interno, nella adozione di una strategia di riduzione delle criticità degli approvvigionamenti di materie prime, sino ad oggi appaltate – sia per quanto riguarda l’estrazione, che la raffinazione – a paesi che sono fortemente irresponsabili sul piano sociale ed ambientale. Tanto meno hanno iniziato a definire politiche industriali e commerciali sostenibili,in tempi di cambiamento strategico brevi.
Dalla visione europea emerge che, per realizzare quanto sopra,sarà fondamentale la realizzazione di alleanze con i governi cosiddetti “like-minded”. Ovvero attraverso una forte sinergia con i governi democratici che sono consci della necessità di adottare misure sinergiche tra rispetto dei diritti fondamentali del lavoro e tutela ambientale. Oggi, molti di questi governihanno impegnato importanti risorse finanziarie per affrontare queste sfide:gli USA con l’InflationReduction Act, il massiccio pacchetto di sussidi pubblici,pari a 360 miliardi di $ entro il 2032,l’India con una serie di incentivi nel settore delle batterie e del fotovoltaico, il Giappone con un piano di investimenti di circa 140 miliardi di Euro.
Il programma americano, in particolare,sta rischiando di dirottare oltreoceano gli investimenti delle aziende europee attratte dagli aiuti di Stato.Per questo Brussel e Washington stanno discutendo un possibile accordo, volto a non penalizzare i produttori europei e a creare le basi tra i partner transatlanticiper un commercio sostenibile a partire dalle materie prime critiche, limitando contemporaneamente il ruolo fondamentale della Cina (82% nella produzione di grafite) nelle filiere delleCleantech, per la produzione di pannelli solari e batterie agli ioni di litio.
Obiettivi e azioni per la realizzazione di una filiera dell’Unione europea resiliente, sostenibile e responsabile
1.A fronte degli elementi sin qui evidenziati, sulla base anche delle attuali dinamiche internazionali e degli ormai imprescindibili vincoli sociali e ambientali, sarà importante prendere a riferimento alcune riflessioni emerse dal dibattito in seno all’ILO, sulla necessità di superare un approccio non vincolante riconoscendo che le misure volontarie e non vincolanti sono insufficienti per affrontare sfide così complesse. Pertanto,le decisioni strategiche dell’Unione Europea volte a realizzare una filiera produttiva resiliente e responsabile dovrebbero muoversi in base alle seguenti raccomandazioni:
- Sarà auspicabileche la Commissione, nella individuazione della strategia edelle azioni future, coinvolgatutti gli attori, sia pubblici che privati, prevedendo anche un robusto pacchetto di sostegni tecnici e finanziari,volti a promuovere una transizione organica, che metta sullo stesso piano tutti i paesi europei, evitando ulteriori divaricazioni strutturali, garantendo equilibrio, inclusività e pari accesso ai sostegni, soprattutto per quanto riguarda misure per una transizione giusta per quanto riguarda i lavoratori.
- Coinvolgere il Parlamento Europeo (non solo come osservatore), e le parti sociali europee nell’European Critical RawMaterials Board,che avrà il compito di “consigliare la Commissione, facilitare il coordinamento europeo, realizzare azioni di esplorazione, monitoraggio, scorte strategiche, progetti strategici con paesi terzi e fornitura, consulenza per l’accesso ai finanziamenti dei Progetti Strategici.” Tale Board dovrebbe garantire un approccio e decisioni inclusive, nonché la realizzazione di condizioni di parità tra i paesi della Unione.
- Attuare una diversificazione delle fonti di approvvigionamento per lo sviluppo di catene di approvvigionamento di materie prime eminerali critici , attraverso pratiche minerarie e di produzione resilienti, sostenibili e responsabili,che dovranno essere alla base di politiche produttive sostenibili, in grado di ridurre la dipendenza da un’unica fonte di approvvigionamento
- Definirenorme,a partire da quelle relativealla due diligence e alla condotta responsabile delle imprese, che sianovincolanti e trasversali ai settori, ovvero che riguardino tutte le imprese dell’Unione Europea e le loro attività, lungo tutta la catena di fornitura e di subappalto, anche in paesi terzi, garantendo la applicazione dei principi delle Linee guida OCSE sulle Multinazionali e quelle sulla Due Diligence nelle Catene d’Approvvigionamento Responsabile di Minerali provenienti da Zone di Conflitto e ad Alto Rischio. Riconoscendo che l’approvvigionamento e l’utilizzo di prodotti contenenti materie prime e terre rare provenienti da paesi in conflitto o privi dei diritti umani e del lavoro fondamentali, ancorché prodotti in Cina e altri paesi terzi privi del rispetto di tali diritti, è una modalità inaccettabile e che, pertanto, è necessariodisimpegnarsi responsabilmente da tali paesi.
- In questo quadro è fondamentale garantire il rispetto di tutte le norme internazionali, tra cui quelle che disciplinano il commercio illecito di risorse, oltre che economiche, prevedendo anche sanzioni di carattere commerciale.
- Le norme sulla due diligence dovrebberogarantire la prevenzione di impatti negativi, con meccanismi di allerta precoce, un sistema risarcitorio per i possibili danni,l’accesso alla giustizia per le vittime e i loro rappresentanti (a partire dai sindacati e i difensori dei diritti umani). Sarà fondamentale svolgere ladue diligence sui diritti umani applicando una prospettiva di genere per identificare comegli effetti negativi reali o potenziali possono differire o possono essere specifici per le donne, prevenirli e affrontarli.
- Prevedere la cessazione dei contrattiin caso di inadempienza reiterata da parte del fornitore. Sarà inoltre fondamentale, applicare quanto previsto dall’OCSE in relazione alle scorte preesistenti di terre rare pesanti, o di prodotti a base di quelle terre rare, nella misura in cui è possibile identificare la fonte dell’esistenza forniture, assumendosi la responsabilità della due diligence in tutta la filiera, garantendone la conformità non affidandosi a terzi.
- Adottare politiche di pari opportunità nell’occupazione che eliminino ogni forma di discriminazione e promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva su tali tematiche.
- Supportare i partner commerciali nello sviluppo di politiche di pari retribuzione per lavoro di pari valore.
- Individuare alternative regionali o internazionali, che riducano sia il rischio di interruzioni della catena del valore di approvvigionamento (dovute a eventi esterni, come crisi politiche o catastrofi naturali)con l’adozione di criteri innovativi che abbiano al centrol’inclusione dei principi e dei diritti fondamentali sul lavoro e dell’ambiente, individuando sostegni perchè le imprese siano messe in grado di individuare i rischi specifici del settore e attuare procedure di due diligence nei loro sistemi di gestione.
- Adottareprocedure che garantiscanoche le imprese beneficiarie di incentivi e altre forme di sostegno,non contribuiscano direttamente o indirettamenteai danni legati all’utilizzo di materie prime, edi terre rare pesanti estrattein modo irresponsabile da contesti a rischio di violazione dei diritti umani e ambientalie da situazioni di conflitto.
- Adottare politiche di trasparenza e pubblicare i resoconti sull’approvvigionamento di materie prime e terre rare e comunque di prodotti da fornitori di paesi terzi.
- Adottare una cooperazione tra i vari attori della filiera produttiva, sostenendo la promozione di accordi globali tra le parti sociali.
- Come sottolineato da Global Witness,gli investitori e le industrie delle terre rare, dovrebbero rendere pubbliche le fonti di approvvigionamento e bisognerebbe utilizzare la leva finanziaria e misure restrittive UE, per dissuadere le aziende dall’approvvigionamento di terre rare pesanti dal Myanmar. Inoltre, si dovrebbero includere nei costi di prodotto anche i costi degli interventi di tutela sociale e ambientale, compresi i processi di trattamento dei rifiuti e di riciclo.
- Attuaremisure incentivanti e investimenti europei nella formazione e nella innovazione produttiva.
- definire inoltre una politica industriale, commerciale ed economica, che abbia una visione sostenibile globale, a prova di futuro.
- Digitalizzazione della filiera produttiva. L’utilizzo di tecnologie digitali sarà fondamentale per migliorare la gestione della catena di approvvigionamento, attraverso piattaforme di gestione degli ordini, tracciabilità di prodotti e monitoraggio dei processi produttivi per migliorare l’efficienza della filiera produttiva e individuare problemi in modo tempestivo.
LINKS/URLWEBSITES https://ec.europa.eu/growth/sectors/raw-materials/policy-strategy_en https://ec.europa.eu/growth/sectors/raw-materials/specific-interest/critical_en https://eitrawmaterials.eu/ https://rmis.jrc.ec.europa.eu/ https://rmis.jrc.ec.europa.eu/?page=scoreboard2018#/ | LINKS/REFERENCESTOPUBLICATIONS https://doi.org/10.1007/s11367-019-01678-8 https://doi.org/10.1016/j.resconrec.2019.03.045 https://dx.doi.org/10.2760/658948 https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2017.09.117 https://doi.org/10.1111/jiec.12809 https://doi.org/10.1016/j.resconrec.2019.02.022 https://doi.org/10.1016/j.resourpol.2017.05.008 http://dx.doi.org/10.1007/s11367-016-1244-0 http://dx.doi.org/10.1016/j.resconrec.2014.10.014 |
Norme di riferimento:
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11.12.2019 Proposal for a REGULATION OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL establishing a framework for setting ecodesign requirements for sustainable products and repealing Directive Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, The European Green Deal, COM(2019) 640,.
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