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Il pendolo del potere oscilla verso i sindacati americani?

La United Auto Workers ha ottenuto una vittoria importante. E potrebbe essere un segnale di un futuro in arrivo per i lavoratori, a meno che la Fed non li indebolisca nuovamente.

La UAW ha ottenuto una vittoria importante. È ancora in attesa del voto degli iscritti del sindacato, ma è un grande risultato: un aumento salariale del 25% nei quattro anni e mezzo di contratto, allineamento ulteriore della retribuzione oraria agli aumenti futuri del costo della vita, il diritto di sciopero nei casi di chiusure di stabilimenti e un periodo di tempo più breve affinché tutti i lavoratori raggiungano il massimo della retribuzione.

Se la vittoria avrà ripercussioni su tutta l’industria automobilistica** e incoraggerà aumenti salariali in altri settori, sarà una vittoria anche per la classe media americana.

Per 30 anni – dal 1946 alla fine degli anni ’70 – la classe media americana si era espansa. Ciò fu dovuto, in gran parte, al fatto che i sindacati avevano ottenuto aumenti dei salari e dei benefici che – più o meno – seguivano gli incrementi della produttività complessiva del sistema economico industriale.

Le aziende non sindacalizzate concedevano ai loro lavoratori aumenti simili perché sapevano che, se non lo avessero fatto, sarebbero state bersaglio dell’organizzazione sindacale.

Era il “contratto sociale americano” del dopoguerra.

Ma dalla fine degli anni ’70, i salari dei lavoratori dell’industria manifatturiera sono rimasti quasi stagnanti, adeguati all’inflazione. La maggior parte dei guadagni [nr di produttività e redditività delle imprese] sono andati ai vertici [nr manager e azionisti].

Cosa è successo?

Per prima cosa, gli investitori attivisti (chiamati “corporate raider” negli anni ’70 e ’80, e “private equity managers” oggi) hanno avuto il diritto di organizzare acquisizioni ostili di società, e poi pretendere maggiori profitti.

Dato che le buste paga rappresentano circa i due terzi dei costi aziendali, i predoni hanno costretto le aziende a tenere sotto controllo salari e benefici.

Per fare ciò, le aziende hanno dovuto distruggere i sindacati, esternalizzando posti di lavoro all’estero, trasferendosi [nr negli Usa] negli Stati antisindacali (ovvero “diritto al lavoro”) e licenziando i lavoratori che cercavano di organizzarsi sindacalmente.

Ronald Reagan legittimò tutto questo quando nel 1981 licenziò più di 11 mila controllori del traffico aereo in sciopero, rappresentati dalla Professional Air Traffic Controllers Organization, o PATCO.

Il risultato è stato un drammatico calo del potere contrattuale dei lavoratori comuni. E con ciò, una contrazione della classe media americana.

Negli anni ’50 più di un terzo di tutti i lavoratori del settore privato erano sindacalizzati. Oggi, i lavoratori sindacalizzati rappresentano solo il 6% dei lavoratori del settore privato (il 10% di tutti i lavoratori è iscritto a un sindacato, ma molti lavorano nel settore pubblico).

Dal 1946 fino all’inizio degli anni ’70, i sindacati organizzarono centinaia di grandi scioperi, ogni anno. Dopo il 1981 il numero degli scioperi maggiori è sceso a poche decine all’anno.

Il pendolo ora sta oscillando indietro?

Finora quest’anno ci sono stati 22 grandi scioperi, 17 dei quali presso aziende private.

I contratti negoziati dalla UAW, dagli scrittori di Hollywood, dai lavoratori dell’UPS, dagli operatori sanitari della Kaiser Permanente e persino dai dipendenti universitari, tra gli altri, hanno conseguito cospicui aumenti salariali e maggiore sicurezza sul lavoro (gli scrittori hanno anche ottenuto alcune protezioni contro l’intelligenza artificiale).

La maggior parte degli americani sostiene fermamente i lavoratori. I sondaggi mostrano che l’opinione pubblica in stragrande maggioranza ha sostenuto i lavoratori del settore automobilistico [nr in sciopero] rispetto alle aziende.

La fiducia nelle grandi imprese è al punto più basso degli ultimi decenni, mentre l’approvazione dei sindacati è vicina al massimo.

 Cosa spiega questa esplosione di attivismo sindacale, la straordinaria serie di vittorie sindacali e il sostegno dell’opinione pubblica ai sindacati?

In parte, penso, sono le dure disuguaglianze messe in luce dalla pandemia.

La pandemia ha rivelato drammaticamente quanto sia più facile per gli americani ricchi sopravvivere rispetto a chiunque altro, e quanto tutti noi siamo dipendenti dai lavoratori che semplicemente svolgono il proprio lavoro.

A ciò si aggiunge l’ascesa in politica di posizioni più radicali o populiste – a partire dalla sorprendentemente forte performance di Bernie Sanders nel 2016, mentre Donald Trump si atteggiava a “voce” dei lavoratori – in un sistema che sembra sempre più truccato contro la classe media e lavoratrice.

Inoltre, le vittorie sindacali hanno animato un circolo virtuoso, incoraggiando più lavoratori ad aderire ai sindacati e più sindacati a mostrare i muscoli e chiedere aumenti salariali.

E poi c’è il mercato del lavoro ristretto post-pandemia, in cui i consumatori spendono maggiormente, l’economia è in crescita e i datori di lavoro si preoccupano di ottenere e mantenere i lavoratori di cui hanno bisogno.

Quindi il pendolo continuerà a oscillare verso i sindacati?

Mi piacerebbe pensarlo. Ma francamente mi preoccupo per il presidente della Fed, Jerome Powell, e i suoi colleghi.

Continuano a credere – erroneamente – che l’inflazione sia spinta dagli aumenti salariali piuttosto che dai profitti aziendali.

Se riuscissero a rallentare l’economia fino al punto in cui i lavoratori perdessero qualsiasi leva contrattuale di cui dispongono ora, non è affatto chiaro se politiche più radicali o disuguaglianze più evidenti o una serie di vittorie sindacali siano sufficienti per rimettere il lavoro organizzato sulla strada dove si trovava quattro decenni fa.

*Robert Reich, ex ministro del lavoro americano, è professore di politiche pubbliche all’Università della California a Berkeley. Articolo pubblicato in inglese sul quotidiano “The Guardian” www.theguardian.com/commentisfree/ 2023/nov/01/unions-labor-strikes-biden-us-economy-robert-reich, tradotto in italiano da Gianni Alioti.

** È di oggi (01/11/2023) la notizia che anche il gruppo Toyota negli Usa abbia deciso di concedere ai propri lavoratori aumenti salariali in linea con quelli ottenuti dalla UAW con le 3 Big di Detroit.

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