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La destra di Governo e il pericolo per la nostra democrazia

Le scelte di questi giorni del governo Meloni e di alcuni esponenti della sua maggioranza concretizzano il superamento del limite della legalità politica, fino a mettere in pericolo la qualità della nostra democrazia.

Ha iniziato il vicepremier Salvini contestando frontalmente la sua incriminazione da parte dei Pm di Palermo per aver bloccato in mare per diversi giorni, quando era Ministro dell’Interno nel governo Conte1, 147 migranti, tra cui 32 minori, sulla nave Open Arms impedendo loro di sbarcare. Del tutto fuori luogo appare la motivazione da lui addotta per giustificare il suo comportamento anomalo: “difesa del confine di Stato”, misconoscendo che il diritto internazionale e la stessa legge del mare obbligano a salvare chi si trova in condizioni di pericolo. 

Ad aggravare tale comportamento, che presenta aspetti di disumanità, è arrivata la copertura politica dell’intero governo Meloni, la premier in testa, la quale ha qualificato la scelta dei giudici come “incredibile” e il comportamento di Salvini “applicazione del mandato ricevuto dai cittadini”. Il fatto ha scatenato un dibattito largamente condizionato dalle posizioni di schieramento sul carattere politico della scelta dei giudici, sull’autonomia della politica rispetto alla magistratura, e sul rapporto tra politica e morale.  

Nel caso specifico va tenuto presente che l’avviso di garanzia a un membro del governo è avvenuto nel rispetto dell’art. 96 della Costituzione, cioè in seguito a una decisione di procedere da parte del Parlamento.  Si tratta invece di un caso diverso, inserito polemicamente nel dibattito, il fermo della nave Diciotti perché allora a bloccare lo sbarco era il conflitto tra Stati (Italia e Malta) su chi doveva accettarlo. 

In ogni caso, questa vicenda Open Arms ha dato luogo a un conflitto diretto tra poteri dello Stato che non si era mai visto prima, nel quale pesano tutte le distorsioni della prassi che ha interessato la vita politica italiana negli ultimi anni. A questo fatto sono seguite alcune dichiarazioni fuori dalle righe e immotivate del Presidente del Senato La Russa, il quale, dimenticando di rappresentare la seconda carica dello Stato, si è permesso di criticare direttamente i magistrati di Catania che “interpretano le leggi e le correggono”, dopo che in precedenza aveva aperto una incomprensibile polemica con il vicepremier Tajani sugli extra-profitti delle banche. 

Il considerarsi in libera uscita nello svolgimento della loro funzione istituzionale sembra essere diventata il tratto saliente di questa classe dirigente che ci governa.  L’altro episodio che negli ultimi giorni ha qualificato politicamente il governo di destra è stato il suo rapporto con la nuova Commissione Ue guidata da Ursula Von der Leyen. Pur avendo gestito la campagna elettorale europea da posizioni alternative alla maggioranza vincitrice, formata da popolari socialisti e liberali, Meloni ha rivendicato  per il candidato italiano  a commissario Ue una delega importante e una vicepresidenza esecutiva. 

Avendo ottenuto per Fitto una delega di media rilevanza sulla concorrenza e una vicepresidenza sulla base del raddoppio di tali incarichi da tre a sei , con evidente ridimensionamento di ruolo,  Meloni ha raggiunto un risultato importante ma, nello stesso tempo, ha aperto un  nuovo  conflitto politico sulla politica ambientale dell’Ue e in particolare sul Green Act alla vigilia del prossimo confronto con la Commissione sul piano settennale, e  la manovra annuale alla luce del nuovo Patto di stabilità. 

Assodato che il nuovo vicepresidente e commissario Fitto si atterrà alle linee strategiche della Commissione Ue, per il governo Meloni si apre una fase contraddittoria che lo colloca in una posizione ambigua tra la partecipazione al governo con un proprio rappresentante e una politica sostanzialmente di opposizione manifestata anche da ricorrenti voti contrari sulle scelte Ue. come recentemente è avvenuto sull’uso delle armi inviate all’Ucraina nel conflitto sul territorio russo. 

Mentre va augurato buon lavoro a Fitto in piena coerenza con il programma Ue, per il governo italiano è in gioco la sua credibilità politica che viene messa in discussione dal fatto di tenere il piede in due staffe alternative nella fase in cui, anche alla luce del Rapporto Draghi, all’Europa sono richieste scelte strategiche impegnative. 

L’insieme dei comportamenti suindicati configurano una fase difficile e contraddittoria del governo italiano che lo colloca chiaramente al di sotto della qualità politica necessaria per affrontare i molti problemi da tempo irrisolti, con il perdurante pericolo di cadute improvvise. 

Ma anche quest’ultima prospettiva viene considerata dal governo irrealistica in quanto la competizione e il dissenso tra alleati, sia pure in questioni delicate di politica estera, vengono considerate un percorso utile per riuscire a includere tutte le destre nella politica del governo. Tesi confermata da una recente dichiarazione di Tommaso Foti, capogruppo FdI della Camera, secondo il quale la fine dell’esecutivo può avvenire solo tramite le elezioni. Una linea che, se applicata, inciderebbe profondamente sulla qualità della nostra democrazia. Una possibilità più vicina di quanto si pensi, e quindi sollecita ulteriormente rendere concreta una alternativa politica

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