L’autrice, giornalista d’inchiesta, ricostruisce, in questo libro, uscito recentemente, il periodo più nero della nostra Repubblica. La grande crisi di sistema che colpì l’Italia tra il 1992 e il 1993, e che trovò soluzione nella nascita della Seconda repubblica, è segnata da avvenimenti tragici dai risvolti ancora non chiari. Il cosiddetto golpe Nardi, l’assalto alla sede Rai di Saxa Rubra da parte di un gruppo di mercenari in contatto con la Cia, le stragi di Milano, Firenze, Roma, quelle mafiose di Palermo, il black-out a Palazzo Chigi, e in mezzo Tangentopoli, gli scandali del Sismi e del Sisde, la fine dei partiti storici, la crisi economica.
La sequenza di avvenimenti di quel biennio ricostruita in questo libro ha qualcosa di impressionante e fa pensare a una regia che passa attraverso le nostre stesse istituzioni. Come dimostra l’autrice, tutti questi fatti portano il segno di una grande opera di destabilizzazione messa in pratica anche con la collaborazione delle mafie e con l’intento di causare un effetto shock sulla popolazione, creando un clima di incertezza e di paura, e disgregando le nostre strutture di intelligence.
Centinaia di testimonianze, inchieste, processi hanno offerto le prove che in Italia è stata combattuta una guerra non convenzionale a tutto campo e sotterranea.
Furono azioni coordinate? E se sì da chi? Non lo sappiamo. Di certo tutte insieme, in un contesto di destabilizzazione permanente, provocarono un ribaltamento politico generale. Un golpe a tutti gli effetti.
L’AUTRICE
Stefania Limiti è nata a Roma ed è laureata in Scienze politiche. Giornalista professionista, ha collaborato con “Gente”, “l’Espresso”, “Left”, “La Rinascita della Sinistra”, “Aprile”. Da anni si dedica alla ricostruzione di pezzi ancora oscuri della nostra storia attraverso la lettura delle sentenze giudiziarie e interviste ai protagonisti. Risultato di questo lavoro giornalistico sono stati i tre libri finora pubblicati con Chiarelettere: L’Anello della Repubblica, Doppio livello e Complici. È attualmente indagata per non aver rivelato, relativamente alla strage di Capaci, le fonti usate nel libro Doppio livello. Stefania Limiti ha seguito con molta attenzione anche la questione palestinese. Ha scritto I fantasmi di Sharon (Sinnos 2002), nel quale ha ricostruito la strage nei campi profughi di Sabra e Shatila e le responsabilità libanesi e israeliane, e Mi hanno rapito a Roma (l’Unità 2006), sulla vicenda del sequestro da parte del Mossad di Mordechai Vanunu, che mise l’Italia sotto i riflettori del mondo intero nel 1986. Inoltre ha realizzato un’inchiesta sul dossier voluto dai Kennedy sull’assassinio di JFK dal titolo Il complotto (Nutrimenti 2012).
Per gentile concessione dell’Editore pubblichiamo un estratto del libro
Questo libro
Si è voluto, con l’uomo dal passamontagna, creare una indelebile, ossessiva immagine del terrore. Il terrore della delazione senza volto, del tradimento senza nome. Si è voluto deliberatamente e con macabra sapienza evocare il fantasma dell’Inquisizione, di ogni inquisizione, dell’eterna e sempre più raffinata inquisizione.
(Leonardo Sciascia, L’uomo dal passamontagna)
Avete presente il colpo di Stato classico, quello realizzato con i carri armati e l’assalto al palazzo del governo? Bene, dimenticatelo. Perché la grande crisi di sistema che colpì l’Italia tra il 1992 e il 1993, e che trovò soluzione nella nascita della Seconda repubblica, passa attraverso sentieri tortuosi, avvenimenti incerti e patti segreti: una via di mezzo tra il golpe cileno e la sfilata della maggioranza silenziosa al seguito del generale Jacques Massu, il torturatore d’Algeria che spianò la strada al generale Charles de Gaulle.
Si susseguirono rapidamente molti eventi in quel biennio, e, purtroppo, non è possibile stabilire un loro principio ordinatore. Sarebbe affascinante, magari tirando un solo filo, far crollare tutto e guardare in faccia l’unico responsabile. Ma assai più adatta al nostro caso è la visione gaddiana delle cose:
per il commissario Francesco Ingravallo le catastrofi impreviste non hanno mai un’unica causa, come sostengono alcuni filosofi, ma sono generate da svariati motivi. Nel caso dei cicloni, quelli che riservano a tutti una fase di profondo e generale sconvolgimento, quelli che cambiano la vita delle persone e di un paese intero, cercare un’unica causa è solo una perdita di tempo. E il biennio che aprì gli anni Novanta è molto simile a quel gaddiano «punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti». L’insieme dei fatti diventa un «nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. […] L’opinione che bisognasse “riformare in noi il senso della categoria di causa” quale avevamo dai filosofi, da Aristotele o da Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause era in lui [don Ciccio] una opinione centrale e persistente». Per l’ineffabile commissario il «pasticciaccio» non può che essere l’insieme delle cause che hanno generato il delitto e che vorticano come un mulinello attorno all’investigatore.
Gli avvenimenti di quel biennio raccontati in questo libro hanno il segno del golpe. Il politologo americano, «brutalmente repubblicano» (Come lo definisce Enrico Deaglio), Edward Luttwak diede alle stampe nel 1968 un famoso «manuale pratico«, aggiornando l’ormai ingiallito lavoro di Curzio Malaparte, e definì il colpo di Stato «l’infiltrazione di un settore limitato ma critico dell’apparato statale e del suo impiego allo scopo di sottrarre al governo il controllo dei rimanenti settori». In Italia andò proprio così. Senza esercito o blitz nei centri nevralgici del potere ma attraverso una sottile e strisciante «strategia dell’inganno», furono messe in pratica diverse azioni che avevano le caratteristiche delle operazioni psicologiche (PsyOps) e che ebbero un enorme impatto mediatico, un effetto shock sulla percezione della sicurezza nazionale e la disgregazione delle nostre strutture di intelligence. Furono azioni coordinate? Non lo sappiamo. Se agì una sovrastruttura della destabilizzazione – in passato si era verificato –, lo fece nel profondo della clandestinità e ci vorrà tempo perché affiori uno straccio di prova della sua esistenza.
Con meno incertezza possiamo affermare che agì una dimensione clandestina dello Stato. Nella cosiddetta Prima repubblica aveva funzionato un delicato equilibrio tra il sistema democratico- parlamentare, pubblico e legittimo, fondato sull’antifascismo, e un lato occulto del potere fondato sull’anticomunismo.
Una sorta di doppia conventio ad excludendum: una democrazia costituzionale, edificata sull’esclusione dell’estrema destra neo- fascista e sull’inclusione del Partito comunista, e una pratica anticostituzionale che legittimava la destra neofascista ed escludeva i comunisti e la sinistra. Fortissime furono le pressioni sulla vita politica italiana, esercitate in forme spesso illegali, affinché quel doppio regime funzionasse, soprattutto attraverso l’uso dei gruppi terroristici e della criminalità organizzata. Questi ultimi sedimentarono anche legami tra determinati apparati dello Stato e i propri rappresentanti, condizionando la storia italiana, forse ben oltre le dimensioni oggi note.
Nel mondo postcomunista non è andata molto diversamente. Durante la nostra Seconda repubblica ha agito un livello pubblico del potere e un’entità sconosciuta, espressione di interessi particolari e potenti, un deep State, per usare un termine al quale recentemente si fa spesso ricorso. Sdoganato dalla stampa anglosassone dopo il coup dei militari in Egitto nel 2013, ma usato per la prima volta in Turchia nel 1996, il deep State (Mike Lofgren, The Deep State. The Fall of the Constitution and the Rise of a Shadow Government , Penguin Books, Londra 2016) si riferisce a quegli apparati segreti o meno, comunque sovrastatali e fuori da ogni controllo politico-elettorale, in grado di usare risorse umane e finanziarie tali da determinare le sorti di una nazione. Taluni utilizzano quest’ampia categoria in riferimento ai regimi illiberali, altri ad esempio per indicare il complesso di interessi che ha agito e affondato molti progetti dell’amministrazione Obama. In ogni caso, non è in discussione la sua esistenza, semmai il suo modo di essere nelle determinate circostanze.
È un potere antidemocratico embedded, incistato, nelle strutture democratiche del potere, cane da guardia degli interessi di una piccola parte a scapito di una maggioranza disgregata, impoverita e senza voce. Proprio come quello che ha agito nel nostro paese nell’ultimo decennio del Novecento.
Stefania Limiti, La strategia dell’inganno 1992-93. Le bombe, i tentati golpe, la guerra psicologica in Italia, Editrice Chiarelettere ,Milano 2017, pp. 288, € 16,90
Dal sito: http://confini.blog.rainews.it/2017/05/18/la-strategia-dellinganno-1992-93-le-bombe-i-tentati-golpe-la-guerra-psicologica-in-italia/