Per me è un’occasione ghiottissima intervenire in questa sessione e poter evidenziare il collegamento esistente fra Orientamento e Alternanza scuola-lavoro: si tratta di due politiche attive per il lavoro.
Benché la dinamica scolastica sia in esse prevalente, non si possono tralasciare gli aspetti legati al mondo del lavoro.
In quanto politiche attive del lavoro, Orientamento e Alternanza vanno gestiti attraverso una governance multilivello: occorrono politiche “nazionali”, non “statali”, cioè fortemente coordinate dal centro ma che si sviluppino sui territori.
In questo contesto il ruolo delle Regioni diventa importantissimo, ma non può essere anarchico, anzi al contrario, deve essere guidato dal centro, ove protagonisti sono due ministeri: il MIUR e il Ministero del Lavoro, che devono lavorare congiuntamente.
Qualora non si dovesse ritenere necessario creare un organismo istituzionale ad hoc, è quantomeno opportuno avvalersi delle strutture già esistenti. Il rischio, in assenza di un intervento “centralizzato”, è che si verifichino situazioni a geometrie variabili sul territorio nazionale, che pure oggi sono state denunciate nel corso degli interventi che hanno preceduto il mio.
Gli studenti sono uguali in tutta Italia e non è giusto che in alcune Regioni abbiano delle occasioni e in altre no.
Per quanto riguarda l’Orientamento, ritengo che sarebbe opportuno far partire le relative attività già dal momento in cui si sceglie la scuola secondaria.
Genitori e studenti devono poter conoscere, soprattutto per gli istituti tecnici, i possibili sbocchi occupazionali.
Se si prendono in considerazione i dati pubblicati da Eduscopio della Fondazione Agnelli, le risultanze sono a dir poco preoccupanti.
Occorre quindi potenziare gli istituti scolastici che non “dialogano” né con il mondo delle Università né con il mondo del lavoro.
Bisognerebbe incidere sulle disuguaglianze degli Istituti, mi riferisco soprattutto agli Istituti Tecnici.
Sarebbe utile, in proposito, analizzare i dati relativi alle comunicazioni obbligatorie per capire quale sia il percorso del giovane a due anni dal diploma: se frequenti l’Università, se abbia trovato lavoro o se sia disoccupato. Questo è il modo migliore per garantire il diritto al lavoro sancito dall’art. 4 della Costituzione che deve esser assicurato sia a coloro che svolgono studi superiori, sia a coloro che svolgono percorsi universitari.
Ciascun giovane deve essere libero di scegliere, anche una facoltà universitaria che non abbia elevati sbocchi occupazionali, purché tale scelta sia operata nella piena consapevolezza. Si tratta di un diritto che, a mio avviso, dovremmo garantire in modo totalmente trasparente a tutti.
Poi c’è il tema dell’Alternanza. Anche io sono molto affezionata al tema dell’apprendistato: nella Regione Lazio abbiamo partecipato sia alla sperimentazione Enel, sia alla sperimentazione voluta sui percorsi di IeFP e abbiamo finalmente spinto molto sui contratti a contenuto formativo.
L’apprendistato di primo e terzo livello costituiscono la svolta per l’inserimento professionale anche se si fa fatica a far decollare tali tipologie contrattuali perché per definire il piano formativo le imprese e le scuole devono sedere allo stesso tavolo e le scuole e le Università, per l’apprendistato di terzo livello, devono curvare i programmi didattici, a cui sono molto affezionati, alle esigenze delle imprese e questo non sempre accade.
Io sto promuovendo molto l’apprendistato nella mia Regione, ma si fa ancora una grandissima fatica. Devo ringraziare, in ogni caso, Luigi Bobba che ci ha dato una mano enorme con gli ITS.
Un giorno per l’Alternanza dovrà succedere quello che è accaduto per le cinture di sicurezza. Non so se lo ricordiate ma una volta si guidava l’automobile senza utilizzare le cinture di sicurezza, ora invece tutti saliamo in macchina e per prima cosa ci assicuriamo di averle allacciate; questo perché è stata fatta un’operazione culturale.
Sul fronte dell’Alternanza, di questa operazione culturale tutti hanno parlato, ma è partita troppo tardi. Occorre recuperare questo divario attraverso una governance multilivello e una visione dal centro che arrivi in periferia con un programma chiaro. Il professore Giordano Cecchetti, nel suo intervento, diceva di non esser d’accordo con l’obbligatorietà dell’alternanza; a me invece piace perché se il programma politico sull’Alternanza non fosse stato obbligatorio nulla sarebbe mai partito e nessuno si sarebbe misurato con questo tema che è invece fondamentale.
Quindi un plauso a tutti i professori che lavorano con mille difficoltà, lo dobbiamo riconoscere. Quando li ho sentiti parlare mi si è aperto il cuore perché sono l’avanguardia e la garanzia per il futuro dei nostri ragazzi.
(*) Assessore Lavoro, Pari Opportunità e Personale della Regione Lazio