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Qualche dubbio sulla effettiva innovativita’

Il contratto dei metalmeccanici tedeschi del Baden Württemberg è stato accolto in Italia con un entusiasmo da stadio. Sempre su parte del versante sindacale. Riservandomi un approfondimento appena sarà possibile esaminare il testo, dalle prime reazioni in Germania ma anche da noi, la trovo un’occasione persa.

È vero che si realizza nel Baden Württemberg, dove alcune grandi imprese hanno la loro contrattazione aziendale alternativa e altre ricorrono al salario minimo, però i contratti, tutti i contratti, possiedono un’anima. Una scelta di fondo che ne determina la qualità e la natura innovativa.

Un contratto può chiudere una fase o aprirne una nuova. Può redistribuire o investire sul futuro. E non basta un po’ di work life balance per cambiarne la natura conservativa.

La IG Metall ha perso parecchio smalto in questi anni per evidenti difficoltà a tenere insieme imprese, generazioni, territori e esigenze individuali diverse. Il modello sociale tedesco è in affanno e accusa sempre più difficoltà nella competizione globale.

SPD e DGB di cui la IGMetall fa parte, pur su versanti diversi ne stanno pagando un prezzo elevato in termini di consenso. L’individualismo come il populismo spingono altrove la ricerca di risposte.

Un contratto pilota non può non comprendere che le esigenze di competitività delle imprese e le esigenze individuali e collettive dei lavoratori devono trovare nuove sintesi. Non devono solo distribuirne i vantaggi accumulati nel recente passato. Soprattutto quando il livello negoziale è uno solo.

Questo porterà inevitabilmente ad un ulteriore sfarinamento dell’importanza della contrattazione collettiva tedesca. Purtroppo già evidente.

Ed è anche per questo che preferisco lo sforzo di Federmeccanica e FIM/FIOM/UILM nel loro contratto nazionale. Qui vedo la discesa in campo di una impresa moderna che accetta la sfida del sindacato, la rilancia mettendo al centro il lavoratore, il suo sviluppo professionale e il suo contributo alla crescita, alla realizzazione degli obiettivi di business, ne promuove il welfare dedicato ma anche forme di work life balance.

Il futuro dei modelli contrattuali è proprio nella capacità di coniugare interessi collettivi e individuali costruiti sul posto di lavoro con tecnica sartoriale. Da qui un modello contrattuale per l’industria metalmeccanica che prevede un contratto collettivo nazionale che fissa la cornice di garanzia e la contrattazione aziendale o territoriale o di rete, che garantisce un equilibrio complessivo.

Il contratto firmato dai metalmeccanici italiani è, ovviamente, solo un primo passo. Altri ce ne dovranno essere per realizzare concretamente quel risultato. Ma il primo passo è nella direzione giusta.

Quello tedesco mi sembra importante essenzialmente sul piano redistributivo. Però il vantaggio del sindacalismo tedesco rispetto a quello italiano che ne vorrebbe prendere solo alcuni aspetti è comunque nel saper comprendere che sono la condizione di salute delle imprese e del sistema circostante la vera differenza su cui innestare la propria iniziativa. Questo, nonostante tutto, è rimasto, fortunatamente.

Mi sarei però aspettato più idee e meno timidezza dal fronte imprenditoriale tedesco in termini di innovazione e flessibilità e visione del futuro perché il contratto si fa in due. Da qui i miei dubbi. Tutto qua.

 (*) Direttore Generale CFMT (centro studi, ricerche e formazione per i manager del terziario)

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