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La vittoria di Zaia e la politica

L’eccezionale risultato conseguito da Luca Zaia in Veneto è una grande vittoria personale, di cui gli va dato atto, per l’impegno e la determinazione con cui l’ha realizzata, giorno per giorno, a partire dalle quotidiane conferenze stampa sul Covid, con cui ha spopolato nelle varie reti televisive della regione, in tutte le ore del giorno. Che si tratti di una vittoria personale, più che politica, è dimostrato dall’aver surclassato la lista del suo partito e dalla mancanza di un legame individuabile tra il suo successo e le sue realizzazioni. La sua capacità è stata quella di interpretare, immedesimandosi, la cultura e le aspirazioni del cittadino veneto medio, impaurito dall’imperversare del Covid, riuscendo, grazie anche alla collaborazione con il virologo Andrea Crisanti, a individuare alcune risposte positive, anche se poi il rapporto si è interrotto. Va segnalato anche il fatto che, nella desertificazione del centro moderato, in seguito anche agli errori strategici di Renzi e Calenda, Zaia ha saputo offrire una prospettiva formalmente moderata pur non rappresentando alcuna diversità politica sostanziale della Lega di Salvini. Appare infatti del tutto inutile e ozioso prospettare possibili alternative a Salvini, perché Zaia è consapevole che, fuori dal Veneto, come politico egli non esiste. Ciò che invece desta non poche preoccupazioni è che il successo di Zaia sta diventando l’alibi dietro al quale una intera classe dirigente nasconde un processo di progressivo declino dell’economia e della società veneta. Basta considerare che negli ultimi vent’anni, in Veneto non è stato realizzato alcun progetto che abbia un significativo rilievo sul futuro del nostro territorio. Nella realtà si è proceduto in senso opposto, deteriorando (sanità), vendendo (banche, aziende maggiori), e trascurando (ricerca e innovazione) in buona parte il patrimonio costruito in precedenza. Tanto che oggi appare ormai sempre meno possibile realizzare in Veneto un processo di sviluppo autocentrato, perché nel territorio non ci sono più e le risorse necessarie, e occorre affidarsi a quelle provenienti dal governo nazionale o da soggetti esteri. Una realtà di progressiva dipendenza nella quale il processo di autonomia regionale, che si torna a rivendicare come bene in sé e come atto dovuto, diventa lo strumento di rivendicazione permanente verso lo Stato, e nuovo alibi per scaricare altrove le proprie responsabilità. Con l’aggravante che il Veneto sta diventando sempre più una società euroscettica, e in tal modo sta allontanando una serie di opportunità derivanti dalla sua collocazione nel cuore dell’Europa. Questo risulta il risvolto politico della vittoria di Zaia, sul quale è necessario tornare a riflettere, per cercare alcuni rimedi, prima che sia troppo tardi.

 

* Già Segretario Confederale CISL e già senatore PD

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