Superata l’ebbrezza dell’approvazione, dal (morituro) Senato, della riforma del bicameralismo perfetto, restano i “compiti per le vacanze” assegnatici da Bruxelles e bruscamente ribaditi da Draghi che esige di vederli per autorizzare la flessibilità’ richiesta dai Paesi più in difficoltà’.
Nel numero di luglio scorso della newsletter abbiamo dato notizia delle raccomandazioni del consiglio UE e sopratutto del metodo suggerito.
Nella nuova scansione dei “1000 giorni” di Renzi colpiscono le seguenti affermazioni:
anzitutto la tempistica sicuramente dilatata rispetto a precedenti affermazioni;
l’ampiezza dei propositi;
e due affermazioni dei Ministri del Lavoro e della Funzione pubblica: la prima contenente la proposta di un nuovo “contributo di solidarietà” sulle pensioni, la seconda sul rifiuto di affrontare una tornata contrattuale delle categorie del Pubblico impiego per mancanza di risorse per aumenti retributivi.
Ambedue le affermazioni hanno destato e destano serie preoccupazioni al di là del merito delle stesse.
Il balon d’essais del Ministro Poletti, immediatamente smentito in sede governativa, continua a confermare una scarsa cultura della solidarietà tutta legata non all’insieme del mondo del lavoro, ma solo ai lavoratori e in particolare ai lavoratori dipendenti, mentre i giornali informano dei trattamenti di fine rapporto degli ex AD di Luxottica (50 milioni) o della Ferrari (27 milioni).
Ancora più sorprendente è la posizione assunta dal Ministro Madia per la quale, evidentemente, la contrattazione collettiva si risolve in un braccio di ferro sulle tabelle retributive. Il che è tanto più grave ove si consideri che l’affermazione viene da chi ha la responsabilità istituzionale dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione che proprio le Autorità Europee – come abbiamo visto – ci chiedono di riformare profondamente sia per renderla più efficiente che meno dispendiosa.
Proprio perché non sarà possibile aumentare il monte salariale, non era questa l’occasione per coinvolgere le Parti sociali in una responsabile revisione del modo di lavorare e di essere retribuiti dei pubblici dipendenti e di riorganizzare i servizi per i cittadini e le aziende?
Questo sì ce lo chiede l’Europa ! Altrimenti il costo per gli investitori continuerà ad essere proibitivo per colpa di una non meglio identificata burocrazia che i Pubblici Poteri non sono capaci di governare.
Il rifiuto di confrontarsi non appare come un segnale di forza – il rifiuto dei ricatti (?) – ma di paura di affrontare i problemi con conseguente improduttività della spesa pubblica.
E non è certo guardando alla Spagna – ultima “giaculatoria” di moda – che si può risolvere in Italia il problema della produttività del settore pubblico, se è vero quello che afferma qualche studioso spagnolo che lì si è pensato bene di abolire la contrattazione sindacale nel pubblico impiego.
In ogni caso, le notizie di stampa di questi giorni confermano quello che peraltro era già esplicito nelle Raccomandazioni che abbiamo commentato a giugno e cioè che i tre temi da affrontare subito e sui quali concentrarsi sono:
la riforma del mercato del lavoro;
la riforma della Pubblica Amministrazione;
la riforma della Giustizia civile.
Con una calendarizzazione dell’iter di approvazione degli strumenti normativi comprese le norme sub primarie, regolamentari ed attuative.
Non ci sarà spazio quindi per aumentare il numero dei decreti amministrativi che si rincorrono fra gli Uffici legislativi ministeriali, mentre il rispetto di questo impegno sarà necessariamente tutto sotto la responsabilità di Palazzo Chigi.
Intanto è stato emanato e pubblicato il decreto legge n. 132 del 12 settembre 2014 che affronta il problema della Giustizia civile, mentre è all’esame del Parlamento l’iter di approvazione del disegno di legge delega per la (ulteriore) riforma del lavoro (AS 1428).
Si è dovuto scegliere la via della legge delegata per la complessità delle riforma, che, quindi, entrerà in vigore quando verranno approvati i decreti legislativi governativi.
E’ chiaro quindi che la semplice ( si fa per dire) approvazione della legge delega sarà solo l’atto iniziale del procedimento legislativo, mentre si potrà dire di aver realizzato la “riforma” solo dopo l’entrata in vigore dei decreti delegati e le misure organizzative necessarie.
Lo stesso per la riorganizzazione della Giustizia civile che non può realizzarsi chiedendo agli avvocati di mettersi d’accordo fuori dalle aule giudiziarie o riducendo le ferie annuali dei Magistrati. Non sarebbe meglio se si cominciasse a chiedere a tutti i magistrati di ogni ordine e grado di lavorare nel loro ufficio (ma allora bisogna assegnarlo) e non a casa ?
Di qui l’incomprensibile presa di posizione governativa sulla trattativa contrattuale per le categorie del pubblico impiego, perché è scontato che qualsiasi riforma dell’organizzazione dello Stato e dei servizi pubblici non può realizzarsi “a prescindere” da chi dovrà applicarla, tanto più che è all’esame del Senato un corposo disegno di legge governativo (AS 1577) che si occupa della riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e all’art. 13, del riordino – sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative – della disciplina del lavoro alle dipendenze della P.A.