C’è un grande mondo in questo momento fortemente penalizzato dalle scelte del Governo. E’ quello dei professionisti a partita Iva. Sono gli imprenditori della conoscenza, i knowledge workers, la classe creativa su cui (invece) bisognerebbe investire per il rilancio del Paese.
Un popolo che conta circa 4 milioni di persone, prevalentemente giovani e donne. Sono le piccole formiche del lavoro intellettuale che, con le loro tasse ed i loro contributi previdenziali, alimentano le cicale dello Stato e della mancata spending review..
Perché penalizzato? Partiamo dall’inizio. La riforma del regime dei minimi contenuta nella Legge di Stabilità è un trappola perché aumenterà le tasse del 500% per i giovani professionisti a partita Iva sotto i 35 anni.
Le prime analisi del Centro Studi di Confassociazioni sono impietose: rischiano di perdere il lavoro circa 300mila professionisti e free lance. Su un reddito medio ipotizzato di 19 mila euro, se nel 2014 si pagavano 900 euro di Irpef, con la riforma in arrivo nel 2015 si sborserà oltre 4mila euro (+3 mila euro) Su base mensile questo significa un taglio di almeno 200 euro su un reddito mensile da 1400 euro.
Un disastro epocale che sarà temporaneamente attenuato dall’approvazione di un emendamento al Milleproroghe che prolunga al 2015 (in parallelo con la nuova riforma: della serie facciamo le cose semplici) il precedente regime.
Ma non basta. Il danno sarà ancora più grande perché la situazione è stata resa ancora più drammatica dal mancato blocco dell’aliquota previdenziale per gli iscritti alla Gestione Separata INPS che aumenterà al 30,72 dal 2015 e, al 33,72% entro il 2018, con un incremento dell’1% all’anno.
Abbiamo chiesto al Governo, senza risultato, di bloccare l’aumento dei contributi previdenziali per le partite IVA autentiche, come già fatto nei due anni precedenti. Sono stati presentati emendamenti al Milleproroghe da tutte le forze politiche. Proprio oggi sembra che il blocco sia stato prolungato. Speriamo.
Anche perché, se così non fosse, si aggraverebbe ancor più la disparità di trattamento. Un solo commento: siamo il bancomat dello Stato. Una specie di “gallina dalle uova d’oro”, se si considera che il popolo delle partite Iva con circa 9 miliardi di euro all’anno di contributi previdenziali alimenta i quasi 100 miliardi di patrimonio (a fine 2014) della Gestione Separata INPS.
Un dato chiarisce tutto: il bilancio dell’INPS dice che, a fine 2013, il patrimonio netto dell’Istituto era di soli 7,5 miliardi di euro. La differenza con il dato di più 90 miliardi della Gestione Separata (a fine 2013) racconta una sola storia: le partite Iva supportano e alimentano con circa 82,5 miliardi di euro le gestioni in perdita (e, le pensioni) di tutti gli altri: artigiani, commercianti, lavoratori dipendenti e statali.
In ogni caso, una della chiave di lettura più importanti è che le partite Iva non sono tutte uguali perché la semplificazione dei media non rende merito dei numeri. Come si può evincere dalle tabelle dell’Osservatorio del MEF, possono essere partite Iva:
a)Persone fisiche
b)Persone giuridiche (società di persone e di capitali)
c)Categorie diverse quali:
- Professionisti
- Commercianti
- Artigiani
- Eccetera
Il tutto con regolamentazioni assolutamente diverse dal punto di vista fiscale, previdenziale e assistenziale.
E, dunque, questi sono i dati elaborati dal Centro Studi di Confassociazioni (dati Istat, Isfol, Censis normalizzati al 2014):
- Circa 8,5 milioni le partite iva esistenti
- circa 6,2 milioni le partite iva attive
- circa 3,9 milioni le partite iva di persone fisiche (lavoro libero professionale e autonomo in senso stretto) di cui:
- • circa 2,2 milioni le partite iva delle professioni non organizzate in ordini e collegi
- • circa 1,1 milioni le partite iva delle professioni organizzate in ordini e collegi
- • circa 600mila le false partite iva
4.Circa 1,9 milioni di professionisti iscritti in 27 ordini e collegi che generano circa il 6.6% del PIL
5.Circa 3,5 milioni di professionisti non organizzati in ordini e collegi di cui circa 1 milione iscritto in circa 1400 associazioni professionali che generano il 9% del Pil a livello individuale ed il 21% con le aziende collegate.
Un mondo di intelletto e di gioventù in movimento. Un sistema di ingegno cognitivo penalizzato da scelte che non ne valorizzano il ruolo per il Paese nel presente. E non ne vedono il ruolo centrale nei processi di rilancio del nostro sistema economico perché guardano al futuro con gli occhiali del passato.
Non credo siano necessari altri commenti.
* Presidente CONFASSOCIAZIONI