Il terzo rapporto Education and Training monitor (2014) della Commissione europea mostra luci e ombre del percorso italiano verso gli obiettivi individuati nel programma ET 2020.
Nonostante qualche timido segnale positivo, l’Italia segna ancora il passo nel percorso di formazione del capitale umano.
Rispetto alla maggior parte dei paesi dell’UE, i livelli della spesa pubblica per l’istruzione sono tra i più bassi in Europa (4,2% del PIL nel 2012). Mentre a livello primario che secondario la spesa per studente resta ampiamente in linea con la media UE, ma lo stesso non accade per il livello di istruzione terziario (università), dove gli standard di spesa sono significativamente inferiori.
Il tasso di abbandono scolastico (17%, 2013) resta ben al di sopra della media UE (12%), soprattutto tra le persone di origine straniera (34,4%) e tra gli abitanti delle regioni meridionali. Si tratta di una delle percentuali più alte d’Europa, seconda solo a Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%). Anche se il trend di abbandono scolastico sembra essere lievemente in calo rispetto al 2013 e non distante (17%) dall’obiettivo nazionale fissato per il 2020(15%-16%), si tratta di una percentuale ancora decisamente lontana dalla soglia europea del 10% e su cui incide pesantemente il background educativo della famiglia di origine.
Anche la percentuale di laureati è più bassa rispetto ai valori registrati mediamente in Europa: si laurea solo il 22,4% degli italiani a fronte del 36,9% degli europei, un dato ancora ben distante dal target UE del 40%. E nonostante la percentuale di giovani che dopo il diploma superiore si iscrive all’Università sia in linea con il dato medio europeo, il tasso di abbandono continua ad essere molto alto. Dopo nove anni dall’iscrizione all’Università, solo il 55% degli studenti ha conseguito la laurea (2012).
A ciò si aggiungono le difficoltà riscontrate nei percorsi di transizione scuola-lavoro, anche per i lavoratori altamente qualificati. Solo il 49% di chi consegue una laurea in Italia trova un impiego in tempi brevi (71% la media europea). Una performance peggiore si registra solo in Grecia.
Il ritardo nell’accesso (soprattutto dei più giovani) al mercato del lavoro ha ampliato in maniera considerevole il bacino di persone inattive, fuoriuscite dal mercato del lavoro perché demotivate da un’improduttiva ricerca di un’occupazione. Tra questi si riscontra un’elevata percentuale di persone giovani e qualificate (circa il 24%) su cui il “Piano di Attuazione italiano della Garanzia per i Giovani” sta agendo per rilanciare l’occupazione giovanile in Italia e offrire agli under 30 nuove opportunità formative e occupazionali.
Tuttavia, si sottolinea nel rapporto, anche sotto questo aspetto è opportuno che l’Italia aumenti l’impegno e la partecipazione del settore privato, intensificando non solo la cooperazione con gli istituti di istruzione per la realizzazione di tirocini di qualità ma rendendo più efficace il coordinamento tra il livello nazionale e regionale.
Le criticità messe in luce nel rapporto non riguardano solo la popolazione giovanile. Gli adulti registrano punteggi decisamente al di sotto della media UE sia nei test di alfabetizzazione che di calcolo (Indagine sulle competenze degli adulti – PIAAC): quasi il 30% degli adulti ha scarse competenze di lettura e di matematica in confronto a una media UE (rispettivamente del 19% e del 24%). Sono persone con bassi livelli di qualifica e con probabilità di entrare in percorsi di aggiornamento professionale fino a sei volte inferiori rispetto a individui altamente qualificati. Ciò è legato alla scarsa partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente, la cui percentuale rimane bassa rispetto agli altri paesi UE (6,2% rispetto a 10,5 %, nel 2013).