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Il riordino delle tipologie contrattuali secondo il jobs act

Tanto e  significativo il lavoro del Consiglio dei Ministri nella seduta del 20 febbraio u.s.: sono stati approvati in via definitiva, con pochi adattamenti, i decreti in materia di contratti a tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali. E’ cominciato, inoltre, l’iter di un nuovo decreto, altrettanto emblematico in funzione degli obiettivi riformatori, in quanto attinente alle forme contrattuali di lavoro.

L’attesa era legata alla coerenza delle scelte, dopo la conclamata promozione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, quale strumento di contrasto all’abusata flessibilità, all’origine della lamentata precarietà dei rapporti di lavoro.

L’intervento più incisivo al riguardo attiene al diffuso contratto di lavoro a progetto. A fronte della sua formale cancellazione, è da registrare, tuttavia, una certa apertura verso forme sostitutive, mediante l’opportuno  coinvolgimento delle Parti sociali, muovendosi sempre nell’ambito specifico delle prestazioni coordinate e continuative.

Sopravvivono le altre forme contrattuali cosiddette atipiche, quali il lavoro a chiamata e quello accessorio allargato. Viene meno l’associazione in partecipazione, mentre una certa attenzione, con intenti che  non finiscono mai di essere adeguatori, è dedicata all’apprendistato, al contratto a termine e a quello part time.

Cominciando dalle misure più significative ed attese, meritano considerazione prioritaria le collaborazioni, affermatesi in maniera ampiamente diffusa, dopo la riforma Biagi.

Collaborazioni coordinate e continuative

Il decreto approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri il 20 febbraio u.s. “recante il testo organico delle tipologie contrattuali”, se ne interessa agli artt. 47, 48 e 49, Titolo III – riconduzione al lavoro subordinato – Capo I.

Prima constatazione: superamento del contratto di lavoro a progetto, con abrogazione indiretta degli artt. da 61 a 69 bis del D.Lgs. n. 276/03, che lo regola attualmente (l’art. 69 bis si riferisce, in particolare, alle collaborazioni con partita IVA); sono fatti salvi i contratti in corso, fino all’entrata in vigore del decreto delegato, contratti a termine per  loro natura, legata al conseguimento degli obiettivi del progetto.

Son dettate, invece, regole diverse per le collaborazioni coordinate e continuative, già precedenti le disposizioni sul lavoro a progetto, collaborazioni che trovano la fonte nell’art. 409 c.p.c., che rimane in vigore e che attiene – è il caso di sottolinearlo – alla legittimità dei “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

Dal 1° gennaio 2016 le collaborazioni esclusivamente personali, ripetitive, organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro saranno ricondotte al rapporto di lavoro subordinato (Per la PA la moratoria vale anche per tutto l’anno 2016). 

Se ne deduce la loro legittimità per il periodo precedente, anche se si discostano in parte dall’art. 409 c.p.c., presentando caratteristiche più prossime al lavoro subordinato.

Non solo, con un’apertura di non poco conto, le siffatte collaborazioni continueranno a trovare cittadinanza nell’ordinamento, se così previsto da accordi collettivi (di qualsiasi livello), stipulati dalle Confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative, con disposizioni specifiche (economiche e normative), che trovano ragione in particolari esigenze produttive e organizzative. Viene in mente al riguardo, per tutti, il settore dei call center.

In buona sostanza, la valutazione rimessa alle Parti sociali finisce per surrogare il progetto prima esistente, prescindendo l’art. 409 c.p.c. da tale adempimento e, quindi, dall’esigenza di assicurare un particolare risultato.

Restano ancora salve dalla riconducibilità delle particolari collaborazioni sopra richiamate al lavoro subordinato, al di là della predetta contrattazione collettiva, le seguenti fattispecie:

-collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali, con iscrizione negli appositi  Albi;

-attività prestate, nell’esercizio delle loro funzioni, dai componenti degli organi di amministrazione e controllo, nonché dei collegi e commissioni;

-prestazioni di lavoro per fini istituzionali, in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle Federazioni nazionali e agli enti riconosciuti dal C.O.N.I.

Di interesse, infine, le disposizioni previste in funzione della stabilizzazione dei rapporti, mediante sanatoria delle collaborazioni pregresse  ovvero delle partite IVA, svolte in maniera irregolare.

Trattasi di stabilizzazione perseguita mediante ricorso ai contratti di lavoro  a tempo indeterminato, anche a tutele crescenti(comunque,usufruendo dello esonero triennale dei contributi previdenziali) ovvero con l’utilizzo corretto dei contratti di lavoro autonomo.

La promozione dell’operazione è sostenuta dall’incentivazione consistente nella estinzione degli illeciti in  materia contributiva, assicurativa e fiscale connessi all’eventuale erronea qualificazione dei rapporti pregressi.

Le condizioni sono cosi articolate: 

  • -Sottoscrizione dell’atto di conciliazione, con rinuncia a qualsiasi possibile pretesa circa la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro;
  • -I datori di lavoro non devono recedere dal nuovo rapporto nei dodici mesi successivi, senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
  • -L’assunzione deve avvenire nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto delegato e il 31 dicembre 2015.

 

Contratto a tempo indeterminato

Lo spirito della Riforma viene confermato dalla statuizione di principio, secondo la quale il contratto di lavoro subordinato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.

Contratto di Lavoro a tempo parziale

Viene introdotta più flessibilità di tipo funzionale, con riferimento alle prestazioni supplementari, nonché alle clausole elastiche(aumento dell’ orario di lavoro) e flessibili(modifica della collocazione temporale delle prestazioni).

Per il lavoro supplementare, i contratti collettivi non sono più tenuti ad indicare la causale, ma possono stabilire il  numero massimo delle ore. Se questo non avviene, il datore di lavoro ha facoltà di chiedere le prestazioni di cui trattasi, nel rapporto di tipo orizzontale, nella misura massima non superiore al 15% delle ore settimanali concordate. La maggiorazione della retribuzione sarà in questo caso del 15% della retribuzione globale di fatto onnicomprensiva.

Anche con riferimento alle clausole elastiche e flessibili, non viene preclusa la possibilità di avvalersene, in assenza di previsione del contratto collettivo, a condizione che i relativi accordi individuali siano definiti davanti ad una commissione di certificazione, con indicazione, a pena di nullità, delle condizioni e modalità per le variazioni da parte datoriale, con preavviso di due giorni lavorativi e aumento massimo delle ore nella misura del 25%, nonché maggiorazione della retribuzione pari al 15%, con carattere di onnicomprensività.

Altra novità attiene alla trasformazione da tempo pieno, cui ha diritto il lavoratore con figlio convivente di età non superiore a 13 anni. Il lavoratore può chiedere una sola volta la trasformazione, con  riduzione dell’orario non superiore al 50%, in  luogo del congedo parentale. Altro caso innovativo di trasformazione è quello relativo all’estensione, al di là della patologia oncologica, alle gravi patologie croniche degenerative ingravescenti, riguardanti il coniuge, i figli e i genitori del lavoratore; da diritto alla trasformazione anche l’ipotesi legata all’esigenza  di assistenza  a favore di una persona convivente con totale  e permanente inabilità lavorativa, a connotazione grave.

Quanto al diritto di precedenza, è stata eliminata la disposizione che dava diritto al lavoratore di chiedere, secondo contratto individuale, la priorità,  in caso di assunzione a tempo pieno. Il diritto di precedenza non viene meno nell’ipotesi in cui il lavoro a tempo parziale provenga da una trasformazione di rapporto a tempo pieno.

Lavoro intermittente

La conferma del lavoro a chiamata  trova ragione nella valutata attualità della sua funzione, in relazione a determinate esigenze produttive e dei servizi. 

Viene precisato che, in mancanza delle indicazioni da contratto collettivo delle ragioni del ricorso a tale tipologia di prestazioni, provvederà un apposito decreto non regolamentare del Ministro del lavoro. Dal punto di vista soggettivo, in ogni caso il contratto può essere concluso con lavoratori con più di 55  e con meno di 24 anni di età(in tale ipotesi  le prestazioni devono essere concluse entro il 25° anno di età).

Lavoro a tempo determinato

I punti meritevoli di segnalazione sono così sintetizzabili:

 – risulta chiarito formalmente che il superamento del limite quantitativo del 20% è perseguibile con la sola sanzione amministrativa(20% della retribuzione per ciascun mese, se il superamento è avvenuto per un solo lavoratore, 50% oltre tale soglia), e non anche con la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato;

 – sono venute meno le ragioni specifiche riferite ai settori postale e dei servizi aereoportuali, di fatto superate dalla successiva prevista assenza della causale;

 – viene definitivamente stabilito che, in caso di utilizzo scorretto del contratto, il previsto risarcimento da 2,5 a 12 mensilità di retribuzione è da intendere onnicomprensivo, con riferimento ai profili retributivi e contributivi relativamente al periodo tra la scadenza del termine e la sentenza del giudice;

 – viene confermato,in particolare, dopo il diffuso dibattito intercorso, che la durata massima  del contratto è di 36 mesi.

Somministrazione di lavoro

Queste le novità:

 – lo staff leasing(somministrazione a tempo indeterminato) non sarà più ristretto alla precedente lista di settori e attività, mentre i lavoratori interessati non possono superare il 10%  dell’organico del personale al 1° gennaio di ogni anno, salvo diversa previsione da CCNL;

 – viene meno la possibilità di ricorrere  al lavoro somministrato, in caso di crisi aziendale, sia pure mediante accordo aziendale;

 – i lavoratori non avranno più diritto all’ informazione circa i posti vacanti presso l’utilizzatore;

 – applicazione del risarcimento da 2,5 a 12 mensilità di retribuzione, in caso di conversione  della somministrazione in contratto  a termine;

 – l’utilizzatore non sarà più tenuto a comunicare il trattamento economico da applicare al lavoratore;

 – non sussiste più la norma che escludeva l’applicazione del diritto di precedenza nella somministrazione;

 – scompare la possibilità di compensare all’Agenzia i servizi per la formazione, nell’ipotesi in cui il lavoratore venga assunto dall’utilizzatore al termine della missione;

 – non è prevista più la possibilità di delegare all’utilizzatore la formazione e l’addestramento in materia di sicurezza sul lavoro;

 – viene meno la violazione della somministrazione fraudolenta, spesso di difficile o impossibile dimostrazione.

 

 

Apprendistato

Notevoli gli interventi innovativi che toccano l’apprendistato, a partire dalla stessa denominazione delle tipologie, così ridefinite:

 – apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale;

 – apprendistato professionalizzante(non più o di mestiere);

 – apprendistato di alta formazione e ricerca.

Per la prima e la seconda tipologia viene opportunamente chiarito che esse integrano organicamente un sistema duale di formazione e lavoro, ai fini occupazionali, con riferimento alla qualificazione professionale di cui al Repertorio normativo.

Di rilievo l’attenzione mirata a valorizzare la struttura della prima tipologia con l’alternanza scuola lavoro, per conseguire i diplomi di formazione professionale, di istruzione secondaria superiore, nonchè il certificato di specializzazione superiore.

L’apprendistato professionalizzante potrà essere utilizzato anche dai beneficiari del trattamento di disoccupazione e non solo dai soggetti che usufruiscono della indennità di mobilità, senza tener conto dei limiti di età.

L’apprendistato per l’alta formazione è praticabile da chi possiede già un diploma di istruzione secondaria superiore o un diploma professionale integrato da un certificato di istruzione e formazione tecnico superiore. Permette il conseguimento di titoli di istruzione universitaria, di alta formazione, dottorato di ricerca, praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.

Associazioni in partecipazione con apporto di lavoro

A seguito di intervento forse non sufficientemente meditato, è  da intendere superato tale tipo di Associazione, salvo la sua ultravalidità fino alla cessazione dei singoli contratti.

Lavoro accessorio

Tale tipologia di lavoro viene rilanciata, essendosene evidentemente verificata la funzionalità, in buona sostanza quale espressione vicina ai mini jobs.

E’ stata, infatti, alzata la soglia economica utilizzabile da 5050 a 7000 € annui complessivi, fermo restando, tuttavia, l’importo di  2000 € per singolo destinatario e di 3000 € per i percettori di ammortizzatori sociali.

Altra novità da richiamare è l’obbligo, in caso di utilizzazione, della comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro, mediante modalità telematiche, tra cui SMS ed e-mail.

Quanto alla natura giuridica, viene chiarito in maniera pragmatica che trattasi di rapporti di lavoro subordinato o autonomo, mentre l’anno di riferimento ai fini della determinazione delle predette soglie economiche è da intendere quello civile.

E’ da tener presente, inoltre, il divieto di lavoro accessorio negli appalti come avveniva in passato per prassi, fatte salve specifiche eccezioni individuabili con decreto del Ministro del lavoro.

Modifiche al decreto in materia di tutele crescenti approvato in via definitiva.

Nel rinviare al numero 146 della newsletter Nuovi Lavori, contenente il commento al decreto approvato il 24/12/2014 in prima lettura, le modifiche introdotte nel testo definitivo, varato dal Consiglio dei Ministri il 20 febbraio u.s., hanno toccato:

 – il campo di applicazione: estensione anche ai casi di conversione successiva all’entrata in vigore del decreto definitivo dei contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tempo indeterminato;

 – i licenziamenti discriminatori: vengono qualificati dall’art. 15 dello Statuto dei lavoratori (affiliazione o attività sindacale ovvero  partecipazione ad uno sciopero, discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, di handicap, di età);

 – la retribuzione di base per la misura del risarcimento: ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R.;

 – la disciplina del licenziamento discriminatorio o nullo: si applica anche alle ipotesi di difetto di giustificazione (accertato in sede giudiziaria), riferito alla disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi della legge n. 68/99;

 – la conciliazione: è praticabile anche presso le Commissioni di certificazione;

 – le somme aggiuntive convenute in sede di conciliazione, oltre a quelle mirate alla rinuncia dell’azione giudiziaria per il licenziamento: sono soggette al regime fiscale ordinario.

 – un adempimento aggiuntivo, da più parti criticato, ma funzionale al sistema di monitoraggio e valutazione: comunicazione obbligatoria,integrativa di quella relativa alla cessazione del rapporto di lavoro, per mettere a conoscenza circa l’esito della conciliazione facoltativa. L’adempimento dovrà avvenire entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa di importo variabile tra 100 e 500 € per lavoratore.  

Contratto di ricollocazione

E’ stato spostato ratione materiae nel decreto approvato in prima lettura il 20 febbraio u.s., attinente più propriamente alle politiche attive.

Il contratto  nella versione attuale (riscritta dopo l’Accordo Stato-Regione del 12/02/2015), che dovrà essere naturalmente confermato in via definitiva, esaurito l’iter presso le Commissioni del lavoro parlamentari.

Sono meritevoli di richiamo i seguenti aspetti approvati nell’ultimo CdM:

 – le risorse finanziarie sono attinte dal Fondo per le politiche attive del lavoro già esistente, opportunamente incrementate e non già dal Fondo da istituire presso l’INPS, come previsto in precedenza;

 – i soggetti destinatari sono ora tutte le persone in stato di disoccupazione, ai sensi del D.Lgs n. 181/2000 e non più solo i destinatari rientranti nel campo di applicazione del decreto a tutele crescenti ;

 – dopo la definizione del profilo personale di occupabilità, l’interessato ha diritto alla “dote individuale di ricollocazione”, utilizzabile presso soggetti accreditati, somma proporzionale allo specifico grado di difficoltà del reinserimento lavorativo;

-accanto ai Centri per l’impiego sono coinvolti, quindi, nell’assistenza anche i soggetti privati;

-il rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e la mancata collaborazione del soggetto disoccupato alle iniziative dell’Ente preposto comportano la decadenza dalla predetta dote.

Nell’insieme viene confermato l’intento innovativo di un’assistenza intensiva, ai fini della ricollocazione, mediante uno strumento di politica attiva, indice di una più incisiva organizzazione del mercato del lavoro.

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