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2020, l’anno della svolta ecologica?

Dicembre 2019: a Madrid, COP 25, si consolida l’alleanza tra diritti sociali e diritti ambientali.

Gennaio 2020: a  Bruxelles, la  Presidente Von der Leyen lancia il Fondo per la Giusta Transizione.

Solo a fine dicembre, a conclusione della COP 25 di Madrid, erano univoche le valutazioni di fallimento sugli esiti del vertice mondiale da parte in particolare delle associazioni ambientaliste e dei vari commentatori che dalle proprie scrivanie, senza essere presenti a Madrid, non solo ne decretavano l’insuccesso ma – e questa è la vera insidia – in qualche modo lasciavano intendere l’inutilità di questi vertici.

A Madrid le cose per certi versi non potevano andare diversamente, ma alcuni fatti hanno indicato le direzioni del futuro scenario. 

L’Unione Europea, che nelle diverse COP, era stata costantemente l’animatrice e la motrice degli avanzamenti delle trattative, è arrivata a Madrid con una nuova Commissione che si stava ancora insediando e non aveva potuto predisporre una strategia per una regia dell’evento.

La Cina, principalmente interessata a governare le dinamiche delle trattative commerciali con Trump, a Madrid è sembrata in parte disinteressata ma  particolarmente infastidita dalla crescente unità di intenti tra la lotta ai cambiamenti climatici e le rivendicazioni dei diritti sociali, in particolare dei diritti del lavoro, della democrazia, del rispetto delle minoranze e delle libertà di organizzazione e di espressione delle formazioni della società civile, in presenza tra l’altro delle contestuali manifestazioni degli studenti e della popolazione di Hong Kong.

Organismi vari e associazioni della società civile di respiro mondiale come la grande presenza dei sindacati, delle associazioni delle donne, delle delegazioni delle popolazioni indigene, delle associazioni ambientaliste e dei giovani del movimento di Greta Thunberg hanno riaffermato il legame indissolubile tra  la lotta alle disuguaglianze, la difesa dei diritti sociali, dal lavoro all’accesso all’acqua potabile, all’alimentazione e all’energia pulita con la lotta più efficace e determinata ai cambiamenti climatici.

Anzi a Madrid, grazie a Greta, si è affermata una nuova consapevolezza: non si deve più parlare di cambiamento climatico, né di crisi climatica , ma di emergenza climatica ! La casa brucia!

E in effetti mentre ancora non si erano spenti gli incendi che avevano interessato in maniera impressionante la California, in questi giorni sono terrificanti le immagini degli incendi dell’Australia.

Questi sono gli elementi più significativi e positivi emersi a Madrid: maggiore consapevolezza dell’accelerazione della crisi climatica che presuppone una vera emergenza climatica e maggiore unità di intenti tra i diritti della giustizia sociale e  quelli dei diritti ambientali.

La Giusta Transizione, rivendicata dalla Confederazione Mondiale dei Sindacati, che era presente nel preambolo dell’Accordo di Parigi della COP 21 del 2015, che era diventata la Dichiarazione Finale della COP 24 in Polonia nel 2018, è stato l’argomento più trattato e discusso in quasi tutti i work shop che si sono sviluppati durante i 13 giorni di lavoro a Madrid.

Quindi le COP non sono inutili e non sono necessariamente fallimentari. Se nello specifico delle questioni ambientali fanno registrare dei risultati insoddisfacenti rispetto alle necessità e alle aspettative, di fatto alimentano e favoriscono la crescita e la consapevolezza dell’unitarietà della problematica della giustizia ambientale con quella della giustizia sociale. Le COP dell’ONU sono delle oasi di incontro degli Stati e delle associazioni della società civile di tutto il mondo: sindacati, imprese, donne, ambientalisti, indigeni, scienziati, tecnologi che segnano sempre e comunque un avanzamento di consapevolezza, di dialogo, di costruzione di nuovi percorsi, di nuovi obbiettivi.

Ecco perché diventa importante lavorare subito e bene per la prossima COP 26 che si terrà tra fine novembre e inizio dicembre a Glasgow in Scozia e che vedrà la PRE-COP, quella di preparazione in programma tra fine settembre e inizio ottobre a Milano in Italia. 

Dopo Madrid, Bruxelles.

A soli 30 giorni dalla chiusura dei lavori di Madrid, la neo Presidente Ursula Von der Leyen ha formalizzato al Parlamento Europeo il piano di 1.000 miliardi per la Green New Deal che interesserà l’Europa nei prossimi dieci anni e realizzare la riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030.

I primi 7,5 miliardi andranno a costituire il  FONDO per la  GIUSTA TRANSIZIONE, destinati prioritariamente ai lavoratori di tutta la filiera del carbone, dalle miniere alle centrali elettriche, che impegna oltre 160.000 persone  in tutta Europa. 

Il Fondo interesserà soprattutto i paesi a forte dipendenza energetica dal carbone come la Polonia, ma riguarderà anche i lavoratori della Sardegna e le aziende energivore come l’Ilva che dovranno realizzare forti investimenti e innovazioni tecnologiche per ridurre le emissioni della CO2. 

E’ significativo che già prima della Von der Leyen il sindacato italiano aveva ottenuto dal Governo la disposizione di un primo fondo di 100 milioni per i siti e i lavoratori delle centrali a carbone che dovranno essere chiuse entro il 2025. 

Sostanzialmente il movimento sindacale nazionale, europeo ed internazionale ha posto la questione sociale non in opposizione alla lotta all’emergenza ambientale, ma come necessità di giusta transizione alla trasformazione ecologica dell’economia in cui non possono essere i più deboli a caricarsi i costi dell’abbandono dei combustibili fossili.

E’ stata sfatata la logica consolidata che industria e lavoro sono contrapposti all’ambiente.

Il processo della decarbonizzazione dell’economia è complesso e comporta dei costi che devono essere opportunamente e preventivamente  valutati e contestualmente devono essere incentivati e incrementati gli investimenti sulle tecnologie e le energie pulite.

Ormai anche la grande finanza si interessa sempre meno di investire sui combustibili fossili e la conferma l’avremo a breve nell’appuntamento di Davos.

Bisogna gestire al meglio la trasformazione dell’economia con la consapevolezza che il percorso per un Clima e un Ambiente più sicuro deve essere accompagnato da una prospettiva dei diritti sociali più estesi, ampliati e di maggiore qualità.

Il ruolo delle parti sociali è decisivo. Le persone, i lavoratori non devono temere le trasformazioni profonde che ci attendono, in   particolare quella energetica, che investirà l’abitare, la mobilità e tutti i servizi e quella digitale, altrettanto pervasiva, ma questo dipende dalla qualità delle relazioni industriali e sindacali che saranno disseminate in tutti i posti di lavoro.

Il quotidiano del lavoro ambientalista dovrà essere in grado di fornire le risposte ai seguenti interrogativi : come miglioriamo la nostra impronta carbonica, la qualità della professionalità e dell’organizzazione del lavoro, la capacità di competere salvaguardando la qualità del lavoro e degli impatti ambientali delle nostre attività produttive e dei servizi.

Il  Green New Deal  può essere tutto questo, segnare ancora una leadership a favore dell’Europa nella  costruzione degli scenari futuri dell’umanità. L’Italia in questa prospettiva può dare molto, siamo già oggi uno dei migliori paesi al mondo per il minor peso della CO2 rispetto alla produzione del PIL e complessivamente, in parte, anche per la tutela dei diritti dei lavoratori.

Possiamo e dobbiamo migliorare ulteriormente. 

L’appuntamento centrale del 2020 : la PRE-COP di Milano fine settembre  e la COP 26 di Glasgow fine novembre.  Prepariamoci e lavoriamo insieme, parti sociali e istituzioni.

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