Politiche di istruzione-formazione–lavoro nel modello tedesco
Come un tipico fenomeno carsico, che ciclicamente riemerge, negli ultimi mesi in Italia è ritornato al centro dell’attenzione del Governo e delle parti sociali il modello tedesco dell’istruzione- formazione-lavoro e l’interesse per le politiche di alternanza. Un modello particolarmente interessante, che presenta una struttura articolata e complessa caratterizzata dal coinvolgimento di una pluralità di attori (istituzionali, economici e sociali), e vede la presenza di due tipologie di alternanza scuola-lavoro, quella formativa, offerta dalle Fachoberschulen, istituti ad indirizzo professionale di livello secondario superiore, e quella lavorativa, che si sviluppa nell’ambito del sistema duale rappresentato dalle Berufsschule.
Tale modello, nell’attuale situazione di crisi, come dimostrano i risultati della Germania nel campo economico (crescita Pil 2013 al 1.2% e 1.9% per le esportazioni) e sociale (tasso di disoccupazione al 5% ad ottobre 2014), assume un ruolo fondamentale e rappresenta un interessante modello di responsabilità congiunta per la gestione delle attività di programmazione, sviluppo e promozione dell’istruzione e della formazione professionale. Una leva strategica fondamentale per fuoriuscire dalla crisi, che ha dimostrato storicamente proprio in Germania di poter sostenere un alto livello di successo competitivo nel nuovo scenario economico globale.
Il quadro legislativo che delinea e sostiene tale modello è influenzato da due caratteri fondanti del sistema politico istituzionale tedesco, rappresentati da una parte da una visione politica e sociale pluralista (social inclusive) e dall’altra dalla struttura federale dello Stato.
L’assetto giuridico si basa su quattro riferimenti normativi (Eurydice, 2010): la Costituzione (Legge di base – Grundgesetz); la Legge sulla formazione professionale (Berufsbildungsgesetz– BBiG); la Legge per l’ordinamento dell’artigianato (Handwerksordnung– HwO); la Legge sulla promozione dell’istruzione e della formazione professionale (Berufsbildungsförderungsgesetz– BerBIFG).
Come prevede Legge di base (Grundgesetz), i Länder, in un sistema che comprende i Ministri dell’Educazione, degli Affari culturali e della Scienza di ogni Land, le autorità regionali – Bezirksregierung/Oberschulamte le autorità di supervisione scolastica di livello inferiore – Schulamt, sono responsabili della legislazione e dell’amministrazione in materia di istruzione. La medesima legge regolamenta le responsabilità del Governo federale, in merito alle competenze nell’ambito della legislazione sulla formazione professionale che si svolge esternamente alla scuola. La Legge sulla formazione professionale (Berufsbildungsgesetz– BBiG) del 14 agosto 1969, aggiornata nel 2005, si propone l’obiettivo di assicurare ai giovani opportunità di formazione sempre migliori e di offrire una formazione professionale di qualità per tutti, indipendentemente dalla provenienza sociale o geografica dei soggetti in questione. In particolare, la nuova versione della legge prevede una maggiore autonomia d’azione e maggiori responsabilità per gli attori della formazione professionale, anche di quella extra-scolastica, a livello nazionale e locale (Länder). Come è stato anticipato, alla definizione degli indirizzi generali, alla gestione del sistema, alla programmazione e all’istituzione di nuovi settori professionali collaborano tutti gli attori del complesso sistema della formazione professionale: imprese, associazioni di datori di lavoro, Organizzazioni sindacati dei lavoratori, Länder e Stato federale.
La Legge per l’ordinamento dell’artigianato (Handwerksordnung– HwO) del 28 dicembre 1965, è stata modificata nel 2005, insieme alla riforma della Legge sulla formazione professionale, mentre la Legge sulla promozione dell’istruzione e della formazione professionale (Berufsbildungsförderungsgesetz– BerBIFG) del 23 dicembre 1981 è stata modificata nel 2001.
La legislazione dei singoli Länder costituisce la base giuridica per l’organizzazione dell’istruzione scolastica, incluse le scuole professionali, così come previsto dalla Grundgesetz, che affida ai Länder la responsabilità della materia.
Il sistema tedesco rappresenta un importante caso di “concertazione istituzionale e sociale”, basato su un modello “quadripartito”, in quanto la responsabilità per il rispetto della Legge sulla formazione professionale e della Legge sulla promozione della formazione professionale poggia sulla cooperazione e su una positiva interazione tra quattro diversi attori: Governo federale; Amministrazioni competenti del Länder; parti sociali a livello di Länder; livello regionale; livello aziendale.
L’alternanza istruzione-formazione-lavoro
Come è stato anticipato, in Germania esistono due tipologie di alternanza scuola-lavoro: l’alternanza formativa, offerta dalle Fachoberschulen, istituti ad indirizzo professionale di livello secondario superiore; l’alternanza lavorativa, che si sviluppa nell’ambito del sistema duale (Berufsschule).
La Fachoberschule (FOS), regolamentata dalla legislazione in materia educativa dei singoli Länder, è una scuola professionale a tempo pieno, che offre agli alunni una formazione di tipo generale e la possibilità di acquisire nuove conoscenze e abilità tecniche sia teoriche che pratiche. Le Fachoberschulensi articolano in diversi indirizzi e specializzazione nel settore della tecnologia, dell’economia e dell’amministrazione, dell’economia domestica, delle scienze dell’alimentazione, dell’economia agraria, delle scienze sociali, del design e della navigazione. Generalmente, vi si accede a partire dai 15 anni di età, dopo il conseguimento del diploma della Realschule(Istruzione secondaria inferiore di tipo generale) o di un diploma equivalente riconosciuto (Mittlerer Schulabschluss). La durata prevista per la Fachoberschuleè di 2 anni (16-18 anni di età). Il primo anno offre una parte di formazione pratica sul luogo di lavoro, che prevede 4 giorni la settimana per l’intero anno e 8 ore di lezione settimanali. In alcuni Länder, la formazione pratica si può svolgere anche in blocchi di varie settimane. Questo primo anno può essere sostituito da una qualifica professionale nella disciplina corrispondente, per cui gli studenti che sono già in possesso di una qualifica professionale possono accedere direttamente all’anno successivo.
Nel corso della formazione pratica lo studente mantiene lo status di studente, ovvero non è equiparato al lavoratore e acquisisce nel periodo del suo praticantato anche lo status di ‘tirocinante’, che viene sancito da un contratto di formazione pratica, concordato tra lo stesso e l’azienda nella quale si svolge la formazione.
Durante il secondo anno, vengono impartite almeno 30 ore settimanali di insegnamento di tipo generale e professionale, di cui 18/20 dedicate alle materie generali, uguali per tutti gli studenti. Le discipline obbligatorie sono tedesco, studi sociali, matematica, scienze naturali, una lingua straniera, educazione fisica e una disciplina correlata alla professione in questione. La Fachoberschulesi conclude con un esame che verte su 3 materie generali (tedesco, matematica, lingua straniera) e su materie specialistiche.
La seconda tipologia di alternanza istruzione-formazione-lavoro, nota come “Sistema duale”, si basa sull’apprendistato e rappresenta in Germania una modalità sui generis che ha una lunga tradizione, poiché offre un sistema di istruzione organizzato in due luoghi di formazione: la scuola (Berufsschule) e l’azienda.
L’obiettivo di questa formazione è quello di fornire un’ampia preparazione professionale di base, le conoscenze e le abilità tecniche necessarie per svolgere un’attività professionale qualificata. Il sistema duale offre circa 350 qualifiche riconosciute, che vengono annualmente implementate attraverso nuovi ordinamenti. Il Ministero federale per la cultura, l’economia, la ricerca e la tecnologia (BundesministeriumfürBildung, Wissenschaft,Forschungund Tecnologie– BMBF), in stretta collaborazione con le parti sociali rappresentate dai sindacati e dalle associazioni degli imprenditori, è responsabile della definizione e della regolamentazione delle nuove figure professionali. La formazione nel sistema duale è aperta a tutti i giovani, per accedervi è necessario avere completato il ciclo dell’obbligo (a seconda dei Länder, dai 15/16 anni in poi), non sono previsti altri requisiti di ammissione. In base ai dati statistici consolidati, due terzi dei giovani ottengono una qualifica professionale nell’ambito del sistema duale.
I corsi possono avere una durata biennale o triennale, a seconda della professione scelta. Il Berufsgrundbildungsjahr che costituisce il primo anno di formazione professionale di base, rappresenta l’offerta tipica della Berufsschule. Questo primo anno di formazione si può svolgere nella formula dell’istruzione a tempo pieno o attraverso la combinazione di scuola e formazione in azienda.
Generalmente, gli studenti passano tre o quattro giorni alla settimana sul posto di lavoro e due giorni presso la Berufsschule. La formazione si svolge in base a un contratto di lavoro fra l’azienda che provvede alla formazione e lo studente interessato. Il contratto di formazione professionale definisce gli obiettivi della formazione (a seconda della professione prescelta), la durata, il numero di ore dedicate ogni giorno alla formazione, le modalità di pagamento e la remunerazione dello studente. È prevista la frequenza a tempo parziale di dodici ore settimanali (quattrocentottanta ore complessive) con una modalità scolastica, otto delle quali destinate all’insegnamento di materie specifiche relative alla professione di cui si è scelto l’indirizzo.
Le competenze e le conoscenze che devono essere acquisite, sono definite congiuntamente, con una procedura coordinata, dalle autorità federali e dei Länder, in accordo con i datori di lavoro e i sindacati, mentre contenuti e tempi della formazione sono stabiliti in un programma quadro. In tale programma si stabiliscono le aree di insegnamento, gli obiettivi educativi, i contenuti dei corsi e le linee guida relative all’orario.
Le attività di formazione sul luogo di lavoro vengono finanziate dalle aziende, mentre il percorso scolastico nell’ambito della Berufsschule viene sovvenzionato dai Länder. Il sistema duale prevede un esame intermedio alla fine del secondo anno e un esame finale al termine degli studi (Ausbildungsabschlußprüfung). Entrambi i tipi di prova sono articolati in modo che gli studenti possano dimostrare di saper applicare le conoscenze acquisite a situazioni concrete e sono strutturati secondo standard generali validi a livello nazionale. Gli studenti che hanno completato la formazione professionale nell’ambito del sistema duale sono pronti ad entrare da “lavoratori” nel mondo del lavoro e ad intraprendere una professione.
Avendo vissuto un’esperienza importante e coinvolgente, dal punto di vista dell’apprendimento professionale, nella maggior parte dei casi al completamento della formazione in alternanza, gli studenti trovano lavoro nelle stesse aziende dove hanno svolto la formazione pratica.
Lo stato dell’arte dell’alternanza scuola-lavoro in Italia : criticità e prospettive
Negli ultimi mesi vi sono state diverse affermazioni del Presidente del Consiglio Renzi e dei Ministri Giannini e Poletti, che, evocando proprio il modello duale tedesco, hanno evidenziato l’assoluta necessità di alimentare con energie e risorse nuove il rapporto imprescindibile esistente tra istruzione, formazione e lavoro. Un tema la cui strategicità rappresenta la vera pre-condizione per rilanciare un reale sviluppo del nostro sistema economico e la scelta che tutti Paesi Ocse hanno ormai già avviato con successo, così come gli stessi Paesi di nuova industrializzazione.
Infatti, se osserviamo i dati sull’andamento del sistema economico e dell’occupazione in Italia negli ultimi anni di perdurante crisi, scopriamo che corriamo un pericolo maggiore degli altri Paesi, poiché il fenomeno del jobless growth (crescita senza occupazione) sembra mordere di più da noi.
In tale scenario, fortemente differenziato a livello nazionale, il ribaltamento di questa prospettiva non può rappresentare solo un argomento su cui formulare “Buoni propositi”, ma deve diventare un obiettivo irrinunciabile, poiché le dinamiche del mercato in Italia sono ormai fuori controllo.
Tale affermazione è surrogata dai dati in crescita di cinque fenomeni preoccupanti: la disoccupazione generale giunta ormai da tempo oltre la soglia critica dei 3 milioni di persone; l’elevato tasso di disoccupazione giovanile al 44%, che in alcune zone svantaggiate arriva oltre il 55%; l’indice di inattività al 38%, ancora peggiore il dato del Sud; la dispersione scolastica al 17%, mentre la Strategia “Europa 2020” vorrebbe ricondurlo al 10%; gli oltre 2,2 milioni di giovani Neet, che non studiano e non lavorano. Inoltre, le esperienze di alternanza scuola-lavoro hanno interessato nell’anno scolastico 2013-2014 solo il 10.7% di studenti delle scuole superiori.
Di fronte a questa situazione di “malessere” potenzialmente esplosiva, è necessario che il Governo nel suo insieme e in particolare i Ministri dell’Istruzione, del Lavoro, dell’Economia e dello Sviluppo economico, così come gli Assessori regionali competenti intraprendano un percorso che permetta di sperimentare politiche integrate “attivanti”, che puntino a coinvolgere responsabilmente gli attori del sistema economico e sociale, le istituzioni educative e formative e gli stessi giovani e le famiglie, al fine di perseguire i seguenti obiettivi:
a) “riposizionamento strategico” della politica industriale, poiché per competere sul mercato globale il nostro Paese dovrebbe orientarsi verso un segmento medio-alto e basare l’attività produttiva su ricerca, innovazione e qualità del prodotto, esaltazione del made in Italy”;
b) maggiore dialogo tra scuole e università, mediante la valorizzazione del principio dell’autonomia responsabile, finalizzata all’elaborazione di un’offerta formativa più mirata;
c) una politica di orientamento permanente allo studio e al lavoro che permetta un coinvolgimento consapevole e responsabile degli studenti e delle famiglie;
d) obbligo di praticare stage e tirocini lavorativi nell’ambito di tutti i percorsi scolastici e universitari e ruolo più attivo delle università nell’attività di matching tra domanda e offerta di lavoro;
e) rendere più mirate e conferire maggiore efficacia e strategicità alle politiche e alle azioni connesse con il Progetto Garanzia giovani;
f) sviluppo delle potenzialità del nuovo apprendistato, rendendolo più “dialogante” con la domanda
delle imprese;
g) maggiore diffusione delle esperienze di trasferimento tecnologico tra università e imprese, sostegno a progetti di start up e promozione di imprese innovative create da giovani;
h) rielaborazione dell’attività dei fondi interprofessionali per la formazione continua, in una logica progettuale, indirizzata a rielaborare obiettivi, metodologie, sistemi di valutazione dei processi d’insegnamento/apprendimento, dei risultati conseguiti, del grado di effettiva trasferibilità delle competenze acquisite.
Questo nuovo scenario rappresenta al contempo una sfida e un’opportunità non indifferente, in primo luogo per il rilancio dell’economia reale e di una politica industriale Back–Shoring, di rientro delle produzioni made in Italy delocalizzate all’estero, in Paesi dove la manodopera costa meno, ma la qualità, il design e l’innovazione non sono garantiti.
Inoltre, così come nel modello tedesco, si tratta attivare una concertazione istituzionale di politiche attive del lavoro e della formazione ai diversi livelli, che dovrebbe essere basata su una chiara visione strategica del Governo e da più serie ed efficaci politiche formative regionali e territoriali, così come sull’apporto significativo delle parti sociali, ma soprattutto sul contributo innovativo e originale del sistema educativo e formativo: scuola, università, formazione professionale, fondi interprofessionali per la formazione permanente.
In realtà, in merito alla nuova mission istituzionale e all’evoluzione del ruolo dell’education, in una prospettiva orientata ad una logica social inclusive, come sostiene Anthony Giddens (2006), è necessario sottolineare che: “L’istruzione è una delle questioni di maggiore rilievo sia per i politici sia per i cittadini. Il sistema scolastico svolge un ruolo determinante nella socializzazione dei ragazzi, nella promozione delle pari opportunità, nella formazione professionale e nella creazione di una cittadinanza informata e attiva”.
In questa direzione, bisogna salutare positivamente le decisioni assunte dal Governo Renzi, sulla base del Rapporto “La Buona Scuola”, che dovrebbero portare un maggiore investimento nell’alternanza scuola-lavoro e un’estensione della formazione on the job (per 200 ore) anche ai licei e, al tempo stesso, aumentare a 400 ore nel triennio l’obiettivo per gli istituti tecnici e professionali. Una decisione che già assunta nel 2003 dall’ex cancelliere Gerhard Schröder che, attraverso il piano Hartz, ha scelto di ridurre le imposte alle imprese disposte ad aprire le loro porte ai giovani. Una decisione che ha portato a raggiungere i positivi risultati, economici e occupazionali dell’ultimo decennio, noti e apprezzati da tutti.
In definitiva, anche in Italia il sistema dell’educationpotrebbe contribuire in modo determinante
alla formazione delle competenze necessarie e alla diffusione dell’innovazione e del capitale sociale e partecipare così attivamente alla vita della comunità locale e nazionale, allo scopo di perseguire più efficacemente la sua alta funzione sociale e civile a favore del rilancio di uno sviluppo economico, sociale e civile inclusivo, equo e duraturo.
In questa prospettiva, è necessario ricordare che il rapporto tra il sistema di education, il mondo del lavoro e il territorio diventa strategico e fondamentale, poiché nell’attuale società dell’informazione e della conoscenza per poter mettere in campo un’efficace azione locale (strategia glocal), le politiche attive nel campo dell’education (istruzione, formazione e life long learning) si presentano come un fattore di sviluppo strutturale imprescindibile nel processo di modernizzazione del Paese
(Cocozza, 2012c).
In questa nuova prospettiva, bisognerebbe ribaltare l’approccio epistemologico tradizionale e puntare a: “non formare più le persone per il lavoro, ma fare del lavoro un’esperienza di formazione per la persona”.
* Presidente Corso di laurea in Formazione e Sviluppo delle Risorse Umane, Università degli Studi Roma Tre.
Coordinatore dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia, Luiss Guido Carli.
Bibliografia
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Fonte Documentazione
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