Nel succedersi delle dichiarazioni pirotecniche che ripropongono il passato, non poteva mancare la riproposizione dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina: Il Ponte, per antonomasia. Al grido di: “Quello che non è stato fatto noi lo faremo”, si promette il passato impacchettandolo nell’immagine di un futuro tecnologicamente scintillante.
Mah! Forse la prudenza consiglierebbe di pensare che se non è stato realizzato, è perché oltre ad essere di difficile (se non impossibile) costruzione in totale sicurezza presente e futura e per 365 giorni l’anno, oggi è anche un’opera sbagliata e inutile, figlia di una cultura e di un sistema infrastrutturale del passato, dei tempi cioè in cui la Sicilia era la sacca meridionale del non-sviluppo e il suo riscatto agognato era rappresentato dal raggiungere il più velocemente possibile Milano e Torino. I siciliani erano veramente stufi dei viaggi in terza classe con la valigia di cartone e questo cambio di vettore li faceva sentire ancora di più staccati e isolati.
L’obiettivo è quello di raggiungere il più velocemente possibile, e via terra, la Middle Europa? Risparmiare un’ora sulle 7/8 ore programmate di viaggio in treno o 10/15 in auto fino a Milano? Se sì, ecco il motivo per cui il maggiore sponsor del Ponte sullo Stretto è il nostro Ministro milanese alle infrastrutture.
Ma deve essere questo l’obiettivo? Certo che no. Oggi la Sicilia è un arrivo, un luogo che mezzo mondo vuole visitare e anche un luogo che produce merci e cibi che mezzo mondo vuole mangiare. Oggi la Sicilia è un luogo ambito dalla cultura e dal turismo internazionale, conosciuto e ricercato per i suoi prodotti agroalimentari (e non solo), un luogo quindi che deve dialogare, accogliere e commerciare con innumerevoli realtà europee e internazionali oltre che nazionali.
E queste realtà sono tutte a una distanza tale per cui il viaggio via terra non è più conveniente neanche con l’alta velocità. Chi vuol arrivare velocemente, sceglie altri vettori, chi vuole godere il piacere del viaggio, una sorta di nuovo gran-tour, non rinuncia al fascino della lentezza che, unica, ti fa assaporare paesaggio e storia, antropologia e cultura, facendoti ritornare all’infanzia quando, con i primi studi, accarezzavi il piacere di immaginare che un giorno saresti andato.
Questo mezzo mondo che vuole arrivare in Siciliae vuole gustare i vini e i prodotti agroalimentari, caseari e dolciari non sceglie se partire o meno pensando al Ponte come infrastruttura fondamentale per arrivare a destinazione.
Prima di proseguire con ordine, mi permetto una notarella che mi sembra pertinente (scusandomi con i molti che sicuramente la conoscono): la cassata siciliana è ricoperta di glassa perché è proprio la glassa che isola l’impasto di ricotta, canditi e quant’altro, preservando il prodotto dalle contaminazioni dell’ossigeno. Sono gli inglesi che hanno suggerito questa tecnica, rendendo trasportabile la cassata per nave fino in Inghilterra.
Finita la notarella, andiamo avanti con ordine.
1. Perché il Ponte sullo Stretto non è stato realizzato, visto che l’unica cosa che non manca sono gli studi? Sono decine di anni che società specifiche drenano denari pubblici e privati per le ricerche sulla fattibilità con la ferma intenzione di arrivare a una soluzione positiva tanto da poter presentare soluzioni inequivocabili per la sua realizzazione. La ricerca è sempre utile e le risorse che le si destinano sono sempre ben destinate. Poi però arrivano i risultati della ricerca che non sempre consentono la fattibilità dei progetti; dura lex sed lex? Proprio così, e quindi quando i risultati sono negativi devono essere rispettati.
Sappiamo dal punto geologico, sismico e naturale di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di un luogo di massima sismicità, un canale ventoso oltre misura da sempre cantato come Scilla e Cariddi, e poi sezioni dei cavi, altezza dei piloni, e … chi più ne ha più ne metta: sono condizioni e problemi di cui alcuni (come terremoti e venti) si presentano di difficile o impossibile previsione e quindi sono privi di soluzione. Problemi naturali e tecnologici hanno reso, illegittimamente imprudenti qualsivoglia forzature anche per quei governi (favorevolmente orientati) e quelle lobby che hanno ambito a chiudere il cerchio. È dal 1981 che è stata costituita una società ad hoc denominata Stretto di Messina S.p.A., in ottemperanza a una legge specifica per la studio e la realizzazione del collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e il Continente. Oggi è in liquidazione. Il mio Dipartimento dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha svolto ricerche conto terzi per la Salini Impregilo S.p.A., ed è anche per questo che conosco temi, problemi, frecce, oscillazione, sezione dei cavi, terremoti, possibili tsunami ecc.
2. Superati i temi tecnologici, si pone quello della marginalizzazione della città di Messina. Il Ponte le passa sopra, la travalica, la ignora, ma per andare dove? Alla ricerca di un’ora perduta? E mi scuso per l’uso irrispettoso di Proust.
3. Oggi la Sicilia è un arrivo, e agognato, per cultori della natura, del mare, della storia dell’arte, della multiculturalità che ne ha formato la storia umana e i paesaggi facendone un esempio, e tra i migliori. Questa multiculturalità inizialmente è arrivata per mare, da quando la Sicilia rappresentava una delle due colonne d’Ercole, per poi proseguire con gli arabi, i normanni e tanti altri popoli.
Il valore della multiculturalità che caratterizza la Sicilia ne fa un’antologia di storia dell’arte del Mediterraneo, dell’Europa, del mar Rosso, di una storia quindi che ha fatto delle diversità culturali un sistema unico che si compendia con le diversità naturali, dei paesaggi, della cucina. Assaggiamo dall’agrodolce palermitano ai mille modi di mangiare pesce del trapanese, dalla rosticceria catanese (e non solo) ai vini e ai passiti, e ad altro ancora.
Questa carrellata non la presento per far venire l’acquolina in bocca, ma per rimarcare come la Sicilia sia un sistema di diversità che attirano gli ingressi e che caratterizzano il grande mondo dell’esportazione dei suoi prodotti culturali, agroalimentari, vinicoli, del pescato ecc.
Allora dobbiamo per forza oliare l’imbuto per passare la strozzatura in un tempo più breve?
Sforziamoci di pensare in un modo più semplice: rendiamo efficienti le infrastrutture interne alla regione, completiamole se serve e colleghiamole BENE a porti e aeroporti, così da consentire di arrivare velocemente in Sicilia e di spostarsi nelle sue magnifiche diversità interne con tutto il tempo necessario per godere, gustare, assaggiare queste diversità.
Se poi qualcuno volesse arrivare in Sicilia per mare da Villa San Giovanni o da Salerno, non è detto che debba prendere un traghetto con destinazione Messina; potrebbe prendere (se ci fosse) un altro traghetto diretto a Catania, a Siracusa, a Palermo ma anche a Trapani o Agrigento facendo un bellissimo periplo dell’isola. E se qualcuno volesse ripercorrere le tappe del gran-tour di antica memoria, credo che anche in presenza del Ponte sceglierebbe il traghetto da Villa San Giovanni, per provare l’emozione del ricordo di Scilla e Cariddi e per il piacere di un viaggio che per sua definizione non ha i tempi dello stress ma quelli della cultura.