La morte di Luana, giovane mamma e operaia tessile di Prato, ci ha risvegliato alla dura e cruda realtà dei tanti morti sul lavoro. Nell’anno della pandemia la sicurezza sul lavoro è stata messa a dura prova dalla stessa, ma protocolli tra le parti, dialogo e coinvolgimento quotidiano tra direzioni aziendali e Rsu, indicazioni dei DPCM hanno sostanzialmente permesso di evitare che le fabbriche diventassero luoghi insicuri e focolai di contagio.
Ammettiamolo. Ci eravamo concentrati su queste priorità e distratti dal fronte della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Che hanno continuato a correre, magari meno nell’anno in cui si è meno lavorato per via delle chiusure temporanee, e che ora rischiano di riprendere trascinati dalla frenesia delle riaperture.
E’ il momento di denunciare, di chiedere nuovi provvedimenti, ma soprattutto di riprendere e finalizzare il governo delle parti sociali per praticare e diffondere un modo di lavorare produttivo ed efficiente che abbassi la curva degli infortuni, soprattutto mortali. Non è vero infatti che le aziende con più infortuni sono alla fine più produttive perché fanno correre le linee a dispetto della sicurezza. Spesso è vero il contrario. Dobbiamo quindi creare un grande impegno che coinvolga tutte le imprese e che rimetta la sicurezza e la prevenzione al centro della ripartenza dell’economia reale, delle filiere e del lavoro.
Certo, come sindacato facciamo molto bene a chiedere le assunzioni di più ispettori per più controlli che il governo precedente aveva disposto ma mai realizzato. Così come è indispensabile che gli investimenti che il PNRR scaricherà verso il sistema produttivo, nonché tutte le forme di finanziamento pubblico e sgravi a investimenti privati, prevedano una “condizionalità sociale” legata al rispetto e al miglioramento delle norme pubbliche e contrattuali in tema di prevenzione da parte delle imprese beneficiarie. Ci aspettiamo anche dall’Inail un nuovo piano di investimenti in formazione e in strumenti innovativi e pratici per imprese e parti sociali.
Ma ritengo che questo paese non abbia bisogno di nuove leggi in tema di sicurezza sul lavoro. Le abbiamo, sono all’avanguardia nel panorama europeo, vanno solamente fatte applicare bene e in modo semplice, parte che manca spesso ad ogni attività pubblica al nostro paese. Quello che può fare ancora la differenza per andare verso l’obiettivo non utopico ma realistico di zero infortuni e di zero morti sul lavoro è il modo di lavorare che si adotta nei luoghi di lavoro. Il lavoro sta cambiando pelle e sostanza, la lean production chiede più coinvolgimento nel ruolo di chi lavora, operai in testa.
Io credo che occorra fare di più su questo versante e vadano diffuse pratiche innovative e di reciproca responsabilità tra le parti sociali per adottare nel normale flusso della organizzazione del lavoro aziendale le azioni che possono evidenziare e rimuovere i rischi presenti o latenti. Le fabbriche produttive sono quelle che lavorano bene, non di più. E’ questo il contesto sul quale le relazioni sindacali stanno provando nuovi impegni di prevenzione.
I metalmeccanici con gli ultimi 2 rinnovi contrattuali si sono misurati su questa via innovativa. E’ stato anzitutto introdotto il concetto di “quasi infortunio”, con l’obiettivo di orientare l’organizzazione del lavoro ad evidenziare e quindi rimuovere possibili rischi legati alla pratica operatività che nei reparti produttivi si realizza. La prevenzione non passa solo dal DUVRI, ma va costruita mentre si lavora con pratiche organizzative con le quali responsabili aziendali, Rsu e lavoratoti sono allenati e stimolati a superare la routine lavorativa e a prevenire incidenti.
La seconda pratica innovativa è quella dei “break formativi”, micromomenti anche di un solo quarto d’ora con i quali, a fronte di varianze o rischi latenti i lavoratori di un reparto o di una linea interessata si riuniscono per socializzare il problema e condividere soluzioni pratiche che portino ad eliminare definitivamente il possibile rischio. La cultura della prevenzione non si cala dall’alto ma si fa sempre più con la partecipazione di chi lavora. Si tratta di pratiche ancora poco diffuse nelle decine di migliaia di fabbriche metalmeccaniche, ma che stanno segnando una via nuova dalla quale non si tornerà indietro.
Resta molto da fare attraverso la formazione dei lavoratori. La formazione obbligatoria prevista per legge, e in modo sbagliato pure finanziata dai fondi interprofessionali, sembra quasi un “minimo sindacale” da assolvere per obbligo. Invece è proprio la formazione, anche non formale e on the job, che può portare prima i responsabili aziendali e di produzione e poi tutti i lavoratori a cambiare prospettiva, a non concepire più la sicurezza come qualcosa di acquisito e garantito dalle procedure, ma come qualcosa da creare e da produrre ogni giorno accanto ai pezzi di metallo che il reparto lavora.
La contrattazione anche decentrata può giocare un ruolo ulteriormente innovativo. A partire dalla creazione di un rapporto tra Premi di risultato variabili e contrattati con obiettivi di ulteriore abbassamento dei tassi di infortunio, soprattutto nei settori a maggiore rischio per tipologia di attività.
Non siamo dunque fermi, ma serve ora uno scatto che porti a tutte le imprese, non solo a quelle virtuose e medio grandi, una cultura e una pratica aziendale e delle relazioni tra le parti diverse e incentrata sulla sicurezza come vero obiettivo produttivo. Sarebbe del tutto interessante che in un settore manifatturiero fortemente strutturato per catene di fornitura e reti di impresa siano le imprese leader e capofila ad orientare, supportare ed allenare le imprese fornitrici nell’adottare modelli organizzativi tesi alla prevenzione innovativa.
Nell’epoca della responsabilità sociale come centralità della nuova economia che tutti vogliamo creare sarebbe originale ed interessante poter immettere sul mercato prodotti a “zero infortuni”. Il mercato dei consumatori sempre più consapevoli reagirebbe in modo straordinario. Intanto accogliamo con interesse e favore la scelta di questi giorni della futura Presidenza di Federmeccanica di creare nell’ambito delle vicepresidenze una delega espressamente dedicata ai temi della sicurezza sul lavoro. Un segnale assolutamente innovativo ed importante di una responsabilità delle associazioni datoriali che credo permetterà di fare di più e meglio nel dialogo sociale che non va mai allentato in questo paese.
*Segretario generale Fim Cisl