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Gli effetti dell’IA generale sugli stipendi: quattro scenari

Anton Korinek e Donghyun Sun, ricercatori dell’Università della Virginia, hanno condotto uno studio sulle implicazioni economiche della transizione verso l’Artificial General Intelligence (AGI), definita come l’abilità dell’Intelligenza Artificiale (IA) di svolgere tutte le attività umane. Il documento, pubblicato dal National Bureau of Economic Research, costituisce un importante strumento per indagare la relazione tra il progresso tecnologico – inteso come automazione dei mestieri – e l’andamento delle retribuzioni. Gli Autori, infatti, cercano di evidenziare attraverso analisi economiche le implicazioni sui salari e sull’occupazione derivanti dalla transizione verso la piena automazione. 

Simulando quattro diversi scenari (business-as-usual scenario, baseline AGI scenario, aggressive AGI scenario e mixed scenario), vengono presentati i possibili effetti di diversi livelli di automazione. L’obiettivo è quello di comprendere quale equilibrio sia preferibile e verso quale direzione tendere. Il progresso tecnologico non agisce in modo neutro sulla società e sull’economia; pertanto, è necessario possedere dei validi strumenti per capire come perseguire un efficace bilanciamento fra i vari interessi in gioco. 

I mestieri e le professioni sono soggetti a continui cambiamenti e per comprendere meglio la transizione verso l’AGI, gli Autori classificano il lavoro umano in base alla complessità dei compiti. Ciascun lavoro può essere suddiviso in diversi micro-compiti (o compiti atomistici). Ad esempio, il lavoro dell’economista si compone di: studio dei dati economici e statistici; ricerca su questioni economiche e successiva diffusione della ricerca; compilazione, analisi e report di dati relativi ai fenomeni economici e alle tendenze del mercato; supervisione di progetti di ricerca altrui; insegnamento. 

Ciascun compito può essere eseguito da una macchina con maggiore o minore difficoltà. La complessità dei compiti umani, infatti, si traduce in complessità computazionale. Un compito facilmente eseguibile da un essere umano può essere difficile da riprodurre per un computer e viceversa. Attraverso questo «compute-centric framework» gli Autori individuano una “soglia di complessità” che permette di determinare quali compiti possono essere automatizzati in un dato momento. 

Dalla valutazione delle complessità delle professioni, gli Autori delineano due scenari opposti: nel primo la complessità delle competenze umane è illimitata e la piena automazione non è tecnicamente possibile, nel secondo i compiti umani sono limitati e consentono il raggiungimento dell’AGI. 

Grazie a dimostrazioni a carattere economico, gli Autori spiegano l’andamento dei salari in rapporto a diversi fattori: all’automazione, all’accumulazione di capitale, alla produttività e alla scarsità di manodopera. Con il modello del Factor Price Frontier (FPF), emerge che gli effetti dell’automazione presentano una forma a U rovesciata: per bassi livelli di automazione, i salari aumentano con l’aumentare della produttività; al contrario, sopra una certa soglia di automazione, i salari diminuiscono

Per presentare la loro tesi, gli Autori si avvalgono di quattro scenari. Nello scenario business-as- usual non è possibile raggiungere la piena automazione e una frazione costante di compiti è automatizzata periodicamente con una crescita esponenziale dell’indice di automazione. In questa circostanza, si prevede che i salari e la produzione continuino a crescere all’infinito. In altri due scenari, invece, l’AGI è raggiunta ma in tempi diversi: nel baseline AGI scenario la piena automazione viene fissata in 20 anni, nell’aggressive AGI scenario si prevede che ciò avvenga in 5 anni. In queste due ipotesi i salari crollano con l’avvicinarsi del momento della piena automazione. Lo scenario più interessante, però, è quello misto: qui gli Autori considerano che vi sia un’ampia copertura dell’automazione nel breve termine (ad esempio perché viene reso computabile il lavoro cognitivo), ma prevedono che rimanga una lunga coda di compiti non automatizzabili. Gli esiti sui salari, in questo caso, sarebbero inizialmente allarmanti per poi ritornare ad aumentare con la crescita della produzione. 

Queste simulazioni nel breve e nel lungo periodo sono fondamentali per studiare come i governi potrebbero agire per massimizzare i salari perseguendo il tasso ottimale di automazione costante nel tempo. Gli Autori dimostrano come, rallentando l’automazione, si possano aumentare i salari anche negli scenari in cui l’AGI è completata. Se da un lato questo rallentamento comporta un costo – non solo in termini di limitazione del progresso tecnologico ma anche di riduzione della crescita della produzione –; dall’altro permette una crescita perpetua dei salari. Secondo gli Autori, dunque, se l’automazione è lenta, allora ci sarà sempre del lavoro da compiere per gli uomini. Se invece si raggiunge la piena automazione, i salari crolleranno. Questa tendenza, però, si può invertire. 

In conclusione, il progresso tecnologico ha degli effetti sul mercato del lavoro e sull’economia che non possono essere ignorati. In un contesto in cui è sempre più facile automatizzare i compiti umani, tanto quelli manuali quanto quelli intellettuali e creativi, è cruciale comprendere le implicazioni della sostituzione dei lavoratori da parte di sistemi autonomi. 

Se il paper invita a una presa di responsabilità in primis da parte di politici e legislatori, dall’evoluzione delle competenze e dei salari è coinvolta la cittadinanza tutta. Il tema dell’intelligenza artificiale è oggetto di numerose norme, da ultimo l’AI Act approvato dal Parlamento Europeo lo scorso 13 marzo. Questo testo ha già sollevato delle critiche per l’eccessiva limitazione al progresso tecnologico e la sua obsolescenza nel momento in cui gli si dovrà dare applicazione. Risulta quindi evidente che la regolamentazione dell’IA – e a maggior ragione dell’AGI – non solleva solo un tema di responsabilità politica ma anche di accettabilità sociale. 

In Italia, gli attori che sono direttamente coinvolti nella tutela dei salari sono le parti sociali con la contrattazione collettiva. Infatti, lo studio di Korinerk e Sun può essere un valido strumento per interrogarsi su qual è il bilanciamento migliore per garantire le esigenze di tutte le parti coinvolte dal progresso tecnologico e dal nuovo panorama che con esso si potrà presentare. In ultima analisi, l’invito è quello di continuare a riflettere sui costi – economici e sociali – e sui benefici che il perseguimento della piena automazione può comportare.  

*Yunior Fellow, Bollettino ADAPT, 02/04/2024, n.13

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