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Ciò che c’è, ciò che manca

 L’autonomia differenziata prevista dall’articolo 116 della Costituzione potrebbe portare a un sostanziale ridisegno dell’articolazione delle politiche pubbliche fra diversi livelli di governo con effetti potenzialmente significativi su livello, efficienza ed efficacia dei servizi pubblici e sulla loro distribuzione territoriale. Il disegno di legge risponde alla necessità, ampiamente condivisa, di meglio definire le procedure per l’attivazione dell’autonomia differenziata e di fissare i criteri per regolare i rapporti finanziari con le Regioni che accedono a ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (RAD). Le criticità che derivano dall’assenza di un quadro normativo per l’attuazione del dettato costituzionale sono già state rilevate dall’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) in occasione della pubblicazione delle bozze di intesa tra il Governo e le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna1 . 

In particolare, dal punto di vista procedurale si segnalavano l’assenza di criteri di accesso al regionalismo differenziato (ad esempio relativi alla solidità delle finanze e alla capacità amministrativa delle Regioni richiedenti) e l’assenza di informazioni sulle implicazioni finanziarie da esso derivanti al momento del passaggio parlamentare. Sul piano dei rapporti finanziari con le RAD si evidenziavano l’assenza di riferimenti alla L. 42/2009 sul federalismo fiscale e al D.Lgs. 68/2011 di attuazione della legge delega in tema di federalismo regionale, l’inadeguatezza della spesa storica pro-capite come criterio per la determinazione delle risorse da trasferire alle RAD in caso di mancata definizione dei fabbisogni standard, i rischi di maggiori oneri per il bilancio dello Stato derivanti dall’asimmetria nell’aggiustamento delle aliquote di compartecipazione negli anni successivi al conferimento delle ulteriori forme di autonomia e l’assenza di momenti di coordinamento tra le decisioni riguardanti le risorse da trasferire alle diverse Regioni richiedenti, prese unicamente sulla base di accordi bilaterali fra esecutivi nell’ambito delle Commissioni paritetiche Stato-Regione. 

Il disegno di legge affronta alcune di queste problematiche sia sul piano procedurale che su quello finanziario sebbene alcuni aspetti rilevanti rimangano tuttora da definire. Con riferimento agli aspetti procedurali, viene ad esempio riconosciuta la necessità di fornire preventivamente al Parlamento l’informazione necessaria per una piena valutazione delle implicazioni finanziarie delle intese, richiedendo che sia lo schema preliminare sia il testo definitivo vengano corredati da una relazione tecnica (articolo 2, comma 3). Dovrà tuttavia essere chiarita l’apparente incongruenza con l’articolo 5 che assegna il compito di determinare le necessarie risorse umane, strumentali e finanziarie alla Commissione paritetica Stato-Regione che dovrebbe operare soltanto dopo l’approvazione dell’intesa da parte del Parlamento. 

Occorre inoltre considerare che il trasferimento delle risorse è solo uno degli effetti dell’attribuzione di ulteriori forme di autonomia e per molte funzioni, quali quelle di natura organizzativo-regolamentare, potrebbe essere del tutto irrilevante. Per consentire al Parlamento di avere un quadro completo dei possibili effetti delle intese sarebbe opportuno fornire anche informazioni sulle motivazioni sottostanti le richieste regionali e sugli esiti attesi sia per la Regione interessata, in termini di maggiore efficienza ed efficacia che l’autonomia potrebbe garantire alla luce delle proprie specificità, sia per il resto del Paese, considerando, ad esempio, eventuali necessità di riorganizzazione e coordinamento dei servizi statali e le ricadute sugli oneri di adempimento per privati operanti in più regioni. Sul piano finanziario l’aspetto più significativo riguarda i criteri di determinazione delle risorse da trasferire alle RAD. 

Coerentemente con i principi generali della L. 42/2009 di attuazione del federalismo simmetrico si prevede una distinzione fra le materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale e il resto delle materie previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Per le prime, il trasferimento è condizionato alla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e la quantificazione dovrà essere basata su costi e fabbisogni standard. Per le seconde, per il cui trasferimento non sono previsti vincoli, i costi saranno determinati sulla base della spesa storica. Il disegno di legge non risolve, tuttavia, le incertezze sulla possibile dinamica delle risorse regionali negli anni successivi all’approvazione dell’intesa. Sono compresenti indicazioni che potrebbero consentire l’evoluzione sia verso un modello più simile a quello delle Regioni a statuto speciale (RSS), in cui le risorse evolvono indipendentemente dalle esigenze di spesa, sia, al contrario, verso uno più affine a quello previsto dalla legge sul federalismo fiscale per le Regioni a statuto ordinario (RSO), dove le risorse sono periodicamente riviste per allinearle ai fabbisogni attraverso il fondo perequativo. Appaiono inoltre limitate le verifiche previste sull’effettiva erogazione dei LEP. 

Una più precisa definizione del modello di finanziamento verso cui orientare il sistema dovrebbe essere accompagnata da adeguati presidi per garantire il coordinamento della finanza pubblica tra i diversi livelli di governo. Occorrerà innanzitutto assicurare una piena condivisione degli obiettivi programmatici, l’uniformità nelle metodologie per la revisione dei fabbisogni e meccanismi per assicurare il contributo delle RAD in caso di esigenze eccezionali di finanza pubblica.

*Stralcio della relazione del Consigliere dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB) Giampaolo Aracri sui DDLL n. 615, 62 e 273 (attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario) alla Commissione 1a del Senato della Repubblica (Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, ordinamento generale dello Stato e della Pubblica Amministrazione, editoria, digitalizzazione) 6 giugno 2023

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