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Come è cambiato il mercato del lavoro nel 2015

A distanza di un anno dall’ultima lettura che effettuammo sulle statistiche dell’Istat di fine anno su OCCUPATI E DISOCCUPATI (vedi articolo “Dalla lettura di dati e indicatori s’intravede la ripresa?” di F.P. nel N. 146 della Newsletter) è possibile un confronto con gli ultimi dati relativi a tutto il 2015.

La lettura può essere particolarmente interessante, in quanto nel 2015 si collocano importanti provvedimenti a favore dell’occupazione (incentivi alle assunzioni, “Jobs Act”, ecc.), con la possibilità quindi di leggerne le ricadute e gli effetti.

Dalle tabelle dell’Istat vediamo che gli occupati nel dicembre 2015 erano 22 milioni 470 mila, contro i 22 milioni 422 mila del 2014: un aumento di 48.000 mila unità in un anno.

I disoccupati nel 2015 sommano a 2 milioni 898 mila contro i 3 milioni 322 mila del 2014: ci sono quindi 424 mila disoccupati in meno.

Per quanto riguarda gli inattivi (coloro che non fanno parte delle forze di lavoro, cioè che non lavorano e che non sono in cerca di un lavoro) tra i 15 e i 64 anni, nel 2015 assommavano a 14 milioni 086 mila contro i 14 milioni 106 mila del 2014: anche qui una diminuzione degli inattivi di 20 mila unità.

I valori percentuali destagionalizzati sono indicati nel Prospetto 1:

Nel Prospetto 2 vediamo i valori assoluti degli occupati, dei disoccupati e degli inattivi (15-64 anni) e disaggregati per uomini e per donne e le variazioni congiunturali e tendenziali (o rispetto al mese precedente o rispetto allo stesso mese dell’anno precedente).

 

Nel successivo Prospetto 3 i tassi di occupazione, disoccupazione ed inattività vengono indicati in totale e disaggregati per sesso:

 

Il Prospetto 4 ci consente di capire caratteristiche e posizione professionale degli occupati.

I cambiamenti più significativi li abbiamo osservando i dati dell’occupazione, disaggregandoli tra occupazione dipendente e indipendente.

I dati negativi sull’occupazione a dicembre 2015, rispetto a novembre 2015 (- 0,1%, cioè 21 mila occupati in meno) vanno guardati all’interno.

Infatti, nella variazione congiunturale, dicembre 2015 rispetto a novembre 2015, gli occupati diminuiscono di 21 mila unità , ma i lavoratori dipendenti aumentano di 33 mila unità (31 mila a tempo indeterminato e 3 mila a tempo determinato), mentre i lavoratori indipendenti diminuiscono di 54 mila unità.

Nella lettura delle variazioni tendenziali (cioè valori di dicembre 2015 su dicembre 2014) i lavoratori dipendenti crescono di 247 mila unità (l’1,5%) e spiegano in tal modo la crescita dell’occupazione del 2015; tra i dipendenti, gli occupati a tempo indeterminato crescono dello 0,9% (+135 mila unità), mentre quelli a tempo determinato del 4,9% (+ 113 mila unità).

In forte diminuzione le assunzioni in apprendistato che sarebbero scese del 20% a circa -44 mila unità.

Nello stesso periodo invece i lavoratori indipendenti diminuiscono del 2,5% (-138 mila unità).

 

Proprio dall’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato a tutele progressive possiamo verificare un primo effetto degli incentivi alle assunzioni e del”Jobs act”. (+135 mila fino a dicembre 2015).

Abbiamo già visto che il tasso di disoccupazione dei 15-24 enni a dicembre 2015 è del 37,9%; è sceso del -3,3% dal 2014, ma rende comunque insostenibile in questa fascia di età, un tasso di inattività del 74,1%, come si intravede da questa piccola frazione di prospetto 6 che di seguito si riporta.

 

Molti altri dati preoccupanti emergono dalla lettura del Prospetto 5 che indica la partecipazione delle varie classi di età al mercato del lavoro.

Se osserviamo il numero di occupati per classi di età vediamo che nell’ultimo anno la fascia di età 15-24 anni ha un incremento di 41 mila unità (+ 4,5%) e la fascia 50 anni e più un aumento di 189 mila unità (+ 2,5%). Nelle due fasce 25-34 anni e 35-49 anni gli occupati calano rispettivamente di 40 mila unità (-1,0%) e di 81 mila unità (- 0,8%).

Aumenta l’occupazione di poco laddove l’inattività è al 74% e aumenta considerevolmente dai 50 anni e più dove l’inattività è al 22%. Si perdono posti di lavoro (- 121 mila) nelle due fasce tra 25 e 50 anni. Due sono i dati macroscopici: il tasso di inattività giovanile 15-24 anni al 74,1% e il tasso di inattività femminile 15-64 anni al 45,4%!

Anche i dati dell’Inps fino a novembre 2015 ci dicono che si evidenzia una crescita complessiva delle posizioni di lavoro dipendente pari a circa 300.000 unità, effetto di una crescita rilevante delle posizioni di lavoro a tempo indeterminato e di un assorbimento di parte di quelle regolate con contratti a termine e apprendistato.

Questa è la fotografia che si ottiene leggendo i dati Istat del 2 febbraio 2016.

Se vogliamo essere ottimisti possiamo dire che il 2015 ha chiuso una fase di caduta occupazionale (recuperando nel contempo cassaintegrati, e trasferendo quote di precariato e tempi determinati nell’area del contratto a tempo indeterminato) ed è iniziata la risalita.

Se al centro delle nostre priorità c’è il lavoro bisogna però dire che non basta quanto fatto finora. Serve la politica, con le sue scelte (politica industriale, dei settori, innovazione, nuove tecnologie), ma soprattutto non servono fideismi legati alla capacità della ripresa e dello sviluppo (sempre più labile?) di creare automaticamente lavoro, ma sono necessarie anche ricette nuove sulla redistribuzione del lavoro e del reddito. Può piacere o no ma la riduzione degli orari di lavoro andrà fatta perché come diceva mio bisnonno: “E’ una delle cose da fare per tenere in piedi la baracca”. (… e non conosceva Keynes!)

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