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“Così il Cremlino usa le mafie come arma geopolitica”

Intervista al direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, uno dei massimi esperti italiani di Russia, intelligence e criminalità organizzata transnazionale

 In che modo la collaborazione tra servizi segreti russi e criminalità organizzata è evoluta dal modello sovietico dei “vory v zakone” alla sofisticata architettura di potere ibrido del Cremlino contemporaneo?Iniziamo dai  rapporti tra KGB e criminalità organizzata in epoca sovietica. 

Un nuovo rapporto dell’Istituto Germani, curato da me e da Donald N. Jensen della Foundation for Defense of Democracies (FDD), approfondisce   l’utilizzo della criminalità da parte dei servizi segreti del regime putiniano, come strumento di politica interna ed estera.  In questa intervista vorrei anticipare alcune delle principali conclusioni del rapporto. 

       La collaborazione tra servizi russi e criminalità organizzata   affonda le sue radici nella tradizione operativa del KGB, la polizia segreta sovietica, che penetrava e “supervisionava” il mondo criminale dell’URSS e lo utilizzava per rafforzare il controllo totalitario del regime sulla società.   

    La casta dei criminali più potenti dell’Unione Sovietica era quella dei cosiddetti “vory v zakone” (“ladri in legge”). Come spiega Federico Varese, studioso del mondo russo e delle sue sub-culture criminali, l’espressione “vory v zakone” può essere tradotta come “uomini che obbediscono a un codice d’onore”. Nei Gulag staliniani i vory sviluppano un linguaggio segreto e riti di iniziazione, coprendo i loro corpi di tatuaggi.  Anche se il codice di onore vieta loro  ogni collaborazione con organismi dello Stato sovietico, nel periodo post-staliniano  il KGB li recluta  come informatori e agenti di influenza, al fine di controllare il vasto mondo criminale russo,  sfruttandolo come braccio armato  per reprimere il dissenso politico, culturale e religioso: la polizia segreta utilizza la criminalità organizzata per infliggere violenza – e spesso per assassinare – i dissidenti, sia all’interno dei lager, che al di fuori di essi. 

    A metà degli anni ’80 l’impero sovietico diventa una immensa cleptocrazia dominata dalla nomenklatura comunista, una casta  totalmente corrotta, ad eccezione del KGB.  La polizia segreta, consapevole della profonda crisi sistemica che attanagliava l’economia sovietica, comunica al Cremlino l’urgente necessità di riformare l’economia pianificata, la cui mostruosa inefficienza e corruzione rischiavano di portare il sistema al collasso. 

Come cambiano i rapporti tra polizia segreta e mafie nellera Gorbaciov? 

La perestrojka – ossia le riforme economiche intraprese da Mikhail Gorbaciov a partire dal 1986-87 per tentare di salvare il sistema comunista dal collasso – determina una trasformazione della criminalità organizzata sovietica e dei suoi rapporti con il potere politico e con la polizia segreta.  La parziale e controllata liberalizzazione dell’economia sovietica promossa dalla perestrojka viene sfruttata dalle mafie   per investire in attività lecite le ricchezze accumulate clandestinamente. Inoltre, nella nuova economia di mercato – caratterizzata dall’assenza di un sistema giudiziario e normativo di diritto civile – le mafie iniziano a svolgere una serie di funzioni “statuali” che lo Stato non è in grado di assolvere: la protezione della proprietà privata, la tutela dell’incolumità degli operatori economici, l’imposizione del rispetto dei contratti, la risoluzione di controversie private di natura economica. In tal modo, la criminalità organizzata espande il suo potere economico e influenza politica, e si rende più autonoma dal KGB e dal PCUS (il Partito Comunista che deteneva il potere), mentre all’interno del mondo criminale emerge una nuova generazione di capi-mafia – gli “avtoritety” (“Autorità”) – che sfida il potere dei vory.

    Parallelamente,  nell’era Gorbaciov il KGB – che meglio di qualsiasi altra  istituzione sovietica conosce il  funzionamento del sistema capitalistico occidentale    –   mette in atto una strategia tesa a penetrare la nascente economia di mercato nell’URSS. A tale scopo, il KGB, utilizzando le ingenti risorse finanziarie del PCUS crea, spesso in partnership con la criminalità organizzata, numerose aziende, banche, borse-valori e joint-ventures, sia all’interno dell’Unione Sovietica che in Occidente. 

  Questo processo di “commercializzazione” del KGB  favorisce il moltiplicarsi di sinergie tra  čekisti e crimine organizzato in campo economico. E la corruzione si diffonde all’interno della stessa polizia segreta, che tradizionalmente era l’istituzione meno corrotta del sistema sovietico. A livello individuale molti ufficiali della polizia segreta iniziano a vendere ai gruppi criminali le loro competenze operative in  campo  intelligence, counterintelligence, protezione VIP, controterrorismo,  sabotaggi, e assassinii mirati.

  Dopo la dissoluzione dellURSS , negli anni 90,  come si trasforma la criminalità organizzata russa e come si evolvono i suoi rapporti con i servizi segreti di Mosca? 

       Nel decennio che segue la dissoluzione dell’impero sovietico nel 1991, gli anni della caotica semi-democrazia di Boris Eltsin, si intensifica la collaborazione tra servizi segreti e crimine organizzato, sia per finalità istituzionali (sicurezza interna del nuovo regime   e intelligence all’estero), sia per l’arricchimento personale di čekisti e mafiosi.   

       Negli anni 90 si accelera la crescita e l’espansione internazionale delle mafie post-sovietiche – o “russo-eurasiatiche”.  Molti    funzionari o ex funzionari   del KGB e del GRU (il servizio d’intelligence militare) entrano a far parte di queste reti criminali, mettendo a disposizione la loro expertise operativa e i loro contatti con organizzazioni mafiose e cartelli della droga in diverse regioni del mondo. 

      Come evidenzia l’esperto britannico Mark Galeotti, negli anni 90 le mafie russe ed eurasiatiche si affermano come fornitrici di beni e servizi illeciti all’economia criminale globale. Ad esempio, tali mafie procacciano per le organizzazioni malavitose di altri paesi droga, armi e tecnologie militari, donne per i mercati internazionali del sesso, prodotti di marca contraffatti, nonché servizi illeciti come riciclaggio di denaro e assassinii su commissione.

Quali sono le caratteristiche dellalleanza servizi segreti – mafie nel sistema Putin? 

    Negli anni 90, quando Putin (proveniente dal KGB) è vice sindaco di San Pietroburgo, diventa l’uomo-chiave di un’alleanza fra polizia segreta e mafia Tambovskaya,  finalizzata al controllo dell’economia della città, a partire dal porto strategico di San Pietroburgo e il suo terminale petrolifero.  Questa esperienza convince Putin che una stretta collaborazione con la criminalità organizzata consente alla polizia segreta di espandere considerevolmente il proprio potere.

      Nel 1999-2000 i servizi segreti di fatto prendono il potere in Russia. Viene instaurato un regime čekista guidato da Putin, fortemente autoritario, che sin dall’inizio si adopera per trasformare la criminalità organizzata da una minaccia per lo Stato a uno strumento di potere statale, sia all’interno della Russia che all’estero.

Quanto lutilizzo delle reti criminali come strumenti di influenza politica, economica e militare rappresenta oggi un elemento strutturale – e non più contingente – della strategia globale russa?

     Nel Suo primo mandato (2000-2004) il nuovo regime čekista concentra i suoi sforzi sul ripristino di un forte controllo dello Stato sulla società russa. Nel secondo mandato (2004-2008) il regime opera una svolta nazionalista, neo-imperialista e anti-occidentale della politica estera russa, puntando alla rinascita della Russia come grande potenza globale e al cambiamento dell’ordine mondiale dominato dagli Stati Unito e dall’Occidente. 

     Tra i più importanti obiettivi di lungo termine della politica di potenza russa ricordiamo: 1) la ricostituzione di  una sfera d’influenza russa comprendente tutti i paesi dello spazio post-Sovietico; l’ indebolimento  ed eventuale disgregazione  della NATO e dell’Unione Europea; 3) la destabilizzazione  ed eventuale collasso delle democrazie liberali e la loro sostituzione con regimi autocratici; 4)  l’erosione progressiva del  potere globale degli Stati Uniti e dell’Occidente. 

        Lo strumento principale del Cremlino per perseguire questi obiettivi strategici è  la cosiddetta “guerra ibrida”: l’uso combinato e sinergico di diverse metodologie sovversive per indebolire e destabilizzare i paesi target sfruttando le loro vulnerabilità e divisioni interne. Tali metodologie comprendono campagne di disinformazione, cyber-attacchi, sabotaggi, sostegno a forze politiche estremiste, corruzione delle élite politiche, promozione di traffici illeciti di armi, droga ed esseri umani al fine di diffondere instabilità e insicurezza.

    Una missione della massima importanza affidata dal Cremlino  ai tre principali servizi segreti russi – l’FSB (la polizia segreta interna), il GRU o GU (l’intelligence militare)  e l’SVR (l’agenzia di intelligence esterna)  – è il coordinamento e l’attuazione delle attività di guerra ibrida contro gli Stati che il Cremlino considera avversari della Russia. L’utilizzo delle reti criminali come strumenti di intelligence e di destabilizzazione diventa una componente sempre più importante della guerra ibrida russa contro le democrazie occidentali, compresa l’Italia 

Perché il Cremlino considera la criminalità organizzata un moltiplicatore di potenza” più efficace di forme tradizionali di proiezione geopolitica, e quali sono gli indicatori più concreti di questa trasformazione?

          Le potenze autocratiche revisioniste del mondo non-occidentale – Russia, Cina, Iran e Corea del Nord – utilizzano sistematicamente le reti criminali e i mercati illeciti globali – soprattutto i traffici internazionali di droga, armi, esseri umani, prodotti contraffatti e capitali illeciti (ossia il riciclaggio di denaro) – per far avanzare i propri obiettivi geopolitici e sovvertire le democrazie occidentali.

          Le reti criminali rappresentano uno strumento efficace di influenza dispiegato  dalle autocrazie revisioniste per minare le fondamenta delle società liberal-democratiche:   oggi le organizzazioni mafiose e i narco-cartelli di molti paesi  sono attori potenti, hanno maggiori mezzi finanziari di molti Stati, dispongono  di contatti internazionali di alto livello e sono fortemente interessati a destabilizzare gli Stati occidentali –  e a indebolire le attività di contrasto anti-crimine  – per accrescere  ricchezza e potere.  Inoltre, l’utilizzo di criminali come proxy consente alle potenze anti-occidentali di negare ogni coinvolgimento nelle operazioni ibride, minimizzando i rischi di rappresaglia da parte degli Stati colpiti 

         Ad esempio, i servizi russi da molti anni adoperano reti criminali per fornire armi e tecnologie militari a Stati-canaglia, signori della guerra, gruppi insurrezionali e cartelli della droga, allo scopo di diffondere instabilità geopolitica e estendere l’influenza russa in diverse aree del mondo.       

       Attualmente, il gruppo Wagner (oggi rinominato Afrika Korps) – una organizzazione criminale transnazionale controllata dal GRU – fornisce armi e addestramento militare a fazioni impegnate in sanguinosi conflitti in Libia e Sudan, in violazione dell’embargo internazionale. Peraltro, il gruppo Wagner, che ha reclutato un numero massiccio di criminali provenienti dalle prigioni russe, gestisce traffici illeciti di oro, diamanti, uranio e altre risorse critiche in Africa, ricorrendo a forme estreme di violenza per terrorizzare e controllare la popolazione civile presente nelle aree in cui opera.     

          Un altro esempio riguarda il presunto coinvolgimento dei servizi russi nel traffico di droga dall’America Latina verso i mercati di consumo occidentali.   Secondo Douglas Farah, esperto statunitense di criminalità transnazionale, in Venezuela e Nicaragua – due Stati alleati della Russia profondamente collusi con il narcotraffiico – sono presenti gruppi criminali russi dediti al traffico dj droga, composti per lo più da ex ufficiali dei reparti speciali dei servizi segreti di Mosca.  Secondo Farah, l’intelligence russa – presumibilmente il GRU –   protegge questi narcotrafficanti in quanto le loro attività diffondono instabilità e minano la sicurezza e la governancedemocratica nel continente latinoamericano, il “cortile di casa” degli Stati Uniti.     

La convergenza tra servizi russi, hacker criminali e cybercrime finanziario: quanto questo ecosistema ibrido sta cambiando la natura della minaccia cibernetica per le democrazie occidentali?           

Come documenta il rapporto di ricerca dell’Istituto Germani, il cyber-crime e il cyber-crime di tipo finanziario rappresentano uno dei principali strumenti di guerra ibrida utilizzati da Mosca per disgregare le democrazie.      Le principali agenzie di intelligence russe   da anni offrono protezione e impunità ai gruppi cyber-criminali, a patto che questi non osino attaccare obiettivi russi, colpendo invece aziende, banche e infrastrutture critiche nei paesi occidentali al fine di estorcere o rubare ingenti somme di denaro: un’attività strategicamente utile per il Cremlino perché provoca danni economici e diffonde disordine e turbolenza nelle democrazie. I cyber-criminali, inoltre, compiono attacchi commissionati dai servizi russi contro obiettivi precisi nei paesi ritenuti ostili a Mosca.

        Ad esempio, il gruppo “Evil Corps” – una delle cyber-mafie russe più ricercate dalle polizie a livello internazionale – ha estorto almeno 300 milioni di dollari da numerose vittime in tutto il mondo. In aggiunta alle operazioni ransomware condotte quotidianamente da “Evil Corps” a scopo di lucro, il gruppo, almeno fino al 2019, effettuava attacchi alle infrastrutture critiche e operazioni di cyber-spionaggio contro obiettivi nei paesi NATO. 

       Appare evidente, inoltre, che i servizi segreti di Mosca proteggono attività di cyber-criminalità finanziaria su vasta scala, al fine di provocare scandali destabilizzanti e sovvertire i mercati finanziari occidentali.  Valga come esempio il caso dell’oligarca russo Vladislav Klyushin, condannato a 9 anni di carcere negli USA per hacking e insider trading, poi rilasciato nel 2024 nel quadro di uno scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Russia La  sua società di sicurezza cibernetica, denominata M-13, veniva utilizzata come  copertura per operazioni di hackeraggio  contro grandi aziende americane allo scopo di sottrarre informazioni riservate, utilizzate poi per azioni di insider trading nella borsa di New York.   

Il riciclaggio e reinvestimento in Occidente di capitali illeciti può essere visto come uno strumento di guerra ibrida adoperato dallo Stato russo per condizionare e indebolire le democrazie? Vi è una collaborazione tra servizi segreti russi e crimine organizzato nelle operazioni di riciclaggio?

Negli anni sono emersi diversi casi di “riciclaggio strategico” di ingenti quantità di “dark money”, realizzato in stretta collaborazione tra servizi russi e reti criminali.  I capitali illeciti riciclati e reinvestiti appartengono spesso a gruppi criminali (russi e stranieri),  politici e funzionari statali russi corrotti e oligarchi legati al Cremlino, ma una parte  di questa “dark money”  viene utilizzata  dai servizi russi per finanziare operazioni di influenza e sovversione  in Occidente, tra cui  campagne di disinformazione e interferenza elettorale,  corruzione di leader politici e giornalisti,  sostegno occulto a partiti politici e media filo-russi, nonché a movimenti politici estremisti.  Il riciclaggio di capitali illeciti, inoltre, viene utilizzato dal Cremlino per screditare e sovvertire il sistema finanziario occidentale.

       Un esempio di money laundering strategico era l’operazione nota come “The Russian Laundromat”: dal 2010 al 2014 20 miliardi di dollari USA sono stati riciclati tramite banche russe, moldave, lettoni ed estoni e investiti in Occidente. Secondo una approfondita indagine giornalistica del Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), alti funzionari del FSB, esponenti del gruppo mafioso Solntsevskaya e Igor Putin (cugino del presidente russo) avrebbero svolto un ruolo determinante nell’operazione.

     Un caso recente è emerso con l’indagine “Destabilize”: nel dicembre del 2024 la National Crime Agency (NCA) britannica, l’FBI e la Drug Enforcement Agency (DEA) americana annunciano di aver disarticolato una vasta rete russa coinvolta nel riciclaggio di miliardi di dollari tramite cripto-valute. Viene così alla luce che al centro di questa rete vi sono due società,  operati a Mosca, Londra e Dubai,  che offrivano  servizi di riciclaggio a gruppi di cyber-criminali russi specializzati in attacchi ransomware, a narco-cartelli  europei (tra cui il cartello Kinehan in Irlanda) , nonché a politici e uomini d’affari russi sottoposti a sanzioni.   Inoltre, i fondi riciclati venivano utilizzati dai servizi russi per finanziare operazioni di spionaggio e disinformazione in Occidente. 

     Va ricordato anche il caso di Jan Marsalek, presunto collaboratore dell’intelligence russa (sia GRU che FSB) e architetto di una delle più clamorose frodi finanziarie della storia europea recente, che ha provocato il crack della società tedesca di pagamenti elettronici Wirecard, una delle principali società di tecnologia finanziaria al mondo, di cui Marsalek era  Chief Operating Officer (COO) fino alla sua fuga in Russia nel 2020. Sospettato di essersi appropriato illecitamente di diversi miliardi di euro, sarebbe stato reclutato dal GRU nel 2010 per effettuare operazioni di riciclaggio e raccolta di informazioni riservate tramite la Wirecard.             

Quali elementi comuni emergono tra le recenti campagne di sabotaggi in Europa, i tentativi di colpi di Stato in paesi vulnerabili e luso di reti criminali come proxy? Possiamo parlare di ununica strategia coordinata?

       A partire dal 2024 si è intensificata una campagna coordinata di attentati con esplosivi, incendi dolosi e sabotaggi alle infrastrutture in molti paesi europei. Diverse agenzie di intelligence europee hanno pubblicamente attribuito queste azioni violente al GRU, che spesso ha impiegato bande criminali locali, delinquenti comuni e individui emarginati e vulnerabili sotto il profilo socio-economico (spesso provenienti da paesi ex sovietici e reclutati su Telegram) come proxy per compiere questi attacchi.  Secondo autorevoli esperti, la finalità dell’ondata di sabotaggi sarebbe non solo di compiere azioni destabilizzanti per dissuadere i paesi europei dal proseguire a sostenere l’Ucraina, ma  anche di raccogliere informazioni utili per pianificare una possibile futura offensiva terroristica di più alta intensità. 

         L’intelligence russa utilizza gruppi criminali come proxy anche per provocare disordini e proteste violente e realizzare colpi di Stato in determinati paesi presi di mira. La famigerata unità 29155 del GRU – specializzata in azioni di sovversione violenta, sabotaggi e assassini mirati – ha condotto azioni di questo tipo in Montenegro, Moldova, Armenia e Catalogna. 

     Ad esempio, in Moldova, all’inizio del 2023, mentre cresceva il movimento di protesta anti-governativo guidato e finanziato dall’oligarca filo-Cremlino Ilan Shor, l’unità 29155 intendeva utilizzare un numero elevato di ultras della squadra di calcio serba Partizan – legati alla criminalità organizzata serba – per innescare una dinamica di escalation violenta delle proteste.  Il piano eversivo è fallito perché la polizia moldava ha impedito agli ultras serbi di entrare nel paese. 

I sistemi di sicurezza occidentali tendono spesso a separare criminalità organizzata, terrorismo, intelligence e cyber. Quali riforme o cambi di paradigma sono necessari per riconoscere e contrastare ununica minaccia ibrida integrata?

      La guerra ibrida praticata dalla Russia e da altri Stati autocratici anti-occidentali richiede da tutte le democrazie, Italia compresa, un ripensamento delle proprie strategie e architetture di sicurezza nazionale. Gli Stati democratici potranno fronteggiare efficacemente la minaccia ibrida – che attacca in modo coordinato in più domini la stabilità e la coesione sociale di un paese –   solo adottando un nuovo paradigma:  un approccio olistico e integrato alla sicurezza, che viene sintetizzato nei dibattiti NATO e UE  con due concetti-chiave:   

  1. Il Whole-of-Government Approach: potenziare sempre di più il coordinamento, l’integrazione e lo scambio informativo tra tutti i ministeri e dipartimenti dello Stato preposti alla gestione della sicurezza.   
  2. Il Whole-of-Society Approach:  il coinvolgimento di tutti i settori della società – le Istituzioni, il settore privato, il sistema mediatico,  il mondo della scuola, le università, le organizzazioni della società civile –  nelle attività di prevenzione, contrasto e rafforzamento della resilienza e della coesione nazionale.                                                                                                                                                                                                                                                                                        

    Come sottolinea il recente “non-paper” dal titolo  Il contrasto alla minaccia ibrida: una strategia attiva presentato dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, occorre superare l’inerzia e passare a una postura proattiva sia in ambito NATO e UE che a livello nazionale, perchè “La guerra ibrida è continua e colpisce infrastrutture critiche, centri decisionali, servizi essenziali e la tenuta di ogni Paese, con rischi quotidiani e crescenti di danni catastrofici. Gli attacchi — condotti sul piano della disinformazione, della guerra cognitiva e nel dominio cyber — sfruttano la consapevolezza che «lOccidente spesso sceglie di non reagire”. 

     Per contrastare la minaccia ibrida è essenziale superare le tradizionali separazioni tra diversi settori della sicurezza nazionale: controspionaggio, controterrorismo, antimafia, cyber-sicurezza, contrasto alla criminalità finanziaria e al riciclaggio di denaro.  Occorre favorire una crescente integrazione tra questi settori tramite la creazione di hybrid threat fusion center a livello nazionale e UE, al fine di istituzionalizzare la collaborazione e lo scambio informativo tra servizi segreti, forze di polizia, organismi di difesa cibernetica e unità di intelligence finanziaria. 

      Uno dei fattori che rende il nostro paese vulnerabile nei confronti della minaccia ibrida è lo scarso coordinamento tra le diverse istituzioni preposte alla gestione della sicurezza, insieme alla mancanza di un forte centro decisionale e di coordinamento delle politiche di sicurezza.  Altri fattori di vulnerabilità del sistema-Italia sfruttabili da attori della guerra ibrida  sono: il declino economico  (in atto da molti anni) che rischia di moltiplicare i problemi di coesione sociale; la crescita dell’estremismo politico interno; la criminalità organizzata endogena ed esogena e la sua penetrazione nell’economia e nella politica;  il rischio di declino culturale e cognitivo delle giovani generazioni;   la diffusa mancanza di una cultura di sicurezza nazionale presso la classe politica. Pertanto, una strategia nazionale di contrasto alla minaccia ibrida non potrà prescindere da riforme innovative in diversi campi (economia, cultura, scuola, università e ricerca, sistema di intelligence, ordine pubblico, contrasto all’ immigrazione irregolare, etc.). 

 Guardando ai prossimi dieci anni, dove si concentrerà con maggiore probabilità levoluzione dellalleanza tra potenze autocratiche e reti criminali globali? Quali scenari emergenti dovrebbero già essere monitorati?

   Un rischio emergente da monitorare attentamente è la possibile strumentalizzazione delle mafie endogene italiane da parte di Russia, Cina e Iran con finalità di destabilizzazione del nostro paese e di altri Stati dell’UE.  Non è un problema nuovo: i nostri servizi   fin dalla metà degli anni 90 hanno attenzionato il possibile ruolo di organizzazioni criminali russe collegate ai servizi di Mosca nelle forniture di armi alle mafie italiane, e in particolare alla ‘ndrangheta.  Vale la pena citare, a tale proposito, un recente articolo de Linkiesta, a firma di Massimiliano Coccia, su un presunto traffico di armi da guerra di fabbricazione russa – Kalashnikov, fucili d’assalto per forze speciali, munizioni di ultima generazione – destinate alle principali organizzazioni mafiose italiane, le quali rivenderebbero una parte di queste armi, custodendo un’altra parte come “riserva strategica”. 

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