Crescono, rispetto allo scorso anno, i numeri dell’ Alternanza Scuola-Lavoro, la metodologia didattica che introduce gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado al mondo del lavoro. Il percorso formativo viene arricchito di attività che gli studenti possono svolgere presso imprese, amministrazioni pubbliche, organizzazioni non profit, studi professionali, associazioni di categoria presenti sul territorio. La scuola costruisce un rapporto di collaborazione con uno di questi soggetti, chiamato ad “ospitare” lo studente, che sarà poi seguito nel suo percorso da un doppio tutor: aziendale e scolastico. Questo, in estrema sintesi, il meccanismo che consente ai giovani di maturare competenze dirette e sperimentare sul campo i contenuti di un lavoro. Nella logica del learning by doing.
Alcuni dati sull’alternanza: studenti, scuole e destinazioni
Veniamo ai numeri. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) ha presentato i dati del monitoraggio relativi all’anno scolastico 2015/2016. Il quadro che emerge può essere sintetizzato in pochi flash:
- 652.641 è il numero complessivo di studenti che hanno intrapreso percorsi di alternanza Scuola-Lavoro (+139% rispetto all’anno 2014/2015)
- 455.062 sono gli studenti delle classi terze coinvolti, di cui il 50% è rappresentato da studenti che frequentano indirizzi liceali
- 96% è la quota di scuole che hanno avviato percorsi di alternanza (+42% rispetto all’anno 2014/2015)
- 29.437 è il numero di percorsi attivati
Gli effetti della legge n. 107/2015 (c.d. Buona Scuola), che ha trasformato l’alternanza Scuola-Lavoro da attività sperimentale a percorso obbligatorio, sembrano essere più che positivi. Anche indirizzi di studio tradizionalmente poco “abituati” a costruire sinergie con il territorio hanno fatto dell’alternanza un valido strumento di apprendimento, per i propri studenti, e di dialogo, con numerose realtà economiche locali. Su tutte le imprese, che rappresentano la destinazione preferita dei giovani delle classi terze di Licei, Istituti Tecnici e Istituti Professionali (36,1% dei casi), seguite nell’ordine da:
- attività laboratoriali svolte a scuola (es. l’impresa simulata) (12,4%)
- pubbliche amministrazioni (8,5%)
- organizzazioni non profit (7,6%)
Indicazioni incoraggianti, dunque, che il Miur intende rafforzare con il coinvolgimento nei percorsi di alternanza di nuove organizzazioni partner attive in diversi settori: dai servizi al digitale, dalla ristorazione all’alimentare, passando per l’abbigliamento, l’arte, la cultura e la logistica. Solo per citarne alcuni. Sedici realtà rappresentate da aziende, ordini professionali e soggetti del terzo settore, tutte promotrici del programma I Campioni dell’Alternanza (lanciato dal Ministero in occasione della presentazione dei dati di monitoraggio) che nei prossimi mesi ospiteranno circa 27.000 studenti presso le proprie sedi operative.
Cosa accade dopo il diploma?
L’arricchimento del percorso formativo con esperienze di lavoro consente allo studente di “toccare con mano” ciò che per molti sarà il punto di approdo una volta conseguito il titolo di studio: il mercato del lavoro. Un rapporto, quello tra “diplomati” e “lavoro”, che per la coorte di giovani monitorata dal Miur resta ancora da definire (visti gli anni che separano gli studenti dal traguardo del diploma), ma che per le classi di diplomati precedenti continua a destare qualche preoccupazione.
Proprio di recente l’Istat ha pubblicato i primi dati relativi ai Percorsi di studio e lavoro di diplomati e laureati. Il focus sui diplomati, con titolo conseguito nel 2011, mostra aspetti positivi uniti a elementi di incertezza. Partiamo da questi ultimi. Al netto di coloro che dopo il diploma hanno scelto di continuare il proprio percorso di studi (rappresentano il 31,3% dei diplomati), l’istituto nazionale di statistica stima che nel 2015 – a 4 anni dal conseguimento del titolo – hanno trovato un lavoro 4 diplomati su 10. In dettaglio:
- il 43,5% lavora
- il 21,8% cerca un lavoro
- il 31,3% studia esclusivamente
Tra chi ha trovato un lavoro, solo 1 diplomato su 4 (25,3%) ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato. La maggior parte dei giovani ha un’occupazione non stabile (63,2%) e sono pochi coloro che hanno intrapreso la strada del lavoro autonomo (11,5%). Le note positive arrivano dalla gratificazione per il proprio lavoro. Sebbene non sempre in linea con le competenze acquisite, molti giovani si dichiarano soddisfatti soprattutto dell’autonomia di cui godono sul lavoro e delle mansioni svolte.
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