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Abbattere le barriere culturali

Non solo nel settore privato troviamo una sempre maggior diffusione dello smartworking ma anche le PA hanno esperienze di successo, che diventano best practice per altre organizzazioni.

In primo luogo decliniamo cosa sia lo smartworking come nuova modalità spazio-temporale di svolgimento della prestazione lavorativa.

La Città di Torino ha alle spalle un’importante esperienza di telelavoro ma lo sta ripensando in un’ottica più “intelligente”, mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio, reso possibile anche dalle nuove tecnologie informatiche e di comunicazione oggi presenti.

Negli ultimi anni i continui tagli al bilancio degli enti locali avevano avuto ripercussioni anche sul salario dei dipendenti. E si sentiva l’esigenza di agire su altre leve motivazionali attraverso l’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro. Non potendo lavorare sulla leva economica, abbiamo agito su quella del tempo e il telelavoro è stato un ottimo strumento in tal senso. Grazie all’opportunità di un bando regionale che assegnava fondi per i migliori progetti di conciliazione vita/lavoro, la città ha presentato nel 2012 il suo progetto di telelavoro, risultato poi vincitore, e così sono state introdotte le prime 20 postazioni in telelavoro nel 2013. Poi, nel 2014, un secondo bando gestito senza risorse esterne, per altre 23 postazioni.In tutto, ad oggi, 43 lavoratori (38 donne e 5 uomini) dalla polizia municipale alle biblioteche. Postazioni anche in Sardegna e nel Lussemburgo.

Da questa esperienza molti risultati positivi: da un lato la soddisfazione dei dipendenti che hanno cambiato la loro gestione della vita. Ogni giorno possono disporre di più tempo da dedicare alla loro vita personale, ai propri familiari o ai loro animali domestici senza sottrarre nulla alla propria attività lavorativa. Una qualità della vita migliore, meno stress, più sicurezza nelle proprie capacità, risparmio di tempo e denaro sui trasferimenti casa/ufficio.

E poi più produttività. Infatti i vantaggi non riguardano solo i telelavoratori. Tutti i responsabili dei 43 dipendenti sono infatti soddisfatti e nessun telelavoro è stato finora revocato (cosa prevista dal nostro accordo di adesione). La classe dirigente ha compreso come lavorare a distanza possa essere più produttivo e che un dipendente motivato è un dipendente che lavora meglio, a tutto vantaggio dei cittadini. 

Poi ci sono i risparmi sul bilancio: il telelavoro è infatti un progetto in attivo sin dal primo anno, grazie ai risparmi sulla mensa e sul salario accessorio e grazie alla riduzione di mutua e permessi. Non dimentichiamoci poi dell’ambiente, 186.000 km di viaggio casa/lavoro in meno in un anno che sono quasi 5 giri del mondo e con un conseguente risparmio di circa 28mila kg di Co2, quantità sufficiente per salvare 186 alberi.

Una delle prime barriere da abbattere è, comunque, stata quella culturale: passare da un sistema basato sul controllo ad uno basato sulla fiducia. E poi tanti ostacoli di natura burocratica e organizzativa, soprattutto in relazione ai vincoli legati alle norme sulla sicurezza della postazione, dal coinvolgimento di molte competenze diverse all’interno dell’ente (personale, bilancio, sicurezza, sistemi informativi, sindacati, CUG ecc.), dai rapporti con esterni (gestori di rete), dai vincoli che gravano su una PA che deve effettuare acquisti di nuove tecnologie.

Importante in questo senso è stata la formazione rivolta ai dipendenti ed ai responsabili, anche da parte di uno psicologo del lavoro.

Ma questa non è stata l’unica via intrapresa dal Comune di Torino. Accanto al telelavoro, infatti, Palazzo Civico sta sperimentando nuove forme di flessibilità oraria. Attualmente sono 258 i dipendenti che da circa un anno e mezzo hanno modificato il loro orario. Di questi 162 hanno scelto un profilo che prevede tre giornate lunghe (8 ore) e due corte (6 ore) mentre, i restanti 96, hanno optato per due giornate lunghe (9 ore) e tre corte (6 ore). Una scelta, anche questa, che comporta vantaggi per i lavoratori e risparmi per la Città.

Partendo da queste sperimentazioni Torino si conferma quindi un Comune all’avanguardia nei confronti di in una realtà che si sta pian piano diffondendo come testimoniano da un lato le crescenti attenzioni mostrate dai diversi media e istituzioni e, dall’altro, il panorama normativo che è cambiato nell’ultimo anno e dopo un silenzio di quindici anni (il DPR sul telelavoro risale al 1999…) può dare finalmente un impulso per proseguire su questa via.

Infatti l’art. 14 della LEGGE 7 agosto 2015, n. 124 (cosiddetta Riforma Madia), rubricato “Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche”, prevede che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti che ne faranno richiesta, di avvalersi di tali modalità.  

Sulla scia di questa riforma pendono attualmente in parlamento due disegni di legge: 

1) DDL n. 2233 – approvato dal Governo il 28 gennaio 2016 (presentato dal Ministro Poletti)

“Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato a tempo indeterminato”;

2)  DDL n. 2229 a firma di SACCONI, D’ASCOLA, MARINELLO e PAGANO

“Adattamento negoziale delle modalità di lavoro agile nella quarta rivoluzione industriale”.

In occasione della terza giornata del lavoro Agile, promossa dal Comune di Milano, la Città di Torino ha organizzato a febbraio scorso un convegno su questi temi che ha visto la partecipazione dell’Osservatorio sullo Smartworking del Politecnico di Milano e l’interesse di molti Enti del territorio, grazie alla collaborazione di ANCI Piemonte. Il convegno oltre ad essere stato importante stimolo alla discussione per l’applicazione di questa riforma, è stato utile per far nascere importanti rapporti di rete con pubblico e privato.

In questa sede sono stati anche coinvolti i dipendenti della Città che hanno proposto idee di flessibilità&produttività, calate nella realtà dei differenti servizi alla cittadinanza.

A seguito di tutto ciò, la Città è pronta per un nuovo progetto, e sta lavorando alla stesura di una vera e propria agenda, Agenda Smartworkingcon linee di intervento precise per consolidare e le esperienze degli ultimi anni e promuovere nel migliore dei modi il cambio di mentalità. Si tratta di uno studio sistematico che pone al centro il benessere del lavoratore nella consapevolezza che questo porterà un aumento di produttività e di conseguenza un miglioramento dei servizi al cittadino. E’ stato proposto per la prima volta al Salone del Libro dai responsabili del progetto, Elena Miglia e Claudio Sciaraffa. 

All’interno di questa Agenda trovano spazio, oltre ai progetti di flessibilità, idee sui risparmi di logistica e su mirate iniziative di benessere organizzativo.

Si sta lavorando inoltre sulla stesura di tre documenti essenziali per dare inizio alla sperimentazione del nuovo Smartworking:

  • Documento di valutazione dei rischi, pensato per il lavoratore agile
  • Disciplinare per garantire la sicurezza dei dati, soprattutto nel caso di BYOD (Bring Your Own Device)
  • Testo di accordo col lavoratore – disciplina le modalità di svolgimento della prestazione, la durata, la verifica delle performance ecc. 

 

 

 

 (*) Direttore Generale Città di Torino, in collaborazione con la Dott.ssa Elena Miglia e il Dott. Claudio Sciaraffa

 

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