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Dalla lettura di dati e indicatori s’intravede la ripresa. Forse

I dati che periodicamente l’Istat ci offre, in particolare sul versante del mercato del lavoro, ci consentono di capire qual è la situazione del Paese. 

A dicembre 2014 gli occupati erano 22 milioni 422 mila: dopo il calo nei due mesi precedenti, l’occupazione a dicembre aumenta dello 0,4% (+93 mila). Su base annua la crescita è dello 0,5% (+109 mila).  

Il tasso di occupazione, pari al 55,7%, aumenta di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,3 punti rispetto all’anno precedente.  

Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 322 mila, diminuisce del 3,2% rispetto al mese precedente (-109 mila) mentre aumenta del 2,9% su base annua (+95 mila).   

Il tasso di disoccupazione a dicembre scende al 12,9%, ( – 0,4 punti percentuali in termini congiunturali). Il calo osservato nell’ultimo mese è il primo segnale di contrazione della disoccupazione dopo un periodo di crescita. Eurostat fa rilevare come la riduzione del tasso di disoccupazione italiana sia la più rilevante di tutta l’UE.

Rinviamo alle seguenti tabelle dell’Istat la lettura di tutti i dati su occupazione e disoccupazione.

Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente; anche a novembre l’inattività aveva registrato un’analoga crescita, dopo il calo avuto nel mese di aprile. Su base annua l’inattività si mantiene in calo dell’1,9%.  

Il tasso di inattività, pari al 35,8%, aumenta di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e diminuisce di 0,6 punti su base annua. 

Per quanto riguarda la partecipazione dei giovani (15-24 anni) al mercato del lavoro, a fine 2014 sono occupati 918 mila giovani.

Il tasso di occupazione giovanile è pari al 15,4%; il numero dei giovani disoccupati è di 664 mila (meno 21 mila rispetto all’anno precedente). Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati o disoccupati) è pari al 42%.

Il numero di giovani inattivi è pari a 4 milioni 382 mila, mentre il tasso di inattività dei giovani è pari al 73,5%.

Ci sono quindi alcuni dati che fanno sperare in un 2015 di svolta per la ripresa e l’occupazione, anche se le previsioni in economia sono sempre aleatorie.

Ma ai dati sul mercato del lavoro, compresa la diminuzione del 6% del ricorso alla CIG, si affiancano altri importanti elementi:

–  l’Istat prevede una ripresa del PIL nel primo trimestre 2015 e un possibile recupero della domanda interna; previsioni ancora più ottimistiche vengono dal Centro Studi della Confindustria;

–  nel 2015 sarà possibile sgravare le assunzioni a tempo indeterminato fino a 8.060 € l’anno per 3 anni;

–  molte imprese hanno sospeso la CIG e richiamato, con contratti a tempo, personale esperto in vista di assunzioni a tempo indeterminato, con tutti i benefici fiscali, contributivi e normativi previsti dalle nuove leggi per il 2015;

–  il rilancio delle esportazioni in alcuni settori, gli acquisti record di macchine utensili, i benefici che arriveranno dalla svalutazione dell’euro, la riduzione del prezzo del petrolio, l’aumento della fiducia e del reddito disponibile delle famiglie possono rappresentare segnali su un andamento positivo possibile del ciclo economico;

–  ci sono altri tre aspetti molto rilevanti per uno sviluppo possibile: 1) gli effetti del “quantitative easing” della Bce e il conseguente aumento della liquidità se andranno non solo a beneficio delle banche, ma ad un risultato di stimolo alla domanda, alla produzione e all’occupazione nell’Unione europea con investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione; 2) il cosiddetto Piano Junker, presentato dal Presidente della UE come il veicolo per uscire dall’austerità, 21 miliardi veri in dieci anni per attivarne 300 ipotetici, è una novità ed un precedente, ma ridicolo per la sua inadeguatezza 3) le risorse della Bce ed un piano di investimenti dovrebbero essere le basi per un Europa che passi dall’austerità allo sviluppo per il lavoro, cominciando però dal rilancio della domanda interna e dallo sviluppo del mercato interno.

Quindi segnali positivi ci sono indubbiamente e bisognerà lavorare duramente per recuperare rispetto ai guasti produttivi, economici e sociali causati da questi sette anni di crisi.

Andranno però anche recuperati i gap che pesano come palle al piede del paese: la bassa produttività e la scarsa efficienza, gli inadeguati investimenti nella conoscenza e nell’innovazione, la diffusione allarmante delle metastasi della criminalità e della corruzione.

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