L’economia della creatività – Amarcord
Nella stagione in cui si preparò la conferenza “Meriti e bisogni” a Rimini (diciamo, per capirci, una quindicina di anni prima dell’avvento di internet) avevamo la percezione di una velocità della trasformazione dei caratteri dell’economia industriale che potremmo definire con tre parole: rapida, colorata, riequilibratrice (nel rapporto tra le economie dell’utile e le economie del bello).
Funzionavano gli uffici studi (pubblici e privati) come sensori interpretativi del cambiamento.
Funzionavano (abbastanza) i partiti come mediatori tra bisogni e diritti e, per una parte non grande ma sufficiente, anche nella rigenerazione in senso qualitativo della classe dirigente.
Funzionavano le aspettative di una nuova e possibile riforma delle istituzioni: bastava (pensavamo) solo sostituire forze troppo “mediatrici” nella guida del governo.
Ora gli “studi” – se si così si possono chiamare – sono sostanzialmente tesi al posizionamento, cioè sono in prevalenza di marketing non di interpretazione. L’ascensore tra bisogni e diritti lo fanno troppo spesso il …
L’economia della creatività - Stefano Rolando
(*)Professore all’Università IULM di Milano