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Educare al lavoro

Dobbiamo preparare i giovani ad affrontare in futuro lavori che oggi non esistono ancora (10 anni fa non esistevano i social network),  in cui saranno utilizzate tecnologie che non sono ancora state inventate, per risolvere problemi che oggi non sappiamo ancora esisteranno.

Dobbiamo preparare i giovani di oggi ai mercati  del lavoro del futuro, dobbiamo offrire loro gli strumenti utili a orientarsi, nella carriera di studi e in quella professionale, per tutta la vita.

Esemplificativo in questa direzione è il “piano della gioventù” varato in Francia  che stabilisce il “diritto per i giovani a prepararsi per la vita attiva”, introducendo l’obbligo scolastico fa 16 a 18 anni, la formazione professionale e l’accompagnamento al lavoro al termine della scuola.

Anche Germania, Svizzera e Regno Unito prevedono percorsi con finalità più tecniche professionali in parallelo ai percorsi universitari, orientati alla formazione di competenze generali e hanno introdotto politiche di contrasto all’abbandono scolastico e di recupero di chi ha lasciato la scuola. Inoltre offrono l’alternanza scuola lavoro (apprendistato tedesco) fin dalle scuole superiori ed i servizi di sostegno all’inserimento lavorativo dedicati ai giovani con difficoltà.

L’UNESCO indica che “orientamento vuol dire porre l’individuo in grado di prendere coscienza di sé e di progredire per l’adeguamento dei suoi studi e della sua professione alle esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona”.

Una sfida difficile, soprattutto per il nostro Paese e per l’epoca che viviamo. Una sfida ed una responsabilità che le nostre istituzioni non sono ancora in grado di affrontare pienamente.

Il sistema di istruzione e formazione professionale risulta molto frammentato, legato a regole e norme regionali e fa fatica ad adeguarsi alle condizioni del mercato del lavoro e della domanda di competenze, senza quindi riuscire a migliorarne l’efficienza e la qualità.

Se prendiamo in considerazione, ad esempio, la forma di orientamento sviluppata attraverso l’alternanza scuola – lavoro, solo il 45,6% delle scuole secondarie di secondo grado ha utilizzato nell’anno scolastico 2012/13 l’alternanza come metodologia didattica per sviluppare le competenze previste dagli studi e solo l’8,7% della popolazione studentesca partecipa a tali percorsi (Indire 2013).

Con l’obiettivo di recuperare questa situazione, l’iniziativa del Governo Renzi “La Buona Scuola” prevede Alternanza scuola – lavoro obbligatoria negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici e professionali per almeno 200 ore l’anno, estensione dell’impresa didattica, potenziamento delle esperienze di apprendistato sperimentale.

Diventa quindi più che mai cruciale chiedersi cosa può offrire l’orientamento a un pubblico più vasto di giovani, e meno giovani, a rischio di futuro, che rappresenta ormai un’emergenza sociale.

Proviamo ora a definire il bisogno dei giovani studenti alla ricerca di indicazioni sul lavoro.

I giovani studenti presentano generalmente caratteristiche comuni nel loro modo di rapportarsi con il mondo del lavoro. Hanno una limitata esperienza di vita ed in particolare una conoscenza estremamente  limitata dei settori professionali e delle opportunità formative e lavorative per loro disponibili. Maturano trascurabili esperienze di lavoro o più frequentemente nessuna esperienza (i dati OCSE ci dicono che solo il il 5% dei giovani in Italia riesce a mescolare in qualche modo lo studio con esperienze di lavoro). Hanno scarsa capacità di autoanalisi e di verbalizzazione dei vissuti.

Vi è quindi la necessità di colmare la carenza di orientamento e di educazione al lavoro durante il percorso formativo obbligatorio e quello universitario, di ridurre o eliminare la distanza tra mondo scolastico e mondo del lavoro e di aumentare il bagaglio di conoscenze e informazioni utili (anche)  alla famiglia per accompagnare la scelta dei figli nella definizione di una prospettiva professionale.

Un orientamento che riuscisse a coinvolgere anche la famiglia in modo strutturato rappresenterebbe un salto qualitativo rilevante. Questo perché il percorso attraverso il quale maturare le scelte per la carriera di studi e/o quella professionale è spesso completamente ed esclusivamente lasciato alla famiglia che tra l’altro non possiede strumenti e conoscenze adeguati allo scopo.

Orientare significa sostenere i giovani nel raggiungimento di una consapevolezza delle proprie capacità e delle caratteristiche del mondo del lavoro, di una conoscenza degli strumenti essenziali per capire il mondo del lavoro, di un sufficiente grado di autonomia nella ricerca attiva del lavoro.

Significa offrire ai giovani gli strumenti per migliorare la capacità analisi delle proprie risorse, la capacità di lettura del mondo del lavoro ed elaborare strategie per affrontare la complessità del percorso di scelta della vita lavorativa.

Significa offrire alle famiglie le indicazioni e le informazioni utili a sostenere i giovani figli nell’individuazione della migliore prospettiva professionale

Ai giovani devono essere offertimomenti di approfondimento sulla conoscenza di sé, del mercato del lavoro e delle strategie di ricerca da sviluppare con le seguenti azioni:

–       l’Orientamento Informativo per far acquisire le informazioni di cui un giovane ha bisogno per individuare le regole del mondo del lavoro (es. la legislazione di riferimento, l’organizzazione del mercato del lavoro, le tipologie contrattuali, ecc.);

–       la Consulenza Orientativa che ha l’obiettivo di individuare e costruire un progetto professionale realizzabile attraverso la ricostruzione, l’analisi e la rielaborazione della propria storia  formativa e personale, delle proprie risorse, una riflessione sui propri interessi e sulle proprie motivazioni, la conoscenza delle opportunità e dei vincoli che pone il mondo del lavoro;

–       l’ Orientamento Formativo utileper sviluppare le abilità importanti nella ricerca del lavoro necessarie per organizzare la ricerca di un lavoro, reperire, rielaborare e utilizzare le informazioni in forma autonoma, capire gli annunci e le offerte di lavoro, scrivere il Curriculum Vitae e le lettere di presentazione, utilizzare le reti sociali, le fonti e i canali online, affrontare colloqui e test di selezione in modo adeguato.

L’offerta è oggi sbilanciata sulle azioni di orientamento informativo e più debole sull’accompagnamento e la consulenza orientativa. Inoltre è sempre più ridotta la fiducia, in particolare dei giovani NEET, nei confronti di questi interventi.

Come riportato dall’ultimo rapporto ISFOL sull’orientamento, un orientamento di qualità, deve fondarsi su esperienze orizzontali che vedano coinvolte scuole, informa giovani, centri per l’impiego, associazioni di categoria, centri di formazione professionale, università e agenzie per il lavoro, in una prospettiva di rete.

Il soggetto da aggiungere e che avrebbe un ruolo importante è l’azienda, sede della conoscenza del fare e delle competenze professionali.

Vanno ampliate ed esplose le occasioni in cui far incontrare i giovani e le aziende, anche fuori dalle regole che fino ad oggi hanno declinato i vari rapporti di lavoro/formazione.

Vi è l’esigenza di creare percorsi che attraggano i giovani e li mantengano attivi.

Educare all’orientamento per permettere la diffusione di un cultura dell’apprendimento continuo.

Ogni giovane è invitato a ricercare sul proprio territorio i soggetti che possono/devono offrire un orientamento scolastico e professionale e pretendere il rispetto del suo diritto a prepararsi alla vita attiva. Il Paese deve costruire le condizioni perché ciò possa avvenire, sempre.

 

*Segretario Generale, Fondazione Adecco per le Pari Opportunità

 

 

 

 

 

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