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Fitto … dirottamento verso ( non si sa ancora)

Veramente vogliamo dirottare in altra direzione i finanziamenti PNRR destinati al digitale e al cambio di paradigma verso lo sviluppo verde e sostenibile? E in più si adduce che sono gli Enti Locali che non sanno spendere e che il programma è stato scritto “da altri”?

Non scherziamo; quei finanziamenti lì stanno e lì devono restare, senza giustificazioni per nessun’altra alternativa; i dirottatori non indossino le maschere delle tragedie, non intonino lai. Tutte le difficoltà finora rilevate sono correggibili.

Dal canto nostro non useremo come incipit le immagini di Faenza, anche se ci stringiamo a loro in uno sconsolato e fraterno abbraccio, che è quello dell’urgenza sociale, culturale e ambientale di fare tutto “presto e bene” per praticare i nuovi paradigmi dello sviluppo sostenibile e della produzione di energia da fonti rinnovabili.

I dirottatori sono forse attratti dalla sindrome del burrone? Certamente i cittadini no, e noi con loro; noi con loro vogliamo pensare il futuro come un periodo di benessere, di salute, di nuova normalità, in cui pianure, colline e montagne mantengano i paesaggi conosciuti, senza desertificazione e con montagne nuovamente innevate. 

Se non vogliamo altre alluvioni, i mari e gli oceani devono mantenere le temperature conosciute e necessarie, controllare l’ascesa dell’umidità, non provocare piogge e grandinate diverse per intensità, frequenza e copiosità da quelle su cui il nostro mondo si è adattato e costruito negli ultimi millenni.

Gli Enti Locali non sanno dove trovare le risorse per finanziare progetti e pratiche virtuose? Si crei un fondo di rotazione (c’è una proposta parlamentare in tal senso), facciamoci carico di praticare le politiche di coesione dell’UE, ma soprattutto iniziamo a promuovere e incentivare, culturalmente e progettualmente,  tutte quelle misure innovative come le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), facili da incentivare e realizzare, che producono partecipazione sociale e identificano, in un unico soggetto, i produttori e i consumatori di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Le CER sono la sintesi di partecipazione, identificazione, valore ambientale, vantaggi economici, azioni e attività facili da promuovere, organizzare, gestire.

Il loro valore partecipativo e motivazionale sta nella coincidenza in un unico soggetto di consumatori e produttori. Tutti gli aderenti producono per la Comunità e consumano nella Comunità.

È stato coniato anche un vocabolo ad hoc: prosumerismo,come giunzione di producer  e consumer. Un nome, un programma.

Cari dirottatori, giù le mani da questi fondi: non solo intoccabili ma da incentivare.

E lo diciamo oggi, dopo le verifiche sulle negatività ambientali che rileviamo nelle mutazioni climatiche, nella crescita della CO2 e dei Gas Serra, nell’aumento delle polveri sottili che bloccano traffici e polmoni.

Lo sviluppo sostenibile per uomo, natura e ambiente, sarà raggiunto quando ci saranno modi sostenibili di produrre e consumare energia, quando saranno rispettati gli equilibri ecosistemici e sistemici nelle produzioni e nei consumi.

Le conseguenze per noi, figli di processi evolutivi e di altri equilibri sistemici ed ecosistemici, possono essere gravi e in gran parte sconosciuti.

Perché in questa fase in cui servono facilitazioni per raggiungere gli obiettivi di una nuova salubrità insistiamo sulle CER? È semplice: queste Comunità nascono per partecipare e contribuire alla produzione di energia  in modo sostenibile, garantendo l’uso esclusivo di fonti rinnovabili, in rapporto diretto con i luoghi e le forme di consumo ma soprattutto con chi le userà.

Non è un caso che sul piano politico, economico e istituzionale le CER si stanno affermando (soprattutto in Germania, Paesi Bassi, Danimarca) come strumenti chiave della transizione verso lo sviluppo sostenibile. Si configurano e si propongono come Entità idonee per contribuire a raggiungere gli obiettivi della transizione energetica dell’Unione Europea.

La loro dimensione territoriale è contenuta e ripetibile all’infinito in ogni dove; basta che pochi soggetti decidano di diventare una Comunità sul territorio e, in Italia, siano collegati in una cabina primaria. La loro candidatura al successo sta nelle coincidenze dirette, nel nuovo soggetto, tra promotori–investitori–consumatori.

Motivazione e partecipazione, convenienza economica ed ecologica configurano le CER come Enti che meglio di molti altri possono garantire il successo. Motivazioni dirette e partecipazione convinta e fattiva sono gli elementi del successo.

Ci sentiamo di affermare che, se sufficientemente sorrette sul piano istituzionale e generale, le CER possono diventare un vero motore sulla via della riconversione dei processi economici e produttivi verso la sostenibilità dello sviluppo.

I tempi stringono e l’operatività è d’obbligo. 

Conosciamo bene le politiche dei grandi gruppi, i patti economici tra politica e lobby, ma sappiamo anche che l’avvio, la crescita e lo sviluppo di numerose attività, anche se di piccola dimensione, possono fare la differenza sul piano delle quantità generali, delle qualità sociali, della disponibilità all’accettazione sociale e generale dei paradigmi dello sviluppo sostenibile. 

Dobbiamo ricordare che la Commissione Europea ha stabilito che metà dei cittadini europei entro il 2050 devono arrivare a produrre metà dell’energia da fonti rinnovabili dell’Ue. Sarà assolutamente diverso se questo dato si realizzerà come semplice somma di singoli oppure come sommatoria di Comunità: un impianto in ogni casa o una sommatoria di sistemi di tante Comunità? La risposta è scontata: le Comunità. 

Comunità e Produzione per autoconsumo energetico locale offrono il vantaggio della motivazione e dell’azione collettiva, sinergica e solidale. 

Nel caso specifico, le CER nascono nel rispetto delle azioni dei singoli cittadini e si dotano in modo autonomo di impianti per la produzione e l’autoconsumo. Esse si associano per poter generare energia (gas, elettricità …) tramite fonti rinnovabili favorendo l’efficienza energetica e l’approvvigionamento diretto.

È questo che fa sì che le Comunità diventino autosufficienti riducendo notevolmente costi di gestione e l’impatto ambientale delle reti.

Se la trasformazione del modo di consumare e produrre energia diventa patrimonio culturale e pratica attuativa delle nuove Comunità, potrà diventare la chiave per la trasformazione in termini sistemici della città e del territorio.

Se vogliamo avviarci verso la costruzione dello sviluppo sostenibile con energie prodotte da fonti rinnovabili e rimanere coerenti con i valori dello sviluppo dei luoghi, dobbiamo superare l’uso della dispersione e delle reti infinite.

Dobbiamo legare i luoghi di captazione, produzione e trasformazione delle energie prodotte da fonti rinnovabili, con i luoghi di consumo.

In sintesi: la comunità energetica deve essere il luogo nel quale si svolgono le attività necessarie a garantire e governare le regole dello sviluppo sostenibile, socialmente concordate e attuate, convenienti per tutti.

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