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Ambiente e futuro delle città in una prospettiva economica

La sfida ambientale nel corso del 2015 ha vissuto tre grandi momenti (l’enciclica Laudato sì, la definizione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, la Conferenza di Parigi) che ne hanno evidenziato la grandissima rilevanza per la nostra vita presente e futura e per  la maturazione di un nuovo modello di sviluppo più sostenibile, equo ed equilibrato. All’interno di questa trasformazione un ruolo centrale si giocherà nei centri urbani. Come si stanno evolvendo le città ponendosi in una prospettiva economica? Sappiamo che nel 2050 l’80% di una popolazione superiore ai 9 miliardi vivrà concentrata nei contesti urbani e in particolare in grandi megalopoli. 

Ciò innanzitutto pone grandi problemi dal punto di vista delle infrastrutture di trasporto. Già oggi le megalopoli con più di 15 milioni di abitanti sono asfissiate dal traffico automobilistico, che è uno dei più grandi generatori di diseconomie dell’era moderna. Queste sono sia ambientali, sia connesse alla salute, sia riconducibili al tempo sprecato da milioni di persone che perdono diverse ore al giorno nelle congestioni urbane. Considerando l’insieme di queste conseguenze emergono delle immense esternalità, che peraltro si riflettono palesemente nel peggioramento della qualità della vita dei cittadini. 

Secondo i ricercatori dell’Harvard Center for Risk Analysis, il traffico delle 83 più grandi centri urbani degli Stati Uniti ha causato nel 2010 più di 2.200 morti premature e ha fatto spendere alla sanità pubblica 18 miliardi di dollari, in un Paese in cui i costi sanitari complessivi sono decisamente superiori a quelli pubblici. Se vogliamo provare a misurare il tempo perso nel traffico, la Fondazione Caracciolo ha stimato che il valore del tempo perso rimanendo in coda nelle sei città italiane più trafficate supera i 5 miliardi di euro l’anno e quasi la metà è rappresentato da Roma, dove ogni automobilista spreca tempo equivalente a più di 1.000 euro all’anno (anche se il primato è dei palermitani, con 1.137).

In realtà esistono situazioni molto migliori nel Nord Europa, dove troviamo il modello di trasporto delle città dimostratosi più sostenibile, ovvero capace di conciliare qualità della vita, benessere economico e un contenimento dell’inquinamento. Si tratta di città in cui da molto tempo si è operato per ridurre l’uso dell’auto individuale potenziando i mezzi collettivi. Complessivamente, la media europea degli spostamenti effettuati con l’autovettura è del 35%, mentre l’Italia si assesta sul 59,4%. A Parigi vi sono 25 auto per abitante, così come ad Amsterdam, a Berlino 29, a Londra 31, ad Amburgo 33.

Ciò richiede innanzitutto capillari metropolitane ed efficienti mezzi pubblici, più in generale politiche mirate che si accompagnino ad una adeguata cultura della popolazione.

A questo proposito può essere interessante riflettere un attimo su ciò che è accaduto a Milano negli ultimi anni, quando una serie di fattori hanno potuto agire in modo sinergico su un’importante modifica dei comportamenti e delle dinamiche correlate.

A Milano in questi anni di crisi in cui i cittadini hanno prestato particolare attenzione alle spese superflue è stata introdotta l’Area C, ovvero l’accesso a pagamento all’interno del centro cittadino. Si tratta di quella, che, sulla base anche dell’esperienza londinese, viene definita “congestioncharge” piuttosto che “pollutioncharge”, ovvero una tassa sul traffico. Dal gennaio 2012 a Milano si sono registrati 25 milioni di transiti in meno nel centro città, una riduzione di circa il 30 per cento. Ciò si accompagna ad una riduzione delle immatricolate a Milano: 38.000 in meno, in tre anni. 

Contemporaneamente, cresce nel capoluogo lombardo il potenziamento dei trasporti pubblici (si pensi alla nuova linea 5 che ha già raggiunto i 3 milioni di passeggeri trasportati), e, soprattutto, la sharing economy applicata ai trasporti, ossia l’utilizzo di auto, bici – da poco anche scooter – in condivisione: sono più di 7.000 i mezzi mesi a disposizione dal comune e dai privati (ben 7 società di car sharing che si contendono oltre 300.000 iscritti). 

In questo modo, pur essendo ancora molto lontana dai dati delle capitali europee, Milano è passata dalle 65 auto per abitante alle 51, dimostrando che anche le metropoli italiane posso imboccare una strada virtuosa.

Ci siamo soffermati sul tema dell’evoluzione della mobilità urbana, ma ragionamenti analoghi potrebbero essere fatti sull’uso efficiente di altre risorse fondamentali: il suolo, l’energia, l’acqua, i materiali. La sfida ambientale ci pone nella necessità di “fare meglio con meno”, ponendoci in una prospettiva di “economia circolare”, in cui gli sprechi si riducano al minimo e i prodotti abbiano una vita più lunga possibile. Un cenno ad alcune di queste sfide.

a) Un enorme problema delle città è il riutilizzo delle cosiddette infrastrutture grigie: costruzioni, spazi cementati, abitazioni che non vengono usate né reimesse in un processo di recupero del suolo occupato. Solo a volte il valore economico di questi spazi stimola il riutilizzo, eppure lo spreco generato è immenso e soprattutto si continua ad alimentare un consumo di suolo e di materia che non è più sostenibile. Servono anche qui politiche, cultura e iniziativa imprenditoriale. Dalla capacità di rigenerare l’edificato e di condividere l’uso degli spazi non adeguatamente utilizzati parte infatti una sfida centrale per l’economia, la società e l’ambiente analoga a quella che abbiamo visto per i trasporti. 

b) Gli edifici nuovi sono sempre più progettati per essere energeticamente efficienti (finanche autosufficienti): ciò comporta un forte abbattimento dei costi dell’energia per chi ci vive, ma anche lo sviluppo di soluzioni e l’utilizzo di materiali innovativi che offrono nuove opportunità al settore edile in forte crisi.

Ma l’uso efficiente dell’energia pervade le città in tutti i servizi, a partire dai trasporti trattati in precedenza che nelle megalopoli dei Paesi emergenti comporteranno nei prossimi trent’anni una crescita esponenziali dei consumi, per proseguire con l’acqua.

c) Le grandi necessità di sviluppo e rinnovo delle infrastrutture idriche per gestire il ciclo integrato dell’acqua (dall’adduzione, alla depurazione al riutilizzo) in modo efficiente costituiscono un’altra importantissima sfida, probabilmente la più importante di questo millennio. In sistemi maturi come il nostro siamo capaci di disperdere attraverso reti idriche obsolete il 35% dell’acqua distribuita, senza entrare nel merito dell’efficacia dei processi di depurazione. 

d) Infine i rifiuti, da intendersi come risorse che devono rientrare in un ciclo di ottimizzazione e riuso, a partire da quelli alimentari.

In tutti questi ambiti il ruolo dei cittadini è fondamentale. Da un lato come consumatori che razionalizzando le proprie scelte e riducendo il superfluo riescono a far meglio fronte alla riduzione dei redditi ed alla crescita del costo di tutta una serie di servizi nei contesti urbani, dall’altro come attori di nuovi stili di vita che consentano di mantenere un equilibrio tra disponibilità e uso delle risorse, riducendo gli sprechi e migliorando la qualità delle città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 (*) Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano. Corso di Economia dell’Energia e gestione dei beni ambientali

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