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Contrasto alla poverta’ è strategia universalista selettiva

Il 28 gennaio scorso il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero del Lavoro, ha presentato il disegno di legge “Schema di disegno di legge di delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali”.(1)

Essendo un disegno di legge (ddl) che prevede una o più deleghe, è sottoposto dapprima ad un iter ordinario di legge e, approvato, alla presentazione da parte del governo di uno schema di decreto legislativo da varare entro sei mesi dall’approvazione della legge. Nei tempi di definizione normativa vanno considerati i successivi atti amministrativi e organizzativi. 

E’ opportuno partire dai contenuti del testo del provvedimento. Anche perché le interpretazioni applicative, anche autorevoli, soprattutto relative agli aspetti economici, non sono ancorate ad un solido impianto.(2)

 Il ddl esplicita tre finalità e per ognuna i relativi principi e criteri direttivi.  Si confermano i vincoli di “neutralità finanziaria” e le ordinarie procedure di emanazione dei decreti delegati e delle eventuali disposizioni correttive e integrative.

Le finalità indicate sono:

– introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio;

– razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale e quelle di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi. Sono escluse dalla razionalizzazione le prestazioni riferite alla condizione di disabilità. Sono incluse quelle rivolte ai residenti all’estero;

– riordino della normativa in materia di interventi e servizi sociali.

 La misura nazionale di contrasto alla povertà.

La misura unica nazionale consiste in un sostegno economico condizionato all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale.  Beneficiari e beneficio sono definiti nei limiti delle disponibilità del Fondo per la lotta alla povertà ed esclusione sociale previsto dalla legge di stabilità del 2016. (3) A questo fondo possono confluire le eventuali economie derivanti da interventi di razionalizzazione. Ai progetti personalizzati possono contribuire le risorse dei programmi operativi nazionali e regionali. Saranno fissati principi generalizzati di presa in carico sulla base di una valutazione multidimensionale, di progettazione personalizzata da parte dei servizi comunali o di ambito, la partecipazione dei beneficiari, la previsione di obiettivi e di monitoraggio dei risultati.

Razionalizzazione delle prestazioni.

Si prospetta il superamento di differenze categoriali. Si introduce il principio dell’universalismo selettivo nell’accesso secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica ricorrendo all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Le economie derivanti dalla razionalizzazione vanno ad alimentare il fondo citato.

Riordino della normativa.

L’istituzione di un organismo nazionale di coordinamento favorirà una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e definirà linee guida per singole tipologie di intervento. Tale organismo è presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, partecipato dalle Regioni, Province autonome e Autonomie locali. Non dovrà comportare nuovi oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Il Ministero del Lavoro verifica e controlla il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale. Un decreto del Presidente del Consiglio su proposta del Ministero del lavoro prevederà la razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici ministeriali allo scopo di aumentare l’efficienza amministrativa, con l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili.

Sarà potenziata la gestione associata nella programmazione e gestione degli interventi e saranno definiti principi generali per l’individuazione degli ambiti.

E’ prevista la promozione di accordi territoriali tra i servizi sociali, quelli dell’inserimento lavorativo, dell’istruzione e formazione, della salute e l’attivazione di risorse quali terzo settore e privato sociale, realizzando l’offerta integrata dei servizi.

Sarà rafforzato il Sistema informativo dei servizi sociali ed in specifico il Casellario dell’assistenza, integrandolo con i sistemi informativi sanitari e del lavoro.

 

Osservazioni

Si tratta, come accennato di un disegno di legge. I contenuti definitivi saranno quelli poi approvati dal Parlamento. Comunque si profila un impianto normativo programmatico: molte soluzioni sono rimandate all’esercizio della delega governativa.  Vista la forte interazione tra le diverse finalità sarebbe opportuno procedere alla scelta di un unico decreto legislativo. Scelta non esclusa ma non esclusiva.

I contenuti sono in sviluppo del Sostegno all’Inclusione Attiva, sperimentazione da assicurare su tutto il territorio nazionale nel 2016; previsto a supporto lo stanziamento di 380 milioni (legge di stabilità 2016). E dalla sperimentazione sono venute già alcune indicazioni relative alla fragilità in attuazione e alla differenze territoriali. (4)

Da condividere è la scelta effettuata di una misura strutturale, unica a livello nazionale, vincolata alle condizionalità (progetto personalizzato di attivazione, soglia ISEE, valutazione multidimensionale) e al monitoraggio.

Il raccordo con il Piano triennale è debole. Vengono accennate da subito le priorità nei beneficiari (“nuclei familiari con figli minori” e “soggetti con maggiori difficoltà di inserimento o ricollocazione sul mercato del lavoro”) ma, non nella fissazione di obiettivi graduali nel contrasto alla povertà estrema e la ricerca delle coperture pur da definire nelle successive manovre finanziarie. (5)

E’ carente la dinamica della struttura del finanziamento rispetto alla quantificazione dei fabbisogni. Seppure è vero che l’ammontare delle risorse messe a disposizione è notevolmente incrementato rispetto agli anni precedenti, è da sottolinearne l’insufficienza – compresa la ristrettezza o la aleatorietà – dell’indicazione delle possibili voci da far affluire al fondo nazionale (le risorse derivanti dalla razionalizzazione e la revisione dei trattamenti assistenziali e previdenziali subordinati alla prova dei mezzi). Tutto si gioca nell’ambito delle risorse destinate alle politiche sociali.

Bene il collegamento con fondi UE nazionali e regionali. Anche se non esenti dalle insidie della sincronizzazione e delle difficoltà di raccordo tra i livelli, pur prevedendo la costituzione della necessaria governance multilivello. (6) Da tener presente la stessa transitorietà dei fondi europei rispetto alla dichiarata strutturalità del provvedimento. 

Positiva infatti è la scelta del coordinamento nazionale. Il limite è quello del cattivo segnale nazionale relativo al mero circolo istituzionale non inclusivo degli attori del terzo settore. Che poi sono chiamati nei territori a svolgere molte delle politiche di inclusione attiva. (7)

La previsione delle linee guida è opportuna, in analogia con quanto realizzato in altre esperienze quali le persone senza dimora. Ma rinvia alla necessità di precisarne la valenza e  di interloquire  già a livello nazionale con l’associazionismo dedicato.

Ineludibile la scelta relativa all’installazione ed integrazione dei sistemi informativi. Ma la questione è quella di accelerarne i tempi. Per evitare che diventi un processo secolare. Anche in questo ambito si tratta di realizzare obiettivi sequenziali.

Registriamo la citazione dell’esigenza di intervenire sui servizi territoriali in termini di sviluppo, qualificazione, integrazione e attivazione delle reti territoriali pubblico privato. Potrebbe essere utile promuovere una sub articolazione dedicata del piano triennale, ricorrendo immediatamente alle possibili misure di finanziamento della capacity building.

E chissà se non è necessario prevedere un’articolazione operativa – dell’Agenzia nazionale e dell’ISFOL – che nella fase di start up almeno supporti gli interlocutori nazionali, regionali e territoriali nell’implementazione del piano. Collegandola alla razionalizzazione degli enti. Ma non limitandosi a questo.

Dovremo uscire fuori dallo stereotipo che in Italia siamo anche in grado di produrre buone norme.  Ma manca l’attenzione alla quantificazione delle risorse, ai successivi processi amministrativi, gestionali e valutativi.

 

 

note

(1) Facciamo riferimento al testo approvato in sede di Consiglio dei Ministri. Alla data attuale non è ancora iniziato l’iter parlamentare. E’ da ricordare che in Parlamento esistono proposte di legge che riguardano la fattispecie del reddito minimo d’inserimento e che alcune regioni stanno procedendo con norme regionali.

(2) Sono solo dichiarazioni (e non del tutto chiare)  quelle del Ministro riportate dai quotidiani (ad es. Repubblica del 1 febbraio scorso)  relative all’ammontare del livello di erogazione e alla dimensione qualitativa e quantitativa dei beneficiari .

(3)Per quanto previsto nella legge di stabilità 2016 vedi M.Conclave, Stabilità 2016 e politiche sociali, in Newsletter Nuovi Lavori.  

(4) Per quanto riguarda la sperimentazione del SIA vedi M.Conclave, Il contrasto alla povertà verso una ragionevole sistematicita’, in Newsletter Nuovi Lavori.

(5) Sono 1.470 mila le famiglie, 4,1 milioni le persone in povertà assoluta, secondo i dati ISTAT 2014. Le informazioni governative parlano di una copertura prevista dalle risorse del provvedimento di circa   280 mila famiglie, 550 mila bambini, 1.150 mila persone riportate dalla stampa relative alla quantità di beneficiari. 

(6) Le regioni hanno condiviso il testo del provvedimento, dichiarando  la proprie disponibilità a partecipare attivamente con le risorse economiche e le proprie competenze programmatiche. (vedi Comunicato stampa del 29 gennaio 2016.  Contrasto alla Povertà: Bonaccini, lavorare sodo per sinergia Governo Regioni, in Regioni .it

(7) Da evidenziare il giudizio largamente negativo espresso dall’Alleanza contro la povertà in Italia. Vedi  OSSERVAZIONI  AL DISEGNO DI LEGGE DELEGA RECANTE NORME RELATIVE AL CONTRASTO ALLA POVERTÀ, AL RIORDINO DELLE PRESTAZIONI E AL SISTEMA DEGLI INTERVENTI E DEI SERVIZI SOCIALI. 1 febbraio 2016.

 

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