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Il difficile mismatch tra domanda e offerta di lavoro europeo

Lo scorso ottobre è stato pubblicato il rapporto Skills Mismatch in Europe, curato dal Dipartimento di Statistica dell’International Labour Office (ILO). Il Report esamina la condizione dei lavoratori europei stimando una loro sovra o sotto qualificazione rispetto al tipo di lavoro che svolgono. In questo modo, si analizza il match/mismatch tra competenze dei lavoratori e mansioni richieste per il loro lavoro. Basato su 24 Paesi europei, lo studio riscontra un diffuso divario tra competenze reali dei lavoratori e competenze effettivamente richieste, pur con importanti differenze da Paese a Paese. 

Un primo dato che emerge dallo studio ILO dimostra che tra il 25 e il 45 per cento dei lavoratori in Europa sono sovra o sotto qualificati per il tipo di lavoro svolto, il che porta ad un sostanziale mismatch tra offerta e domanda di lavoro. Come mostrato nella tabella seguente, la percentuale di lavoratori sovra-qualificati si aggira intorno al 10-20 per cento nella maggioranza dei Paesi per i quali sono disponibili dati, benché vi siano forti differenze. Nei Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Svizzera, ad esempio, i lavoratori sovra-qualificati sono meno del 6 per cento, ma questa cifra supera il 20 per cento a Cipro e in Russia.

 

Tra il 2002 e il 2012 la percentuale dei lavoratori sovra-qualificati è cresciuta di 3,6 punti percentuali, il che riflette in parte l’impatto della crisi economica globale. Solo quattro Paesi – Irlanda, Israele, Polonia e Slovenia – hanno registrato un tendenza al ribasso degli sovra-qualificati.

Mentre il numero dei sovra-qualificati è cresciuto, tra il 2002 e il 2012 la percentuale dei sotto-qualificati si è ridotta di circa 9 punti percentuali calando nella maggior parte dei Paesi. In particolare, in 9 Paesi europei oltre il 25 per cento dei lavoratori è sotto-qualificato. In Portogallo, questa cifra supera addirittura il 50 per cento.  

Tra i lavoratori sovra-qualificati, le donne e i giovani sono sovra rappresentati. Lo studio attribuisce questo dato a diversi fattori, tra cui le pressioni sulle donne per conciliare lavoro e vita familiare, maggiore rappresentanza delle donne in forme di lavoro non standard e, in alcuni casi, la discriminazione sul posto di lavoro. 

La percentuale relativamente elevata in forme di lavoro non standard spiega anche il perché i giovani sono meno colpiti dal problema della sotto-qualifica e, più spesso, sono sovra-qualificati per il lavoro svolto rispetto agli adulti.

Nella conferenza stampa del 29 ottobre scorso, l’Autore dello studio, l’economista Theo Sparreboom, ha così concluso: «Fornire ai lavoratori le competenze non è sufficiente se queste non corrispondono a quelle richieste dai datori di lavoro. Lo studio invita i governi e le parti sociali a creare servizi di collocamento efficienti e opportunità di formazione, nonché a rafforzare le relazioni tra scuola e formazione da un lato e mondo del lavoro dall’altro». Secondo l’esperto dell’ILO, sistemi di apprendistato di qualità per i giovani, che colleghino la scuola e la formazione sul posto di lavoro sono parte della soluzione. Questi sistemi richiedono un efficace dialogo sociale tra governi e parti sociali, condivisione dei costi tra pubblico e privato e servizi per l’impiego efficienti. In più, l’innovazione tecnologica alimenta la domanda di competenze nel mercato del lavoro. Alti livelli di istruzione sono solo parte della soluzione, e la formazione permanente sta diventando indispensabile. In molti paesi, sono necessarie riforme dei sistemi di istruzione e di formazione professionale per rendere possibile la formazione permanente per tutti.

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