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Il mercato del lavoro nel 4° Rapporto sulla Coesione sociale

Nei giorni scorsi è stato presentato il “Rapporto sulla Coesione sociale  Anno 2013”, giunto alla 4^ edizione, realizzato dal Ministero del Lavoro, dall’Inps e dall’Istat. Nel capitolo sul “Mercato del lavoro” ci vengono offerti un insieme di indicatori statistici, utili per comprendere la situazione e le  dinamiche della situazione italiana su questa tematica.

I dati sono aggiornati, di norma, a tutto il 2012. Nel presentare e commentare questa parte del Rapporto cercheremo, laddove possibile, di aggiornare i dati con le ultime rilevazioni al 2013, evidenziandoli in carattere corsivo.

Nel 2012 il valore del Pil è stato di 1.567.010 milioni di euro (dato provvisorio), in calo dello 0,8% rispetto al 2011.

Nel 2011 le imprese nell’Industria e nei Servizi erano 4,4 milioni circa, di cui 3,4 milioni nel settore Terziario, 439.000 nell’Industria e 584.000 nelle Costruzioni.  Il loro numero è praticamente lo stesso del 2010, ma con forti cambiamenti all’interno dei settori stessi.

Chiudono infatti circa il 2% delle imprese nelle Costruzioni, l’1,2% nell’Industria e lo  0,7% nel Commercio, trasporti ed alberghi. La sola variazione positiva, +1,5%, si registra in Altri Servizi.

Da notare che, dal 2000 al 2012, crescono le aziende di imprenditori immigrati da 111.109 a 342.290, provenienti in particolare dal Nord Africa (in gran parte Marocco), Romania, Cina e Albania.

La forza lavoro nel paese, nel 2012, somma circa 25.600.000 lavoratori (dipendenti e autonomi, il 

42,4% della popolazione), di cui  22.899.000 sono gli occupati e 2.744.000 sono i disoccupati.

Ne consegue che fuori del mercato del lavoro ci sono più di 14 milioni di persone, tra 15 e 64 anni, che sono inattive.

Le ultimi statistiche Istat diffuse a gennaio 2014, sui dati occupazionali di novembre 2013, ci consentono un aggiornamento in tempo reale: a novembre scorso gli occupati sono 22.292.000, i disoccupati 3.254.000 e gli inattivi (15 – 64 anni) ammontano a 14.366.000, di cui 5.205.000 uomini e 9.162.000 donne. Un tasso di disoccupazione alto e un tasso di occupazione basso sono le due facce della stessa medaglia.

Rinviamo alla tabella seguente (fonte Istat):

Tra gli occupati il 4,8% ha la licenza elementare, il 46,6% ha un diploma di scuola media superiore e il 18,7% ha una laurea. Le donne occupate sono più istruite degli uomini: infatti le diplomate sono il 48,8% contro il 45% dei diplomati e le laureate sono il 23,8%, a fronte del 15,2% dei laureati maschi.

Gli occupati a tempo determinato, soprattutto giovani e donne, sono 2.375.000 (il 13,8% di tutti i lavoratori dipendenti); i lavoratori part time, prevalentemente donne, nel 2012 sono 3.906.000 (il 17,1% dell’occupazione complessiva).

Il tasso di occupazione nel 2012 è stato del 56,8% (47,1% donne e 66,5% uomini).

I disoccupati nel 2012 erano 2.744.000 (+ 636.000 rispetto al 2011) e il tasso di disoccupazione è arrivato al 10,7% ( + 2,3% rispetto al 2011). Il tasso di disoccupazione giovanile (15 – 24 anni) ha raggiunto il 35,3% ( era al 29,1% nel 2011). Il tasso di inattività è al 36,3% (46,5% per le donne e 26,1% per gli uomini).

Nel 2012 le famiglie con almeno un componente di età compresa tra 15 e 54 anni erano 16,4 milioni; tra esse 2,3 milioni di famiglie (il 13,4%) erano composte da individui senza una occupazione.

La disoccupazione tra la popolazione straniera è al 14,1% (+ 2% sul 2011).

Come già iniziato, continuiamo ad aggiornare i  dati del 2012, con le nuove rilevazioni Istat aggiornate a tutto novembre 2013. Come visto, a  questa data gli occupati sono 22.292.000 (+2% sul 2012 e cioè 448.000 occupati in meno rispetto al 2012).

Il tasso di occupazione passa al 55,4% e il numero di disoccupati raggiunge 3.254.000 (+ 12,1%, cioè 351.000 disoccupati in più sul 2012). Il tasso di disoccupazione passa al 12,7% (+ 1,4% sul 2012). I disoccupati tra i 15 – 24 anni salgono a 659.000 ed il tasso di disoccupazione giovanile,arriva al 41,6% (+4% sul 2012). 

Nel Rapporto si analizzano i dati occupazionali in modo distinto per il settore privato (non agricolo), per i lavoratori agricoli dipendenti e per i lavoratori domestici. Successivamente si esamina la situazione dei lavoratori autonomi e parasubordinati.

I dati statistici, forniti dalle dichiarazioni Emens dei datori di lavoro, sono disponibili a tutta la metà del 2013.

Il numero medio degli occupati nel settore privato non agricolo nel 2013 – dato provvisorio in quanto limitato al 1° semestre 2013 – è di 11.962.700, mentre nel 2012 era di 12.282.661.

Analizzando i dati 2010 – 2013, la tendenza più rilevante è la diminuzione dei lavoratori under 30 che passano dal 18,9% del 2010 al 15,9% del 2013. Aumenta la presenza femminile, ma limitatamente ad un punto percentuale in 4 anni.

Tra i lavoratori dipendenti gli operai rappresentano il 51,8% del totale, gli impiegati il 39,7%, gli apprendisti il 3,7%, i quadri il 3,6% ed i dirigenti l’1%. 

Nel 2013 diminuiscono dell’1,3% i lavoratori con contratto a tempo indeterminato che sono a quota 10.352.343. Anche qui sono i lavoratori under 30 a ridurre la loro presenza di ben 9,4 punti percentuali tra il 2012 e il 2013. Nei 4 anni 2010 – 2013 i giovani con contratto a tempo indeterminato passano dal 16,8% al 14%.

Questa tendenza è destinata ad accentuarsi per effetto della riforma Fornero sulle pensioni che, posticipando di alcuni anni il pensionamento, contribuirà a ritardare l’ingresso dei giovani al lavoro. Siamo di fronte in sostanza ad un invecchiamento dei lavoratori dipendenti, per la progressiva rarefazione dei giovani sotto i 30 anni nei luoghi di lavoro.

Nel 1° semestre 2013 diminuiscono anche i contratti a tempo determinato, mentre aumentano i lavoratori stagionali (+ 72,6%) che arrivano a 136.817 nel 1° semestre 2013, contro i 79.269 di tutto il 2012. Anche questo fenomeno va messo in conto alla riforma Fornero in quanto essa, non prevedendo per la stagionalità, a differenza del contratto a termine, il contributo addizionale per l’Aspi, ha ottenuto di portare le imprese a scegliere, per risparmiare, la tipologia del contratto stagionale, rispetto a quello a termine. 

Dei quasi 12 milioni di occupati nel settore privato, si registrano 9.069.287 lavoratori a tempo pieno, di cui due terzi sono maschi.

Nel 2011 in Italia il 29,3% delle donne e il 5,9% degli uomini lavorava a part time. Da allora la quota di occupati a tempo parziale è continuata a crescere, portandosi al 15,5 per cento. Negli ultimi cinque anni è cresciuta molto l’incidenza del part time involontario, ossia di chi svolge un lavoro a tempo parziale in mancanza di occasioni a tempo pieno: si passa dal 49,3% del 2010 al 53,3% del 2011. L’incidenza del part time involontario è più elevata tra gli uomini, ma con valori significativi   anche tra le donne (rispettivamente il 63,7 e il 50,2%).

Nel 2013 i lavoratori coinvolti nel part time orizzontale sono 2.620.027 (+ 3,1%), nel part time verticale sono 139.881, mentre nel part time di tipo misto sono 174.825. Nelle tre forme di tempo parziale richiamate, la presenza femminile è rispettivamente del 71,9%, del 68,4% e del 75%.

Il Rapporto prende in esame anche i lavoratori domestici che nel 2012 hanno raggiunto 785.933 unità, con un incremento notevole dovuto alle due sanatorie del 2009 e del 2012. In questo settore le donne rappresentano l’83,7% del totale.

Un altro capitolo del Rapporto è quello sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti del settore privato nell’anno 2013. La retribuzione media giornaliera dei lavoratori dipendenti è di 86,80 € ed ha le seguenti articolazioni secondo il territorio, l’età, la qualifica ed il genere:

–    Nord Ovest  95,30 €, Lombardia 96 €, Isole 72,10 €, Sud 73,00 €, Calabria 69 €;

–   sotto i 20 anni 44,50 €, tra i 20 e 24 anni 54,80 €, dai 50 ai 54 anni 103 €, dai 55 ai 59 anni 109,50 €;

–    apprendisti 52,90 €, operai 69,20 €, impiegati 91,80 €, quadri 197,40 €;

–    uomini 98,30 €, donne 70,20 €.

E’ dedicato un capitolo ai lavoratori autonomi e parasubordinati.  Tra gli autonomi, gli artigiani sono nel 2012,  1.826.000 (-1,01% rispetto al 2011); la loro presenza è prevalentemente al Centro Nord, mentre al Sud è attivo solo il 15,3% e nelle isole solo il 7,7% del totale.

Il  91,7% è titolare di azienda, mentre gli altri sono collaboratori familiari. Le donne artigiane sono il 19,5% del totale, mentre i giovani sotto i 30 anni sono solamente il 7%.

I commercianti sono nel 2012,  2.163.000 (+ 1,2% sul 2011), le donne titolari sono il 36,4% del totale. L’89,5% sono titolari, mentre il 10,5% sono collaboratori familiari.

I coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali sono nel 2012 circa 460.000 (- 0,9% sul 2011), di cui il 35,8% sono donne.

Il Rapporto distingue i parasubordinati in collaboratori o professionisti a seconda della natura del rapporto di lavoro. Nel primo caso, i contributi all’Inps sono versati dal committente, nel secondo  caso dal professionista stesso.

Nel 2012 i contribuenti parasubordinati con almeno un versamento nell’anno sono 1.628.867, di cui l’85% collaboratori e il 15% professionisti. Le donne rappresentano il 41,4% del totale.

Il 65,5% sono iscritti solamente alla gestione per i parasubordinati (esclusivi), mentre il 34,5% sono iscritti anche ad altre gestioni o sono già pensionati (concorrenti).

 

… vedere la figura seguente sull’età e natura del rapporto di lavoro dei parasubordinati (fonte Inps). 

 

L’età media dei parasubordinati è di 42,9 anni, mentre il loro reddito medio annuo è di 17.680 € (21.900 € per i maschi e 15.410 € per le femmine). Nella gestione previdenziale dei parasubordinati sono compresi pure i prestatori di lavoro occasionale accessorio, retribuito con il sistema dei voucher. Questi buoni lavoro sono in crescita: nel 2012 sono aumentati  del 55% rispetto al 2011.

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